Mercoledì 17 aprile. Via Roma con la sua architettura anni ’30 e le sue boutique di lusso è blindata dalla polizia. Due camionette riversano il loro contenuto di uomini dell’antisommossa che si uniscono ai dieci della squadra politica per dare un segnale chiaro agli anarchici che hanno organizzato un presidio di solidarietà con i lavoratori che in Turchia cuciono il 65% delle camicie che vengono vendute con il marchio Ermenegildo Zegna.
Lo stabilimento in cui lavorano è gestito da Francesco Lasorte, un manager italiano che lavora per conto di Zegna.
Ognuna della camicie di Zegna, esposte nella vetrina della boutique Scotland, che alla ditta biellese dedica due vetrine, costano 155 euro l’una. I lavoratori che le cuciono quei soldi li guadagnano in un mese.
Chi ha provato ad aprire una vertenza su salario e orario di lavoro, costituendo un sindacato, è stato licenziato e resiste fuori dai cancelli della fabbrica da oltre quattro mesi.
I poliziotti circondano i primi arrivati chiedendo le nostre intenzioni. Rispondiamo che siamo qui in solidarietà con i lavoratori sfruttati di Istanbul. Poi apriamo il nostro striscione e cominciamo tranquillamente a volantinare.
Alcuni si fermano, esprimono solidarietà, chiedono cosa possono fare. Suggeriamo di far circolare “sudare sette camicie”, il volantino informativo sulla vicenda. Siamo sicuri che il messaggio arriverà forte e chiaro ai dirigenti di Zegna sia in Italia, sia in Turchia.
I marchi vivono di immagine.
Oggi quella della impeccabile e seriosa Ermenegildo Zegna ne è uscita un po’ appannata.
Da Torino a Istanbul. Solidarietà senza confini
Posted in Inform/Azioni, internazionale, lavoro, torino.
– 19 Aprile 2013