700 persone gettate in strada all’inizio dell’inverno. E’ successo a Milano il 25 novembre. Una vecchia fabbrica dismessa tra via Montefeltro e via Brunetti era il rifugio per uomini, donne e bambini senza casa, in buona parte rom rumeni. Per portare a termine l’operazione sono stati impiegati 400 tra vigili e poliziotti dell’antisommossa.
Liquami e topi, immondizia e fetore, un brutto posto per vivere, ma pur sempre meglio della strada alla quale sono stati consegnati dopo lo sgombero invocato da tanti “bravi” cittadini contrari al degrado. Tanti bravi cittadini cui poco importa dove vivano i rom: l’importante per loro è che siano cacciati. Lontano. Lontano dalle loro case, lontano dalle paure alimentate dal pregiudizio.
L’amministrazione comunale ha promesso una sistemazione nei centri di emergenza, ma tutti sanno che la gran parte delle persone sgomberate non potrà accedere ad alcun alloggio.
Da lunedì vagano per Milano. Il tentativo di occupare una cascina dismessa ai margini del nulla metropolitano è stato bloccato dai vigili che hanno rispedito in strada chi provava, senza chiedere nulla, a procurarsi un riparo.
La politica dell’amministrazione Pisapia è in linea di continuità con quelle del centrodestra che ha governato per vent’anni Milano.
La formula è sempre la stessa: i campi. In quelli legalizzati c’é il filo spinato come nei lager e tutto è regolato come in una caserma: le visite, l’orario di entrata e di uscita, la selezione di chi entra e di chi esce.
A controllare e a lucrare il multiforme universo dell’umanitario, che sui rom ha fatto e fa lauti guadagni.
Milano è lo specchio dell’Italia, un paese dove il governo italiano sin dal dopoguerra ha scelto di puntare sui campi rom. Campi di transito per una popolazione nomade, cui tuttavia è stata progressivamente negata la possibilità di esercitare i mestieri tradizionali, poi seppelliti dalla modernità che li ha resi desueti.
Oggi i rom non sono più nomadi, tuttavia la politica di relegarli in campi fatti di baracche e roulotte non è mai stata abbandonata, rendendo stabile, oltre alla baracca, anche l’emarginazione.
Un vicolo cieco. In fondo al vicolo fango, topi, polizia e un persistente pregiudizio.
Ascolta la diretta realizzata dall’info di radio Blackout con Paolo Finzi, redattore di Arivista, curatore del libro e DVD “A forza di essere vento”, dedicato allo sterminio nazista di rom e sinti.
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