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Tunisia. I giochi non sono ancora fatti

Tunis Protest after the killing of Chokri BelaidUn milione di persone è sceso in piazza nella sola Tunisi per i funerali di Chokry Belaid, uno dei leader dell’opposizione laica istituzionale, ucciso mercoledì scorso da un gruppo di sicari.
Un assassinio politico, un assassinio annunciato nel clima di crescente violenza instaurato dai Comitati in Difesa della Rivoluzione in mano ai salafiti. La rivolta, scatenatasi spontaneamente in tutto il paese dopo il diffondersi della notizia dell’assassinio, è continuata venerdì 8, giorno delle esequie di Belaid e dello sciopero generale che ha paralizzato il paese.
Chi credeva che la partita in Tunisia – e in Egitto – si fosse chiusa con l’accesso al potere di Hennada e dei Fratelli musulmani si è dovuto ricredere.
In Tunisia la situazione è molto instabile e rischia di sfociare in nuove rivolte e in una repressione durissima.
Anarres ha intervistato Karim Metref, scrittore, insegnante di origine algerina che vive da molti anni nel nostro paese.
Con lui abbiamo ripercorso la vicenda di una rivoluzione che ha avuto il suo prologo nel distretto minerario di Gafsa, dove gli scioperi e le lotte radicalissimi dei lavoratori dello zolfo, vennero repressi nel sangue dal governo. Ci furono morti, feriti, arrestati, torturati. Moltissimi scelsero poi la via dell’esilio, prendendo la via del mare verso l’Europa.
Ed è proprio a Gafsa che sono stati più duri gli scontri con il nuovo regime islamista, che, pur marginale nella rivoluzione dei Gelsomini di due anni fa, è riuscito a conquistare il potere con i voti della Tunisia profonda e con l’alleanza con il vecchio regime.
Il rischio forte è quello di uno scenario simile a quello che si verificò in Algeria negli anni ’90, quando il GIA, il Fronte Islamico Algerino, decise di islamizzare a forza la società civile, facendo migliaia di morti. Nel mirino c’erano i gruppi laici, le donne, i giovani insofferenti ai diktat degli integralisti.

Sempre dall’Algeria ci giunge tuttavia l’esempio di una rivolta tanto radicale, da meritare il silenzio tombale dei media e della politica internazionale. Gli eventi del 2001 in

Un milione di persone è sceso in piazza nella sola Tunisi per i funerali di Chokry Belaid, uno dei leader dell’opposizione laica istituzionale, ucciso mercoledì scorso da un gruppo di sicari.
Un assassinio politico, un assassinio annunciato nel clima di crescente violenza instaurato dai Comitati in Difesa della Rivoluzione in mano ai salafiti. La rivolta, scatenatasi spontaneamente in tutto il paese dopo il diffondersi della notizia dell’assassinio, è continuata venerdì 8, giorno delle esequie di Belaid e dello sciopero generale che ha paralizzato il paese.
Chi credeva che la partita in Tunisia – e in Egitto – si fosse chiusa con l’accesso al potere di Hennada e dei Fratelli musulmani si è dovuto ricredere.
In Tunisia la situazione è molto instabile e rischia di sfociare in nuove rivolte e in una repressione durissima.
Anarres ha intervistato Karim Metref, scrittore, insegnante di origine algerina che vive da molti anni nel nostro paese.
Con lui abbiamo ripercorso la vicenda di una rivoluzione che ha avuto il suo prologo nel distretto minerario di Gafsa, dove gli scioperi e le lotte radicalissimi dei lavoratori dello zolfo, vennero repressi nel sangue dal governo. Ci furono morti, feriti, arrestati, torturati. Moltissimi scelsero poi la via dell’esilio, prendendo la via del mare verso l’Europa.
Ed è proprio a Gafsa che sono stati più duri gli scontri con il nuovo regime islamista, che, pur marginale nella rivoluzione dei Gelsomini di due anni fa, è riuscito a conquistare il potere con i voti della Tunisia profonda e con l’alleanza con il vecchio regime.
Il rischio forte è quello di uno scenario simile a quello che si verificò in Algeria negli anni ’90, quando il GIA, il Fronte Islamico Algerino, decise di islamizzare a forza la società civile, facendo migliaia di morti. Nel mirino c’erano i gruppi laici, le donne, i giovani insofferenti ai diktat degli integralisti.

Sempre dall’Algeria ci giunge tuttavia l’esempio di una rivolta tanto radicale, da meritare il silenzio tombale dei media e della politica internazionale. Gli eventi del 2001 in Kabilia, la regione berbera dell’Algeria, sono sconosciuti ai più. La rivolta assunse le caratteristiche di un’insurrezione dal basso, con grandi capacità di autogoverno territoriale.

, la regione berbera dell’Algeria, sono sconosciuti ai più. La rivolta assunse le caratteristiche di un’insurrezione dal basso, con grandi capacità di autogoverno territoriale.

Ascolta la lunga chiacchierata con Karim Metref

Posted in Inform/Azioni, internazionale.

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