Ci sarà anche il Primo ministro Enrico Letta all’inaugurazione della nuova stazione dell’alta velocità a Reggio Emilia che si svolgerà sabato 8 giugno. Oltre al premier è annunciata la presenza del ministro e sindaco della città Del Rio e dell’incaricato alle infrastrutture Lupi.
Non potevano mancare i No Tav reggiani, decisi a denunciare questa cattedrale nel deserto, costata una montagna di soldi pubblici, intascata dalla lobby del cemento e del tondino. Il business delle costruzioni in Emilia è rappresentata dalle grandi cooperative rosse. Tanti soldi per una stazione dove (forse) fermeranno nove treni Italo della compagnia di Montezemolo e soci.
Soldi sottratti alla manutenzione delle linee e al trasporto dei pendolari tagliato per risparmiare. Ogni giorno per andare da Guastalla a Reggio Emilia un pendolare impiega un’ora in treno. Tra le due località ci sono 35 chilometri. Molto pochi sono i pendolari che fanno la spola tra Reggio e Milano.
La colata di cemento intorno alla stazione continuerà nei prossimi mesi: in cantiere alcuni parcheggi, un centro commerciale, un albergo a cinque stelle.
All’inagurazione ci saranno anche i No Tav. L’appuntamento è alle 10,30 dal piazzale delle Fiere di Mancasale
Ascolta la diretta con Lorenzo, un No Tav reggiano, realizzata dall’info di Blackout
Di seguito il comunicato della Federazione Anarchica Reggiana e dell’Unione Sindacale di ReggioL’otto giugno verrà inaugurata la stazione Medio Padana del TAV a Reggio Emilia. Questa gigantesca opera si inserisce nel quadro generale della costruzione di linee ad alta velocità in Italia. Le linee ad alta velocità si sono date, oramai da un ventennio, come metodo per drenare fondi pubblici ai fini del guadagno privato. È infatti gigantesco il sistema economico che ruota intorno alla messa in opera di queste linee: una rete economica e di potere trasversale, che unisce le così dette Coop rosse (CMC, CoopSette) legate al PD alla galassia gravitante intorno alla Compagnia delle Opere di CL ad altri grandi potentati italiani, FIAT e Finmeccanica in testa. Un’opera che svela la vera struttura e il vero significato del Partito Unico che è al governo da qualche mese, ma i cui esponenti hanno nei fatti agito in sinergia già da un quindicennio: rafforzare i meccanismi di accumulazione capitalista, spogliare progressivamente le casse pubbliche ai danni delle fasce deboli della popolazione e a favore della classe dominante. Il TAV è stato possibile tramite la continua e costante sottrazione di risorse per le ferrovie locali, quelle usate quotidianamente da centinaia di migliaia di pendolari, studenti, lavoratori, tramite aumenti di prezzi del trasporto pubblico a fronte di una diminuzione della qualità del servizio e del deterioramento delle condizioni di sicurezza per lavoratori del comparto ferroviario e viaggiatori. Il TAV si è configurato come nuova possibilità di investimento e riciclo di denaro per le grandi organizzazioni malavitose, che si sono viste subappaltare ingenti lavori dallo stato. Noi non ci stupiamo di ciò. Sappiamo benissimo che stato, capitale e potere mafioso hanno spesso lavorato in sinergia e contribuiscono alla realizzazione di quella gigantesca rete di poteri e dominio che avviluppa le vite di milioni di lavoratori salariati, disoccupati, pensionati, precari, studenti. Non ci interessa constatare la legalità o meno dei cantieri TAV. Noi ci opponiamo a questa scellerata opera in quanto non ci riconosciamo nel modello economico e politico che prevede il TAV, non ci riconosciamo nel modello di città amato dai poteri cittadini. Il nostro modello economico e politico, al contrario di quello attuale, prevede la costruzione di una società egualitaria, costitutivamente antigerarchica, che rifiuti lo sfruttamento del lavoro e che preveda la collettivizzazione e l’uso sociale di risorse e mezzi di produzione, un nuovo modo di rapportarsi all’ambiente. Per questo ci opponiamo al TAV che rappresenta invece: sfruttamento del lavoro, sottrazione dei beni pubblici a favore del capitale privato, devastazione ambientale, disciplinamento di territori e popolazioni. La linea TAV Milano-Roma ha portato alla distruzione dell’area del Mugello, che ha subito gravissimi danni nell’ambito del comparto agricolo, l’ulteriore cementificazione della pianura Padana, già massacrata da decenni di politiche urbane incentrate sull’espansione insensata delle città per garantire il lavoro ad una miriade di aziende più o meno grosse e l’arricchimento di politici e padroni. In Val di Susa solo la forte lotta popolare ha evitato alla vallata un simile destino. E non ci vengano a contare che il TAV porta lavoro! Il lavoro ci sarebbe comunque se si decidesse di concentrarsi su opere molto più utili: risanamento di edifici scolastici, riduzione del dissesto idrogeologico (non si contano più le frane che mettono in pericolo interi paesi nella nostra montagna), ristrutturazioni di abitazioni per diminuire l’impatto energetico, trasporto pubblico efficiente, che abbatta il traffico automobilistico. La scusa della creazione del lavoro, cosa di cui, in ultima analisi importa ben poco ai potenti, basti vedere all’ondata di licenziamenti e delocalizzazioni che ha investito negli ultimi anni il manifatturiero, non può essere usata come scusa per ulteriori devastazioni ambientali e sociali.
Per rilanciare la lotta contro il TAV a Reggio Emilia, che non è ancora finita, dato che è collegata all’immensa da partita che si sta giocando su tutta l’Area Nord e prevede ulteriori cementificazioni per opere collaterali alla stazione, saremo in piazza l’8 giugno.