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Antirazzisti: la requisitoria del PM

DSCN0053Giovedì 12 marzo c’è stata la requisitoria del PM Padalino alla seconda tranche del processo agli antirazzisti torinesi.
Il processo, scaturito dal fallito tentativo di trasformare l’assemblea antirazzista in un’associazione a delinquere, è stato diviso in due spezzoni che stanno per giungere separatamente a conclusione.
Al centro della requisitoria la tesi che gli antirazzisti alla sbarra abbiano in comune una concezione violenta della lotta politica.

Padalino non si premura di dimostrarlo, insistendo sulla personalità degli imputati, di cui segnala l’appartenenza politica, in se indice di pericolosità e, quindi, di colpevolezza.

Padalino, come nell’altra requisitoria, non si concentra sui fatti, né si preoccupa di indicare prove per i singoli episodi, eludendo il principio della responsabilità individuale, annullata dall’estensione del concetto di concorso.

Chiesti 28 anni di reclusione e migliaia di euro di multa.

Sommati alle richieste per la prima tranche arriviamo a circa 108 anni di reclusione a sigillo dell’esperienza del’assemblea antirazzista.

La sentenza per questa seconda tranche verrà pronunciata il 13 aprile, quella per la prima il 22 aprile.
Era il luglio del 2008. A Torino in via Germagnano, tra le baracche dei rom i bambini giocavano nel fango e tra i topi. L’alluvione di primavera per poco non si era mangiata tende e lamiere. Alcune famiglie, stanche di una miseria che aveva segnato ogni momento delle loro vite, decisero di prendersi la loro parte di futuro, occupando una palazzina dell’Enel in via Pisa. La casa era abbandonata all’incuria da molti anni. Ad un balcone c’era lo striscione con la scritta “casa per tutti!”
Uomini donne e bambini hanno dormito sotto ad un tetto sino al 15 luglio: per alcuni era la prima volta.
La mattina di quel giorno le truppe dello Stato in tenuta antisommossa fecero irruzione nell’edificio: i bambini, spaventati, si svegliarono urlando. Fuori li aspettava un pullman della GTT che li ha riportati alle baracche di via Germagnano.
Due giorni dopo, era il 17 luglio, in piazza d’Armi, nell’ambito del festival ARCIpelago era prevista una tavola rotonda. Politici e professori dovevano parlare di “Paure metropolitane”: tra loro Ilda Curti, assessore con la delega all’integrazione degli immigrati.
Non potevano mancare gli antirazzisti. Armati di striscione, volantini e megafono hanno parlato a Curti delle paure di chi, giorno dopo giorno, vive ai margini di una città che spende per giochi e spettacoli ma permette che i bambini crescano senza una casa.
Curti non tollera la contestazione, da in escandescenze ed abbandona il palco.
Il giorno dopo fila dalla polizia e sporge denuncia.
La casa di via Pisa è rimasta vuota per anni. Lo scorso anno è diventata sede per una costosa scuola di design. Chi la frequenta impara come realizzare oggetti per le case dei ricchi, mentre i poveri restano nelle baracche e Torino si è conquistata il titolo di capitale degli sfratti

Oggi la protesta del lontano 2008 è entrata nel fascicolo del processo contro tanti antirazzisti, che lottarono e lottano contro le deportazioni, la schiavitù del lavoro migrante, la militarizzazione delle strade.

 

Oggi tanta parte di quegli antirazzisti sono ancora in strada per contrastare lo sgombero del campo di lungo Stura Lazio, per lottare contro i CIE, per mettersi di traverso di fronte al razzismo di Stato, uno dei tanti modi in cui si coniugano la guerra ai poveri e la trama del dominio.

 

I 67 attivisti coinvolti nel processone sono accusati di fare volantini, manifesti, di lanciare slogan, di dare solidarietà ai reclusi nei CIE, di contrastare la politica securitaria del governo e dell’amministrazione comunale.

L’impianto accusatorio della procura si basa su banali iniziative di contestazione.
L’occupazione simbolica dell’atrio del Museo egizio – 29 giugno 2008 – per ricordare l’operaio egiziano ucciso dal padrone per avergli chiesto il pagamento del salario; la giornata – 11 luglio 2008 – contro la proposta di prendere le impronte ai bambini rom di fronte alla sede leghista di largo Saluzzo; la protesta – 20 marzo 2009 – alla lavanderia “La nuova”, che lava i panni al CIE di corso Brunelleschi… ma l’elenco è molto più lungo. Decine iniziative messe insieme per costruire un apparato accusatorio capace di portare in galera un po’ di antirazzisti.
Se la procura di Torino credeva di poter rinchiudere le storie di quella stagione di lotte in un’aula di tribunale si sbaglia. Queste storie gli antirazzisti le stanno portando per le strade e per le piazze di Torino. Una città dove, oggi come allora c’è chi lotta contro un sistema sociale feroce.

Posted in anarchia, immigrazione, Inform/Azioni, repressione/solidarietà, torino.

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