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Arresti a Trento. Teoremi e manette

L’operazione “Ixoditae”, (“zecche”) frutto di un immaginario poliziesco di chiara impronta fascista, è solo l’ultima di una lunga serie di attacchi della magistratura contro l’opposizione politica e sociale.
Gli anarchici – più di chiunque – finiscono nel mirino, perché la critica radicale allo Stato e al capitalismo si sostanzia nella capacità di lotta, nella costruzione di percorsi di autogestione e di autonomia dall’istituito, nella consapevolezza che un percorso rivoluzionario è necessario perché la ferocia dello sfruttamento e della gerarchia vengano spezzate.
Oggi più che nel recente passato la magistratura si è assunta il compito di farla pagare a quanti, in uno scontro sociale che non potrà che farsi più duro, propongono una diversa organizzazione sociale, senza sfruttamento, senza proprietà privata, senza istituzioni statuali.
L’utilizzo di reati associativi, o di reati che presuppongono una responsabilità collettiva al di là delle responsabilità individuali, sono stati in questi anni l’arma di guerra usata dalla magistratura per privare della libertà chi si oppone all’ordine costituito.
Intendiamoci.
Non ci stupisce che i giudici perseguano chi viola le regole imposte dallo Stato, chi non ne accetta l’autorità e vuole un assetto sociale senza stato.
La democrazia, che vanta la propria capacità e volontà di accettare il dissenso, mostra la propria attitudine intrinsecamente disciplinare nei confronti di chi vuole cambiare le regole di un gioco truccato sin dalla sua costituzione formale. Una costituzione che – a parole – sancisce l’uguaglianza formale tra diseguali.
I reati associativi sono reati politici. L’esistenza stessa di una legislazione che li prevede è il segno che le dichiarazioni altisonanti dei magistrati che dicono di voler perseguire fatti specifici non sono che fumo negli occhi. Non a caso i “fatti specifici” che vengono incollati alle accuse associative sono per lo più gesti di protesta sociale, comuni a tutti i movimenti, come i blocchi, le scritte, le manifestazioni spontanee, la violazione di zone militari o la solidarietà attiva con gli esclusi dalle tutele riservate ai ricchi.
Quando la magistratura non utilizza i reati associativi, che consentono arresti e lunghe detenzioni, di fatto, ripetiamo, si ispira comunque al principio della responsabilità collettiva. L’inchiesta contro i No Tav accusati della resistenza all’occupazione militare della Maddalena in Val Susa ne è un esempio molto chiaro.
Lo stesso principio è stato adottato verso gli antirazzisti torinesi inizialmente accusati di associazione a delinquere, che sono stati comunque rinviati a giudizio collettivamente, nonostante il reato associativo non abbia retto al giudizio del riesame.
L’inchiesta per associazione sovversiva che ha privato della libertà due anarchici trentini e ne investe altri 43, come tante altre che l’hanno preceduta, è il segno chiaro della difficoltà che hanno oggi le istituzioni di fronte all’estendersi – anche al di là del movimento anarchico nelle sue tante articolazioni – di una critica radicale ad un sistema di relazioni sociali che distrugge il pianeta e condanna ad una vita miserabile miliardi di esseri umani.
La violenza estrema dello sfruttamento e dell’oppressione relega la maggior parte degli abitanti del pianeta nell’inferno degli ultimi. Un inferno più fondo e più buio di un secolo fa. La piramide sociale è sempre più aguzza: i tempi delle socialdemocrazie sono passati, le logiche disciplinari si impongono a livello planetario, sullo sfondo dello scontro sempre più duro per un’egemonia che vede nuovi agguerriti protagonisti scendere in campo.
Le logiche feroci del conflitto tra potenze non lasciano più spazio per la mediazione con le opposizioni politiche e sociali neppure nei paesi ricchi.
Questa realtà asfittica e disumana ci racconta dell’urgenza dell’anarchia, dell’urgenza di un agire rivoluzionario che spezzi la piramide e apra un tempo altro.
L’estendersi di un desiderio di partecipazione diretta alle scelte che li riguardano di sempre più persone, che rifiutano, nei fatti, di dare fiducia ad un sistema che garantisce solo il dominio e la gerarchia, fa paura. E fanno ancora più paura coloro che queste idee sovversive le praticano e le offrono come possibilità a coloro che incontrano.
Una possibilità che, nonostante gli apparati di cui dispongono, fa tremare governanti e padroni.

Uno Stato che uccide, bombarda, tortura cerca di seppellire con anni di galera chi non si piega al suo ordine. Vogliamo liberi tutti.

La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
cdc@federazioneanarchica.org
tel. 333 3275690