La decisione della corte suprema indiana di respingere il ricorso del colosso farmaceutico svizzero Novartis, che aveva intentato causa a due ditte locali per aver immesso in commercio il “generico” del glivac, un farmaco per la cura di alcune forme di leucemia e per il tumore del pancreas, consentirà ai malati indiani e, in generale dei paesi più poveri, di accedere alle cure, spendendo 170 dollari anziché i 1700 del prodotto della Novartis.
Negli ultimi anni l’India si è candidata al ruolo di farmacia dei poveri, contestando i diritti sulla proprietà intellettuali delle grandi multinazionali del farmaco.
Il caso del glivac è una vera truffa, poiché il prodotto della Novartis ha alla base la stessa molecola per la quale i diritti sono scaduti al decimo anno di utilizzo.
L’acronimo T.R.I.P.S. indica i Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights, ossia gli accordi internazionali, fissati dal WTO, il Word Trade Organization, sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale.
In generale i T.R.I.P.S. sono in se una truffa, poiché, al di là della propaganda, l’investimento delle Big Pharma nella ricerca è minimo.
In genere esse intervengono, limitando nei fatti la libertà della ricerca stessa soltanto quando questa entra nella fase di sperimentazione diretta sui individui malati ma non incurabili.
La ricerca in senso stretto è interamente finanziata dal pubblico persino negli ultraliberisti Stati Uniti.
Naturalmente anche l’India, così come il Brasile e, più di recente, il Sudafrica non fanno che offrire prodotti per un mercato che comunque non sarebbe in condizione di assorbire l’offerta delle grandi Big Pharma, perché sia i singoli utenti, sia i governi dei paesi più poveri non potrebbero pagare il prezzo fissato per farmaci importanti come gli antitumorali o i retrovirali che consentono di contenere e cronicizzare l’AIDS.
Una prospettiva diversa è quella di creare associazioni tra persone malate e ricercatori per costruire dal basso le condizioni di una ricerca libera e a bassissimo costo.
Va da se il considerare merci i farmaci è in se un crimine.
Anarres ne ha parlato con Ennio Carbone, docente di medicina all’Università di Catanzaro, impegnato nella ricerca sul cancro.