Saluzzo e i paesi intorno vivono di un’agricoltura florida, basata sulla frutta, dalle pesche ai kiwi.
Ormai da qualche anno, all’inizio dell’estate arrivano in zona molti immigrati africani, per partecipare alla roulette alla raccolta. Si tratta di lavoratori quasi sempre provenienti dal nord est, dove la crisi ha fatto tabula rasa. Lavoravano in fabbriche medie e piccole che hanno chiuso o spostato la produzione dove il lavoro costa molto meno, persino meno delle paghe da fame date agli immigrati, sottoposti al ricatto del permesso di soggiorno agganciato come una catena al lavoro in regola con i libretti.
Gli operai si sono trasformati in braccianti, che viaggiano da nord a sud al ritmo delle stagioni di raccolta. I padroni avevano dichiarato un fabbisogno di 70 persone: ne sono arrivate circa 400 ma quasi tutti hanno lavorato. Cinque euro l’ora, di cui solo una piccola parte versata in busta, il resto arriva tutto in nero. Più dei tre euro che prenderanno quando scenderanno a sud ma pur sempre una miseria. Per il resto la musica è la stessa in tutta la penisola: niente accoglienza, niente tetto, niente servizi. Sino allo scorso anno l’approdo naturale erano i vecchi magazzini della stazione, abbandonati e in disuso da anni. Quest’anno li hanno rasi al suolo. Gli immigrati hanno vissuto in campi di fortuna sotto tendoni prestati da questo o da quello, ottenuti grazie alle lotte.
Ne abbiamo parlato con Lele del comitato antirazzista saluzzese.