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02 giugno – Caselle t.se. Spezziamo le ali alla guerra!

a20pushbackB colorLunedì 2 giugno ore 10
presidio con banchetti, musica, interventi, in piazza Boschiassi.
Interventi su F35, riconversione dell’industria bellica, occupazione militare del territorio dall’Afganistan alla Val Susa, passando per i CIE e i quartieri popolari di Torino.
A fine mattinata il presidio diventa itinerante, si attraversa il paese si arriva alla rotonda d’ingresso al paese dove campeggia un bombardiere dell’Alenia.

Azione diretta contro il militarismo

L’Italia è in guerra da molti anni. Ne parlano solo quando un ben pagato professionista ci lascia la pelle: un po’ di retorica su interventi umanitari e democrazia, Napolitano che saluta la salma, una bella pensione a coniugi e figli.
È una guerra su più fronti, che si coniuga nella neolingua del peacekeeping, dell’intervento umanitario, ma parla il lessico feroce dell’emergenza, dell’ordine pubblico, della repressione.
Gli stessi militari delle guerre in Bosnia, Iraq, Afganistan, gli stessi delle torture e degli stupri in Somalia, sono nei CIE, nelle strade delle nostre città, sono in Val Susa.
Guerra esterna e guerra interna sono due facce delle stessa medaglia. Lo rivela l’armamentario propagandistico che le sostiene. Le questioni sociali, coniugate sapientemente in termini di ordine pubblico, sono il perno dell’intera operazione.
Hanno applicato nel nostro paese teorie e tattiche sperimentate dalla Somalia all’Afganistan.
Se la guerra è filantropia planetaria, se condizione per il soccorso sono le bombe, l’occupazione militare, i rastrellamenti, se il militare si fa poliziotto ed insieme sono anche operatori umanitari il gioco è fatto.

L’opposizione alla guerra, che in altri anni fa ha riempito le piazze di folle oceaniche, si è lentamente esaurita, come le bandiere arcobaleno, che il sole e la pioggia hanno stinto e lacerato sui balconi delle case.

La mera testimonianza, la rivolta morale non basta a fermare la guerra, se non sa farsi resistenza concreta.
Negli ultimi anni l’opposizione alla guerra qualche volta è riuscita a saldarsi con l’opposizione al militarismo: il movimento No F35 a Novara, i No Tav che contrastano l’occupazione militare in Val Susa, i no Muos che si battono contro le antenne assassine a Niscemi. Anche nelle strade delle nostre città, dove controllo militare e repressione delle insorgenze sociali sono la ricetta universale c’é chi non accetta di vivere da schiavo.
Le radici di tutte le guerre sono nelle industrie che sorgono a pochi passi dalle nostre case.
Chi si oppone alla guerra, senza opporsi alle produzioni di morte, fa testimonianza ma non impedisce i massacri.
L’Alenia è uno dei gioielli di Finmeccanica, il colosso armiero italiano.
La “missione” dell’Alenia è fare aerei. I velivoli militari sono il fiore all’occhiello di questo colosso. Nello stabilimento di Caselle Torinese hanno costruito gli Eurofighter Thypoon, i cacciabombardieri made in Europe, e gli AMX. Le ali degli F35, della statunitense Loockeed Martin, sono costruite ed assemblati dall’Alenia.
Un business milionario. Un business di morte.

Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.

Un gruppo di antimilitaristi di Torino, delle Valli di Lanzo e del resto del Piemonte ha deciso di cominciare una campagna, che collegandosi con quella dei No F35 di Novara, metta sabbia nel motore del militarismo.

Antimilitaristi di Torino, Valli di Lanzo e del resto del Piemonte