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Big Pharma. Affari o salute?

farmaciBig Pharma è il cartello che riunisce in se tutte le più grandi multinazionali del farmaco, ovvero la potentissima lobby che detiene il monopolio delle cure sulla nostra salute. Ciò premesso, sono proprio le malattie che affliggono la popolazione, soprattutto quelle più terribili a costituire la fonte dei suoi guadagni. Per Big Pharma quindi le malattie croniche rappresentano una vera manna dal cielo poiché come noto lo scopo dichiarato delle Corporations non è aiutare il prossimo ma incassare guadagni. Di conseguenza, per le multinazionali produrre un farmaco a basso costo che sia realmente efficace in modo definitivo non si rivela mai un buon investimento.
L’iniziativa della Procura di Torino di mettere sotto inchiesta Novartis e Roche per la vicenda di due farmaci contro la maculopatia l’Avastin e il Lucentis ha riaperto il vaso di Pandora delle malefatte dell’industria dei medicinali.
La successiva decisione dell’Antitrust di multare con 180 milioni a testa le due multi per violazione delle leggi della concorrenza ha inferto un duro colpo a Roche e Novartis, ma nulla che intacchi realmente un sistema di lucro che può essere spezzato solo sottraendo al mercato la nostra salute.
Proviamo a capire meglio la vicenda Avastin/Lucentis.
Avastin e Lucentis sono i nomi con cui vengono commercializzati gli anticorpi monoclonali bevacizumab e ranibizumab, rispettivamente. Entrambi inibiscono il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (Vegf), funzionando pertanto come degli antiangiogenici, bloccando cioè la crescita di nuovi vasi sanguigni.

Avastin è registrato come farmaco per la cura del cancro, sebbene off-label, e basandosi su diversi studi, sia impiegato anche per la cura di patologie oculari. Lucentis, al contrario, è registrato per il trattamento di queste patologie, in particolare per quello della degenerazione maculare senile.
Avastin e Lucentis hanno prezzi molto lontani: un’iniezione di Avastin può arrivare a costare massimo 81 euro, mentre una di Lucentis si aggira intorno ai 900 euro (e tempo fa, ricorda l’Antitrust, costava anche di più: 1.700 euro). L’accordo tra Novartis e Roche per la vendita di Lucentis a discapito di Avastin, secondo l’Antitrust, sarebbe costato al Sistema sanitario nazionale circa 45 milioni di euro in più solo per il 2012.
L’Antitrust accusa le due aziende farmaceutiche di essersi accordate per ostacolare la vendita di Avantis a favore del ben più costoso Lucentis. Come? “Le capogruppo Roche e Novartis, anche attraverso le filiali italiane, hanno concertato sin dal 2011 una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, presentando il primo come più pericoloso del secondo e condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari”, scrivono dall’Agcm. In questo modo, e grazie a rapporti che legano le due aziende, entrambe avrebbero ricevuto i propri guadagni. Roche infatti avrebbe interesse a favorire le vendite di Lucentis, perché otterrebbe così da Novartis royalty: il farmaco (così come Avastin) è stato infatti sviluppato dalla Genentech, controllata di Roche. Novartis, oltre a guadagnarci direttamente, lo farebbe anche indirettamente, attraverso la sua partecipazione (oltre il 30%) in Roche.

Farmaci di nicchia, a elevata specializzazione e, soprattutto, sempre più costosi. La vicenda dei due grandi gruppi farmaceutici multati dall’Antitrust italiano apre una finestra su un futuro sempre più probabile, disegnato dalle strategie intraprese da Big Pharma per uscire dalla sua crisi. Gli ultimi anni sono stati tra i più difficili da affrontare per le multinazionali farmaceutiche, strette come in una tenaglia tra la spending review dei governi alle prese con le restrizioni di bilancio e la scadenza ravvicinata di numerosi brevetti che avevano garantito per anni introiti sicuri alle principali società.

L’esplosione del mercato dei farmaci equivalenti ha ricevuto una spinta decisa dalle politiche sanitarie: in Giappone, dove l’invecchiamento della popolazione porterà a un rapido aumento della spesa per medicinali, il governo ha fissato la soglia minima per le prescrizioni di generici al 60% entro il 2018. Un livello quasi doppio rispetto a quello attuale in Italia, ed elevatissimo anche per Germania e Gran Bretagna dove con difficoltà si sfiora il 50%.

Il calo del fatturato dovuto al cosiddetto patent cliff è stato stimato in 170 miliardi di dollari fino al prossimo anno per i grandi gruppi, che per superare l’ostacolo hanno deciso di rivedere le strategie.
Sempre meno ricerca vera su nuove molecole, sempre maggiore riproposizione di vecchi farmaci, magari truccati ad arte per aumentare prezzi e profitti.
La ricerca è soprattutto in settori di nicchia, dove con difficoltà un piccolo competitore potrebbe, alla scadenza del brevetto, proporre prodotti equivalenti e minor prezzo.
Va da se che per le malattie dei poveri non ci sono investimenti perché non garantirebbero profitti adeguati.

Ascolta la diretta di radio blackout con Ennio Carbone, docente alla facoltà di medicina dell’ateneo “Magna Grecia” di Catanzaro

Posted in economia, Inform/Azioni.

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