Lo chiamano sciopero dei fast food, ma in realtà i lavoratori che “girano hamburger” sono la testa di ponte di un movimento più vasto che mira ad innalzare la paga minima oraria, che negli Stati Uniti è ferma a 7,25 dollari dal 2009. Giovedì è stato indetto uno sciopero di categoria, che mira ad ottenere 15 dollari orari.
Negli Stati Uniti gli scioperi generali sono illegali: chi li indice rischia la galera. Quelli di domani in oltre cento città saranno tanti scioperi autonomi, uniti dal comune obiettivo di dare una robusta spallata al consolidato sistema di sfruttamento dei lavoratori delle catene che cucinano e distribuiscono il cibo/spazzatura che mangiano la gran parte degli americani poveri. Quelli che nelle statistiche e nell’iconografia sono rappresentati nella gonfia obesità che è il tratto caratteristico di chi mangia hamburger tripli, pollo fritto e patatine.
Sino alla crisi i lavoratori dei fast food erano soprattutto giovani e adolescenti, che consideravano quell’impiego come un’occupazione momentanea per pagarsi gli studi o nell’attesa di una possibilità migliore.
Le paghe da fame, le condizioni di lavoro servili, l’assoluta mancanza di tutele erano sopportate perché considerate transitorie. La crisi ha modificato sensibilmente il quadro. Sono approdati tra i banchi del cibo spazzatura lavoratori più anziani, spesso espulsi da occupazioni meglio pagate, che consentivano loro di mantenere i figli, di versare soldi ad un fondo pensione, di vivere più dignitosamente.
Con 7,25 euro all’ora, pur lavorando, si resta sotto la soglia di povertà.
Questi lavoratori, in buona parte ispanici o di altre minoranze, non hanno altra prospettiva che lottare per migliorare le proprie condizioni di lavoro. Se la loro lotta, iniziata oltre un anno fa, raggiungesse gli obiettivi prefissati si calcola che oltre 30 milioni di americani potrebbero sollevarsi oltre quella soglia.
Nel novembre del 2012 la prima protesta è scoppiata davanti al McDonald’s sulla Madison Avenue e Quarantesima strada, a Manhattan. Il fenomeno si è diffuso in fretta, perché i nuovi lavoratori anziani e permanenti erano più inclini a entrare nei sindacati, rispetto ai giovani di passaggio che un tempo servivano nei fast food. Quindi si sono organizzati, soprattutto grazie a due gruppi chiamati «Fast Food Forward« e «Fight for 15», che si ispirano al movimento «Occupy Wall Street».
Ascolta la diretta di Blackout con Stefano, un compagno che segue ed analizza con attenzione le lotte che si sviluppano in giro per il pianeta.