I curdi siriani del KNK – un partito vicino alle posizioni del PKK turco – pur accerchiati sia dalle milizie dell’esercito libero siriano che dai regolari di Assad – hanno provato a costruire un percorso di autonomia e autodifesa dei villaggi nel segno del federalismo transnazionale ed internazionalista. Il prezzo è stato durissimo, perché sono sotto attacco sia dal regime baathista sia dalle diverse componenti islamiste, foraggiate da Arabia Saudita, Quatar e Turchia.
Nel Kurdistan siriano la rivolta popolare contro il regime ha aperto la strada ad un rapido cambiamento della situazione. La guerra civile che sta insanguinando la Siria è stata per buona parte dei curdi siriani occasione di una sperimentazione di autonomia, ispirata al municipalismo libertario, con assemblee che garantiscono la partecipazione popolare.
Le “assemblee popolari” in varie città e le “case del popolo” in ogni distretto (in cui sono presenti anche minoranze armene, cecene, arabe, caldee, turcomanne) mirano a rinforzare percorsi di libertà femminile che spesso si scontrano con una cultura misogina. Nelle strutture di base e nelle milizie le donne hanno un ruolo che comincia ad emanciparle dal patriarcato.
Abbiamo profittato dell’uscita in italiano di un opuscolo redatto dal KNK dal titolo “Siria. Sviluppi politici del Kurdistan occidentale” per fare una chiacchierata con Daniele, il compagno che ne ha curato l’edizione italiana.
Un’occasione per osservare il conflitto in Siria da un punto di vista altro. Il punto di vista di chi, pur partito dalla rivolta contro l’oppressione un popolo, è approdato a percorsi di libertà che attraversano la comunità curda come le altre che vivono nella regione.
Ascolta la lunga chiacchierata con Daniele fatta dall’info di Blackout
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