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28 e 30 giugno. Presidi su repressione e lotte sociali

filo-spinato trib gal copyMartedì 28 giugno
ore 17
corso Giulio Cesare angolo corso Brescia

Giovedì 30 giugno
ore 17
via Po 16

presidio informativo su repressione e lotte sociali

Le maschere della democrazia e la guerra ai poveri

Vivere decentemente è sempre più difficile, specie nelle nostre periferie, dove solo le pratiche di autogestione, riappropriazione e solidarietà pongono un argine alla guerra contro i poveri scatenata dai governi di centro sinistra e da quelli di centro destra.
Negli ultimi vent’anni il disciplinamento dei lavoratori è stata ed è tuttora una delle grandi scommesse dei governi e dei padroni:
Hanno cominciato con gli immigrati, ma alla fine stanno imbrigliando tutti. Nel nostro paese è stata costruita una legislazione speciale per gli immigrati, persone che, sebbene vivano in Italia, devono sottostare a regole che ne limitano fortemente la libertà, mettendoli alla mercé dei padroni, che possono ricattarli più degli altri.
C’è un diritto diseguale, per chi ha in tasca i documenti e per chi non li ha.
Oggi, grazie al jobs act, italiani ed immigrati scoprono che per i padroni conta il colore dei soldi non quello della pelle..
Se i meccanismi violenti della governance mondiale impongono di radere al suolo ogni copertura economica e normativa per chi lavora, la parola passa al manganello, alla polizia, alla magistratura. Se la guerra è l’orizzonte normale per le truppe dei mercenari tricolori presenti in armi in Afganistan come in Val Susa, la repressione verso chi si ribella non può che incrudirsi.
In questi anni, tra Torino e la Val Susa, centinaia di persone sono state inquisite, processate, private della libertà per aver partecipato alle lotte sociali.

La gran parte delle persone che vivono in Italia non hanno alcun ruolo nella definizione delle regole del gioco. La delega in bianco data alle elezioni è un sistema di ricambio delle élite al potere, non certo una partecipazione al reale processo decisionale, possibile solo su base locale, federalista, con il metodo del libero accordo, senza possibilità di imporre con la forza la volontà di alcuni – anche se fossero la maggioranza – su tutti gli altri.

Nelle aule dei tribunali è scritto che la legge è uguale per tutti. Una bella massima priva di sostanza, perché non può esserci uguaglianza tra diseguali, perché chi ha tanto non vive come chi ha poco.
Nel nostro paese si rischia di più rubando al supermercato che picchiando qualcuno, perché i reati contro il patrimonio sono perseguiti proporzionalmente più di quelli contro la persona.

Quando è considerato lecito che pochi possiedano più di tutti gli altri, la legge difende i pochi a scapito di tutti gli altri. Quando la tutela della salute, della sicurezza sul lavoro, a scuola o nelle case si scontra con la logica del profitto, vincono i padroni non i lavoratori, che per vivere sono costretti a farli diventare sempre più ricchi.

Chi si oppone ad un mondo diviso in sfruttati e sfruttatori, in servi e padroni, viene perseguito duramente dalla legge. Chi non accetta le regole di un gioco truccato all’origine, un gioco dove quelli che vincono e quelli che perdono sono sempre gli stessi, viene bollato come sovversivo e viene colpito per quello che è, più che per quello che fa. Lo hanno chiamato “diritto penale del nemico”. Tutto si basa sul concetto di pericolosità sociale.
Sono considerati socialmente pericolosi quelli che vorrebbero che uguaglianza, libertà, diversità e solidarietà non fossero parole vuote ma gli orizzonti reali del vivere sociale.
La democrazia tradisce la propria natura intrinsecamente autoritaria, torcendo le proprie stesse regole per togliere di mezzo chi si oppone ad una retata, chi occupa un pezzo di valle per difenderlo dall’imposizione di una linea ferroviaria inutile e dannosa, chi blocca una fabbrica d’armi, chi fa picchetti per strappare condizioni migliori di lavoro.

Il principio liberale della responsabilità individuale si scioglie come neve al sole di fronte alle norme del codice che consentono di colpire gli oppositori politici sulla base della loro appartenenza ad un gruppo o alla loro presenza in una lotta. I reati associativi o quello di devastazione e saccheggio sono stati usati per ottenere condanne più pesanti di quelle previste per gli scontri di piazza o per azioni di protesta. Attivisti No Tav sono stati processati per terrorismo per un sabotaggio al cantiere di Chiomonte, accuse di sequestro di persona sono state fatte a chi si opponeva ad uno sfratto, antirazzisti hanno subito dure condanne per aver lottato contro i centri di detenzione per immigrati.

Da qualche tempo le Procure stanno facendo un uso spregiudicato di strumenti repressivi di natura amministrativa, facili da imporre, difficili da contrastare, come fogli di via e misure di sorveglianza speciale imposte a chi non si riesce a togliere di mezzo in altro modo. Non si prendono neppure il disturbo di un processo penale per ottenere limitazioni pesanti della libertà di chi – a ragione – è considerato nemico di un ordine ingiusto, feroce, predatorio.
Se a questo si aggiunge un uso sempre più intenso ed aggressivo di misure cautelari anche per fatti banali, gesti poco più che simbolici come l’abbattimento delle barriere che chiudono l’accesso alle strade intorno a Chiomonte, il quadro è completo.

Da qualche tempo c’è chi ha deciso di rifiutare le imposizioni, di evadere dalle proprie case trasformate in prigioni, di violare il divieto di dimora nella città dove si è scelto di vivere e lottare.
Un modo per rendere visibile la trama sottesa di tante operazioni giudiziarie, lo specchio deformato dove si riflette lo scontro sociale, la lotta per farla finita con la società del dominio, dello sfruttamento, dell’oppressione.

Noi sappiamo da che parte stare. E tu?

Federazione Anarchica Torinese – FAI
corso Palermo 46 – riunioni – aperte agli interessati – ogni giovedì alle 21
www.anarresinfo.noblogs.org