Venerdì 1 febbraio. La prima udienza del processo contro i No Tav accusati di aver resistito allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena dell’11 giugno 2011 e alla giornata di lotta del 3 luglio è stata spostata nell’aula bunker del carcere delle Vallette.
Un luogo dall’enorme valenza simbolica. Qui vennero fatti i grandi processi contro le formazioni armate e quelli per mafia. Per lunghi anni è rimasta chiusa.
Un ulteriore pezzo della trama tessuta dalla Procura torinese per criminalizzare il movimento No Tav, creando un abile cortocircuito narrativo su un movimento popolare capace di mettere in difficoltà tutti i governi che hanno provato a piegarlo. Con la violenza, le lusinghe, i soldi, le false promesse. Da oltre un anno e mezzo la parola è passata a polizia e magistratura, a codici e manganelli. Ma i No Tav non si piegano.
Eravamo alcune centinaia a sostenere la scelta dei compagni sotto processo di rifiutare l’aula bunker.
Un luogo enorme, spettrale nella crudezza della rappresentazione del potere dello Stato in tutta la sua ferocia. Sei sette gabbie con i vetri oscurati per ogni lato, la corte lontanissima dal pubblico, che è relegato in fondo. Tutti quelli che entrano sono perquisiti ed identificati, come nei processi di tanti anni fa. Per fortuna questa volta nessuno dei nostri è nelle gabbie. Anche gli ultimi prigionieri sono stati liberati. Alla fine solo a 80 persone viene permesso di entrare.
Il presidente Bosio comincia l’appello mentre alcuni imputati sono ancora fuori, impigliati nei controlli di polizia. La tensione sale. Poi si alza una voce femminile che legge il comunicato con cui i No Tav sotto processo annunciano di rifiutare l’aula bunker. Bosio minaccia e prova ad interrompere. Finirà con il testo letto da tutti, quelli alla sbarra e quelli del pubblico.
Poi usciamo tutti dall’aula. Si canta “Chiomonte come Atene, si parte, si va insieme…”.
La farsa continua: i giudici dichiarano contumaci tutti.
Ma non è finita. Fuori i carabinieri bloccano il cancello impedendo a tutti di passare se non accettano di farsi nuovamente identificare. Un’ultima provocazione. Dai due lati della cancellata i No Tav gridano la loro indignazione, il loro rifiuto di passare ancora per le forche caudine. Carabinieri e poliziotti distribuiscono manganellate dentro e fuori.
Arrivano gli avvocati, la situazione si calma: usciamo senza mostrare i documenti.
I No Tav sono evasi dall’aula bunker.
Poi parte un corteo che circonda le mura del carcere. Si va giù nel pratone a dare un saluto ai reclusi, che rispondono battendo e gridando.
La Procura di Torino vuole fare il processo ad un intero movimento, questo movimento sta facendo il processo alla magistratura.
La prossima udienza di questo processo sarà il 14 febbraio.
Lunedì 4 febbraio prenderà le mosse il processo contro 28 No Tav sotto accusa per la lotta alle trivelle dell’inverno 2010. Nel mirino il presidio permanente di via Amati a Venaria, dove, anche grazie ad un’ampia solidarietà popolare, i No Tav riuscirono a rallentare i lavori finché in fretta e furia il cantiere venne smontato.
Appuntamento al tribunale – corso Vittorio Emanuele 130 in aula 3 alle 9.
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