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No Tav. Cronache resistenti

Quelli che non mollano

Una lunga settimana, di quelle che ti resta il film nella testa per anni, perché la vita quotidiana si spezza ed il ritmo lo da la lotta.
Quando la storia individuale e quella collettiva si intrecciano, il tempo corre più in fretta e sai che ti giochi tanto di quello che conta, non ti riesce di staccare la spina, anche quando il riposo reclamerebbe la sua parte.
Questa cronaca si è interrotta la scorsa settimana sull’autostrada, bloccata allo svincolo di Chianocco, in località Vernetto. E dall’autostrada riprende. L’autostrada, che in questi mesi è stata la carta forte delle truppe di occupazione, che, dallo svincolo aperto nel fortino/cantiere della Maddalena, potevano andare e venire liberamente, è divenuta il fulcro di queste giornate resistenti.
Il segno chiaro che, solo scegliendo da se i propri obiettivi e i luoghi dove agire il conflitto, un movimento popolare come quello No Tav può mettere in difficoltà l’avversario.

Mercoledì 29 febbraio. La resistenza, lo sgombero, le botte, i gas, la caccia all’uomo
Il blocco sulla A32 prosegue da ormai due giorni e due notti. Nell’assemblea del giorno prima si è deciso di andare avanti a oltranza.
Nel primo pomeriggio un folto gruppo di No Tav ha bloccato la ferrovia a Bussoleno, rallentando il passaggio del TGV, bloccato dalle ferrovie a Oulx.
A metà pomeriggio arrivano i blindati della polizia e le ruspe per sgomberare l’autostrada. Una barricata va a fuoco, la polizia spinge i compagni per farli scendere dall’autostrada, ma un folto gruppo riesce a sedersi in terra a ridosso di un’altra barricata. La polizia intima lo scioglimento, fa pressione, ma i No Tav non si muovono, cantano e ritmano slogan. Il più gettonato, pressati dai poliziotti in tenuta ninja, è stato “Vamos alla playa”.
La polizia è obbligata a usare le mani per rimuovere le barriere sull’autostrada. Uno ad uno gli attivisti sono sollevati di peso e portati via per l’identificazione.
Anche i giornalisti vengono allontanati con modi un po’ bruschi dalle forze del disordine.
Il dispiegamento di polizia era impressionante, le luci blu dei blindati rompevano la notte.
Il fronteggiamento è andato avanti per ore e ore. Intorno alle nove di sera era tutto un brulicare di bandiere e persone.
Poi hanno piazzato gli idranti, calato le visiere, indossato le maschere antigas. Hanno bagnato e picchiato e ancora picchiato. Si sono accaniti su tutti con determinata ferocia. Poi hanno sparato i gas: la notte si è fatta densa di fumo bianco, acre, velenoso. Hanno sospinto la gente giù dalla rampa, sino al bivio con la statale 25. Una marea di uomini blu.
Non paghi hanno sparato i lacrimogeni nelle case della frazione Vernetto: in una di quelle case c’era un anziano che si stava spegnendo. Come vere truppe di occupazione sono avanzati sin dentro il paese, dando la caccia a chi cercava rifugio. Tante case e tanti cortili si sono aperti davanti a noi. Diversi No Tav sono stati rastrellati lungo il percorso, malmenati e caricati a forza su un furgone. In sei verranno poi condotti in questura a Torino. Uno, Federico, viene tratto in arresto.
Alcuni avevano trovato rifugio alla Rosa Blu, un bar ristorante lungo la strada: una ventina di uomini dell’antisommossa spaccano a calci e manganellate la vetrata di ingresso ed irrompono urlando con il volto mascherato da passamontagna. Sbattono la gente contro il muro, la tirano fuori dal bagno, mentre una bambina scoppia a piangere.
Le auto lungo il percorso vengono danneggiate a colpi di manganello, le gomme sono tagliate.
Intorno alle 10,30 alla rotonda che immette sull’autostrada la polizia carica ancora un ultimo gruppo che si stava radunando in zona.
Bussoleno sembra un paese in guerra. È un paese in guerra.
Intorno alle 11 i resistenti No Tav si ritrovano al Polivalente, la sala che ha ospitato tante assemblee popolari, quelle della rabbia e quelle della festa, quelle della riflessione pacata e quelle del tempo che si accelera.
Tanti zoppicano, si massaggiano un braccio, un’anca, la testa. Parecchi sono fradici dopo la doccia fredda sparata dagli idranti montati sui blindo della polizia.
Si intrecciano i racconti, si contano i feriti, si mettono insieme i frammenti di una serata durissima.
Si discute sul da farsi.
Non ci sono dubbi: domani si torna a mettersi di mezzo. Le botte, la caccia all’uomo, gli insulti – vecchia ubriacona ad un’anziana compagna da sempre in primissima fila – il veleno bianco del gas non ci fermano. Anzi!
Dall’assemblea parte un appello all’Italia, perché il giorno successivo in ogni dove ci siano blocchi, azioni, iniziative.

