Skip to content


20 febbraio – Zona di guerra

stop war businessSabato 20 febbraio ore 15
zona di guerra in via Garibaldi angolo via XX Settembre
presidio antimilitarista con clown army, check point e punto info.

Le industrie belliche costruiscono le armi con le quali si controlla, si bombarda, si uccide in ogni dove.
Le immagini dei profughi che premono alle frontiere chiuse dell’Europa, il dibattito sull’accoglienza umanitaria, la retorica su chi muore in mare o in fondo a un tir nascondono una verità cruda ma banale. Le guerre sono combattute con armi costruite a due passi dalle nostre case.
A Torino e Caselle c’è l’Alenia, la sua “missione” è fare aerei militari. Nello stabilimento di Caselle Torinese hanno costruito gli Eurofighter Thypoon, i cacciabombardieri made in Europe, e gli AMX. Le ali degli F35, della statunitense Loockeed Martin, sono costruite ed assemblati dall’Alenia.
Un business milionario. Un business di morte.

In tutta l’Italia ci sono aeroporti militari, poligoni, centri di controllo satellitare, postazioni di lancio dei droni.
Le prove generali dei conflitti dei prossimi anni vengono fatte nelle basi sparse per l’Italia.
Le stesse basi da cui sono partite le missioni dirette in Libia, Iraq, Afganistan, Serbia, Somalia, Libano…

In questi mesi una lieve brezza si è levata. Dalla Sicilia alla Sardegna sono scesi in piazza antimilitaristi decisi a mettersi di mezzo. In Sardegna per ben due volte sono riusciti ad interrompere le esercitazioni della NATO.

ll governo italiano e l’UE appoggiano la Turchia, che ha mandato l’esercito per cancellare le esperienze di autogoverno nel Bakur, il Kurdistan turco. In queste settimane è in corso un massacro di cui i principali media italiani non parlano. Il silenzio – oltre ad un bel mucchio di soldi – è il prezzo imposto da Erdogan per blindare le frontiere e chiudere nei campi i profughi di guerra in fuga da Siria, Iraq, Afganistan.

Se tra trenta o cinquant’anni qualcuno si chiederà perché la Turchia ha massacrato le Comuni di Cizir e Sur nel silenzio complice di chi avrebbe potuto parlare ed agire, noi vorremmo poter dire che qualcosa abbiamo fatto, che abbiamo provato a metterci di mezzo.

Se la marea salisse, se l’indignazione di tanti diventasse azione, se il silenzio fosse rotto dalle grida di chi non ci sta, potremmo far sì che la storia di questi giorni cambi di segno.

In Bakur, in Rojava ma non solo.
Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.

Oggi ci vorrebbero tutti arruolati. Disertiamo la guerra! Gettiamo sabbia nel motore del militarismo!

Venerdì 4 marzo
Assemblea
interventi su fabbriche d’armi, No F35, No Muos, No Basi, militarizzazione e lotte sociali…
ore 21 alla FAI in corso Palermo 46

Sabato 12 marzo ore 15
Presidio con banchetti e mostre e interventi
ore 16 corteo per le strade di Caselle Torinese
Appuntamento in piazza Boschiassi

www.anarresinfo.noblogs.org