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03 06 – 08 Né dio, né stato, né patriarcato

Mercoledì 6 marzo
dalle ore 16 in piazza Castello
WILD C.A.T. Collettivo Anarcofemminista Torinese
invita al presidio femminista e alla performance “Ruoli in gioco, rappresentazione de-genere”

Lottiamo contro la famiglia, lo stato, il capitalismo e tutte le religioni.

Vogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.
Le nostre identità erranti sono il sale di un mondo di libere ed eguali

La scommessa del femminismo anarchico spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.

Venerdì 8 marzo
sciopero femminista
dalle ore 10 all’Ipercoop di via Livorno 51
Wild C.A.T. parteciperà con “Ruoli in gioco, rappresentazione de-genere”
al presidio indetto dalla CUB

Venerdì 8 marzo saremo al corteo dello sciopero femminista
ore 16 piazza XVIII Dicembre

Di seguito il volantino che verrà distribuito

Né dio né stato né patriarcato

Perché siamo anarco-femminist*? Perché non semplicemente anarchich* o femminist*?
L’intersezione tra i due ambiti è una scommessa di contaminazione culturale e, insieme, un processo che scaturisce dal vivo delle lotte, dall’imporsi nell’ambito politico e sociale degli esclusi dalla scena, costitutivamente o-sceni, fuori dal reticolo normativo escludente che ne costituisce le identità negate e insieme congelate in maschere fisse, rigide, lontane dalle vite concrete di ciascun* e di tutt*.
L’anarchismo è costitutivamente antisessista e nemico del patriarcato, perché la distruzione di ogni forma di dominio, di asimmetria nella partecipazione ai processi decisionali, di negazione dell’altr* sono suoi elementi costitutivi.
Ma i femminismi sono tanti. E qualche volta sono andati in rotta di collisione con un approccio libertario, che avversa ogni identità escludente. Il femminismo della differenza prova a capovolgere la gerarchia, non a spazzarla via. Questo femminismo è intrinsecamente autoritario, perché mira alla conquista del potere, valorizzando le gerarchie al femminile, senza intaccare il nucleo fondativo del dominio, tenendosi ben lontano dalle periferie del mondo, dove sul confine di corpi asserviti nel nome della razza e del genere si combattono guerre feroci.
Il transfemminismo intersezionale, che in questi anni è dilagato per il pianeta, nasce dalla acuta consapevolezza dell’estrema violenza della reazione patriarcale ai percorsi di libertà delle donne e di tutte le soggettività non conformi.
Il disconoscimento della guerra contro le donne, innescata dai tanti percorsi di libertà ed autonomia che hanno segnato gli ultimi quarant’anni, ha dato slancio ad un femminismo consapevole che la posta in gioco è alta, che nulla è scontato, che la lotta al patriarcato è necessaria per ogni reale trasformazione verso la libertà e l’uguaglianza.
Il femminismo intersezionale cogliendo l’intreccio tra il patriarcato e le altre forme di dominio, si pone come uno degli snodi di una critica e di una lotta radicali alle relazioni politiche e sociali in cui siamo forzati a vivere.

L’anarco-femminismo si costituisce nell’intreccio tra questi percorsi, facendo tesoro della critica transfemminista agli stereotipi di genere nell’avventura del superamento delle identità precostituite ed imposte.
L’anarco-femminismo si nutre anche, e non secondariamente, della consapevolezza che un femminismo rivoluzionario deve tagliare definitivamente il cordone ombelicale che troppo a lungo lo ha legato alla retorica dei diritti e delle tutele, tipica della sinistra statalista.
La critica femminista deve emanciparsi dalla fascinazione dell’istituito e sottrarsi alla palude welfarista. Chi delega allo Stato la propria libertà accetta che sia lo Stato a determinarne l’estensione, la valenza, le condizioni.
Salute, istruzione, servizi possono e devono essere sottratti al controllo statale, dando forza alla spinta all’autonomia reale che emerge dai movimenti e dai singol*.
Non solo. Oggi la pratica dell’autogestione è possibile ed anche necessaria, date le caratteristiche dello scontro sociale, che non prevedono compromessi e ammortizzatori. Il disciplinamento delle donne, specie di quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.

Viviamo tempi grami. Potenti raggruppamenti identitari e sovranisti danno voce alle paure di chi sa che anche nel nord ricco del pianeta ci sono persone senza futuro né prospettive. I movimenti che rimettono al centro la patria, la bandiera, la famiglia, la frontiera offrono un salvagente simbolico fatto di identità escludenti, si fanno forti nella negazione dell’altro, che diviene nemico. Stranieri, migranti, profughi sono i nemici che vengono da fuori, i poveri il cui presente potrebbe divenire il nostro futuro. Le donne sono il nemico interno, il loro asservimento è indispensabile alla riaffermazione della famiglia, nucleo politico ed etico del patriarcato alle nostre latitudini.
La famiglia nella sua materialità è l’incubatrice di infinite violenze di genere, luogo “privato”, separato dalla sfera pubblica.

ll matrimonio è stato a lungo un legame sancito dallo Stato e dalla Chiesa che fissava la diseguaglianza e l’asservimento delle donne, sottomesse al marito alla cui tutela venivano affidate. Eterne minorenni, e per sempre inadeguate ed incapaci, passavano dalla potestà paterna a quella maritale.

Le lotte che hanno segnato le tante vie della libertà femminile hanno in buona parte cancellato quella servitù, ma non sono riuscite ad intaccare il nucleo sociale ed etico su cui si fondano: la famiglia.
La famiglia è la fortezza intorno alla quale si pretende di ri-fondare un ordine politico e sociale gerarchico ed escludente.
A sinistra come a destra il dibattito non è sulla famiglia ma solo su “quale” famiglia. Chi la vorrebbe estesa alle coppie omosessuali, chi la vuole modellata sulla “sacra” famiglia.
L’attacco in corso, la guerra mascherata e subdola contro le identità erranti, plurime, transitanti, si nutre di leggi e regolamenti, ma anche della complicità di chi nega il carattere sistemico, politico della violenza contro le donne, annegandola nel luogo da cui trae origine e si alimenta, la famiglia.
Lo Stato, non per caso, nega diritti e tutele alle persone che scelgono di non sposarsi, di non piegarsi alla legalizzazione dei sentimenti, delle passioni, della tenerezza, di rifiutare l’imposizione di un modello rigido di relazione, costruita sulla coppia e sui loro figli. Una relazione che, in quanto tale, diviene socialmente riconoscibile. E riconosciuta.
Oggi un governo clerico-fascista prova a ri-modellare le nostre vite cercando di impedire la libera scelta di avere o non avere figli, e rendendo più difficile divorziare.
Siamo contro la famiglia, per le stesse ragioni per cui siamo contro lo stato e tutte le religioni. Le nostre vite, le nostre relazioni con gli altr* non si lasciano rinchiudere in un reticolo normativo fissato dalla chiesa o dal governo.

Il femminismo libertario e anarchico pone al centro una critica radicale dell’istituito, perché ciascun* attraversi la propria vita con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.
Lo sguardo femminista è imprescindibile per un processo rivoluzionario che miri al sovvertimento in senso anarchico dell’ordine sociale e politico in cui siamo forzati tutti a vivere.
Il percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.
Una scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.

Wild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese

Riunioni ogni giovedì alle 18 presso la FAT in corso Palermo 46

FB https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/