Giovedì 1 marzo. Ancora in autostrada
L’appuntamento è in piazza del mercato a Bussoleno. Lungo la A32 scorazzano lunghe colonne di carabinieri e poliziotti, blindati e defender. Lo svincolo di Chianocco, in località Vernetto, è ancora chiuso e presidiato da ingenti forze.
A Bussoleno l’assemblea di piazza è molto partecipata. La decisione è veloce veloce, si torna a bloccare.
Nonostante la gente abbia ancora addosso i segni delle manganellate la voglia di riscossa immediata è forte.
Un corteo imbocca la statale in direzione Torino, poi si ferma. A migliaia attraversano il pratone alle spalle della A32. Le recinzioni non sono un problema. Presto i No Tav invadono la prima corsia e, dopo poco, anche la seconda è occupata. All’ingresso della galleria di Prapontin una barricata improvvisata prende fuoco.
La polizia c’è ma non si muove. Una carica nel mezzo del paese potrebbe essere un boccone troppo grosso anche per loro.
In contemporanea altri No Tav salgono verso l’alta valle: l’autostrada è chiusa da una barricata anche allo svincolo di Venaus.
Da tutta Italia arrivano le notizie dei blocchi, delle manifestazioni, che inceppano strade, autostrade, ferrovie. A Torino un corteo paralizza il traffico del centro per ore e si conclude sui binari di Porta Nuova.
In tarda serata i blocchi si sciolgono. Nonostante un apparato repressivo impressionante, siamo riusciti a fargliela in barba, bloccando l’autostrada in ben due punti per diverse ore.
Giorno dopo giorno il movimento cresce.
In mattinata era arrivata la buona notizia che Luca è fuori pericolo di vita: i medici hanno sciolto la prognosi.

Venerdì 2 marzo. L’assemblea popolare
Ore 21 Polivalente di Bussoleno. È la folla delle grandi occasioni: la grande sala – stipata all’inverosimile – non basta a contenere la folla di No Tav.
Dopo una settimana di blocchi No Tav in Valsusa e ovunque in Italia, Monti ha riunito di corsa il l’esecutivo. Il governo decide di andare avanti a tutti i costi.
L’assemblea è lunga, partecipata, appassionata. I racconti delle violenze della polizia – le gambe rotte e le teste sfasciate, i lacrimogeni nelle case e quelli che aprono le porte per salvarti dalla furia degli uomini dello Stato – si intrecciano con le idee, le proposte, i progetti.
Arrivano buone notizie sulla salute di Luca: lentamente migliora. Ieri lo hanno operato per ridurre le conseguenze della folgorazione sui muscoli e la spalla destra.
Federico, il No Tav arrestato mercoledì sera durante le cariche, è ai domiciliari con la possibilità di uscire per lavorare.
A Tobia – arrestato il 26 gennaio e da due settimane ai domiciliari – invece la magistratura ha negato sia l’uscita per andare al lavoro, sia di poter comunicare con l’esterno. Tobia ha deciso che la misura è colma ed è entrato in sciopero della fame.
L’indicazione uscita dall’assemblea è chiara. Si va avanti e ci si prepara allo sciopero generale. Ogni giorno ci saranno iniziative per mettere i bastoni tra le ruote alle truppe di occupazione.

Sabato 3 marzo. Oggi paga Monti. L’autostrada è gratis!
L’appuntamento è nella piazza del mercato di Bussoleno, che, poco a poco, si riempie. Una breve assemblea e poi via. Un corteo di auto raggiunge il casello di Avigliana Ovest della A32: i manifestanti si riversano sull’autostrada. Questa volta niente blocchi. I passaggi vengono aperti, due striscioni si aprono di fronte agli automobilisti un po’ stupiti: “No Tav con l’alta valle. Oggi si passa gratis” e “Oggi paga Monti”.
Auto e bus esitano ma poi passano veloci, qualcuno saluta e ringrazia. Un regalo ai visitatori della Val Susa, l’ennesima beffa all’apparato poliziesco che ha militarizzato il territorio.
Questa volta ci pensa la polizia a chiudere la A32, prima in entrata e poi in uscita. A questo punto, con calma, i No Tav lasciano l’autostrada.
In contemporanea un corteo gira per Bussoleno, raggiunge lo svincolo di ingresso alla A 32 in località Vernetto, che la polizia ha chiuso con jersey dopo lo sgombero violento di mercoledì. I No Tav liberano l’accesso alle rampe.
Una giornata contro la crisi e il governo che ce la sta facendo pagare. Oggi sulla A32 ha pagato Monti.

Domenica 4 marzo. Gita verso il fortino: Turi sale sul traliccio
Il ritrovo è a Giaglione tra il campo sportivo e il prato dove sta sorgendo il presidio No Tav. Una bella giornata, con tanta gente, tanti bambini. Prima la polenta poi si va verso la Clarea. Questa volta il blocco è al bivio con il sentiero alto. Qui alcuni simbolicamente tagliano un po’ di filo spinato. Turi, il pacifista già protagonista quest’estate di un’azione di protesta di 50 ore appollaiato su un albero oltre il blocco di polizia che serra strada dell’Avanà, riesce ad intrufolarsi oltre le reti e sale sul traliccio sul quale era stato folgorato Luca.
Questa volta la polizia fa le cose ammodo: fa togliere corrente, chiama i vigili del fuoco e si guarda bene dall’intervenire. Turi parla e suona il flauto. Nonostante la pioggia resta su tutta la notte e la mattinata successiva. Poi decide di scendere.
Tobia è ormai al terzo giorno di sciopero della fame. In carcere aveva già perso cinque dei suoi 89 chili, in tre giorni di digiuno ne ha persi altri quattro.
La resistenza continua.

Maria Matteo q(uest’articolo è uscito sul numero 9 del settimanale Umanità Nova)