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25 aprile. Ricordo e fiori alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni

25 aprile 2013 Barriera di Milano (3)Sabato 25 aprile
ore 15
presidio alla lapide al partigiano anarchico Ilio Baroni
in corso Giulio Cesare angolo corso Novara, dove Ilio è morto combattendo i nazifascisti

Ricordo, deposizione di fiori, musica – banchetti informativi antifascisti e antirazzisti – volantinaggio in quartiere – bicchierata in ricordo delle tante vittime del fascismo di ieri e di oggi.

Ascolta l’intervista con Roberto Prato su Ilio Baroni

Sfoglieremo le pagine della resistenza a Torino, quando Ilio, operaio toscano emigrato a Torino negli anni venti, era comandante della VII brigata Sap delle Ferriere.
Le Sap, Squadre di Azione Patriottica, dove lottavano partigiani provenienti da diverse realtà politiche, sabotavano la produzione, diffondevano clandestinamante le idee antifasciste, e si preparavano all’insurrezione. Ilio, nome di battaglia ”il Moro”, al comando della squadra di manovra Sap, è protagonista di azioni di guerra in stile gappista.
Il 25 aprile a Torino la città è paralizzata dallo sciopero generale, scoppia l’insurrezione, la città diventa a breve un campo di battaglia.
Baroni e i suoi attaccano la stazione Dora e si guadagnano un successo, ma giunge una richiesta d’aiuto dalla Grandi Motori. Il Moro non esita ad aiutare i compagni nel mezzo di una battaglia furiosa, e cade sotto il fuoco tedesco. È il 26 aprile. Il giorno dopo la città sarà completamente liberata dai fascisti, senza dover nemmeno aspettare l’arrivo delle formazioni esterne.
Il 28 aprile i volontari della libertà di tutte le formazioni percorrono le vie di Torino.
Ilio Baroni non potrà vedere il momento per cui ha lottato duramente tutta la vita…

Anche quest’anno il 25 aprile si farà la commemorazione alla lapide di Ilio Baroni. La pietra che lo ricorda è nel centro del quartiere operaio di Barriera di Milano, all’angolo tra corso Giulio e corso Novara.
Oggi rimane solo un pezzo di muro con la pietra, il nome, la foto scolorita.
Sino ad una trentina di anni fa quel muro era la spalletta di un ponte su un piccolo canale.
Era una zona di fabbriche ed un borgo di operai. Operai combattivi, gli stessi dell’insurrezione contro la guerra e il carovita del 1917, quelli dell’occupazione delle fabbriche, della resistenza al fascismo, gli anarchici che durante gli anni più bui della dittatura mantennero in piedi un gruppo clandestino, la gente degli scioperi del marzo ’43.
Oggi sono quasi del tutto scomparsi anche i ruderi di quelle fabbriche. Delle ferriere, dove lavorava Baroni, restano solo gli imponenti travoni di acciaio in mezzo ad un improbabile parco urbano tra ipermercati e multisale.
Il cuore del quartiere è cambiato. La Barriera aveva resistito agli anni dell’immigrazione dal sud, facendosi teatro di lotte grandi tra fabbrica, scuola, quartiere, eludendo il rischio della guerra tra poveri e del razzismo per costruire una stagione di lotte, che ormai trascolora nella memoria dei tanti la cui vita ne è stata attraversata.
Oggi vivere qui è più difficile che in passato: non è solo questione dei soldi che mancano e del lavoro che non c’è, e, se c’é è sempre più nero, pericoloso, precario.
C’è un disagio diffuso che non sa più farsi percorso di lotta, c’é latente la rabbia verso i tanti immigrati africani, magrebini, cinesi, romeni, peruviani che ci abitano e l’hanno cambiato.
Un po’ il vento sta cambiando ma per ora è solo una brezza lieve.
Noi ogni anno ci ritroviamo alla lapide: si parla, si brinda, si chiacchiera con chi passa. Non è solo una commemorazione. E’ la scelta tenace per i tanti di noi che in questo quartiere sono nati e continuano a vivere, di alimentare la lieve brezza che segnala il mutare dei tempi.
Annodiamo i fili della memoria di ieri con le lotte di oggi.
Le lotte che vedono in prima fila altri partigiani, quelli che si battono contro l’occupazione militare in Val Susa e contro l’imposizione violenta di un’opera inutile e dannosa, chi si mette di mezzo contro sfratti e deportazioni, contro il razzismo e il fascismo.

Oggi come allora i partigiani sono chiamati banditi, terroristi.

Oggi come allora “terrorista è lo Stato”.