La decisione del Colorado di liberalizzare la marijuana ha riaperto anche nel nostro paese il dibattito sulle droghe leggere, che, in base alla legge in vigore, la “Fini-Giovanardi”, sono illegali allo stesso modo di quelle pesanti: chi coltiva, regala vende la cannabis o l’eroina rischia lunghe pene detentive, chi le usa incorre in sanzioni amministrative altrettanto pesanti.
In questi giorni qualcosa si è mosso in parlamento, ma difficilmente sarà possibile che deputati e senatori raggiungano un accordo, soddisfacente. Forse a togliere le castagne dal fuoco al governo, dove è ministro Carlo Giovanardi, ci penserà ancora una volta la Consulta, che potrebbe dichiarare incostituzionale l’equiparazione tra le droghe leggere e quelle pesanti, cancellando così una parte della normativa vigente ed attenuandone il rigore.
Tuttavia tra l’Italia è il Colorado c’é ancora di mezzo un vasto oceano.
Anarres ne ha parlato con Robertino Barbieri, storico antiproibizionista pisano, tra gli animatori della street parade “canapisa”.
Di seguito diversi stralci di un suo articolo appena uscito sul settimanale Umanità Nova.
Negli USA alle otto in punto del primo gennaio il Colorado ha dato il via alla vendita di marijuana per scopi ricreativi e le file davanti ai ‘coffee shop’ si sono formate fin dalle prime luci del giorno. 2012 gli elettori del Colorado avevano approvato l’Amendment 64, che stabilisce che: i consumatori possono possedere fino a un’oncia di marijuana, cioè 28 grammi, crescere sei piante per uso personale o comprarla nei negozi specializzati. Meglio che in Olanda, dove nei coffee shop si possono acquistare al massimo 5 grammi di sostanza e dove comunque la marijuana a scopo ricreativo è tollerata ma non legalizzata. Dopo una serie di dichiarazioni contraddittorie, anche la Casa Bianca ha accettato il risultato del referendum, ponendo come unico limite che l’erba può essere venduta anche ai non residenti, ma deve restare in Colorado ed essere consumata sul posto.
Pioniera nella legalizzazione della cannabis era stata nel 1996 la California, ma solo per usi medici e con la ricetta (che comunque si ottiene anche per un mal di testa, senza troppe difficoltà). Altri ventuno stati hanno legalizzato la cannabis terapeutica, ma adesso in Colorado si può comprare la ganja anche senza ricetta: basta avere più di 21 anni (l’età in cui negli USA si diventa maggiorenni). In primavera anche nello stato di Washington (dove sempre nel 2012 si è tenuto un referendum analogo a quello del Colorado) sarà possibile comprare legalmente la cannabis e i suoi derivati.
Il sistema proibizionista non scricchiola solo negli Stati Uniti (che, peraltro, fino ad ora sono stati i maggiori sponsor a livello mondiale della War On Drugs). Il 10 dicembre tutti i media avevano dato la notizia che l’Uruguay è diventato il primo Stato al mondo ad aver regolamentato la produzione e la vendita di cannabis, con una legge fortemente voluta dal presidente José Mujica, il leader del “Frente Amplio” coalizione di sinistra al potere dal 2005, che ha dato il via anche a riforme liberali (non solo sulla cannabis, ma anche sull’aborto e le unioni omosessuali) a differenza degli altri caudillos populisti sudamericani tutti ferocemente reazionari sui diritti civili, in particolare, il boliviano Evo Morales e l’equadoriano Rafael Correa, antiabortisti di ferro.
Dai prossimi mesi, in Uruguay saranno possibili la coltivazione domestica (fino a sei piante con un massimo di produzione di 480 grammi all’anno), la costituzione di associazioni di consumatori sullo stile dei cannabis social club (con un massimo di 45 soci e 99 piante), nonché la vendita della cannabis in farmacia ad un prezzo che, per essere competitivo col mercato nero, è stato fissato ad 1 dollaro al grammo (circa 0,75 euro).
In Italia è dai tempi di Carosone che tutti vogliono “fa’ gli americani” e così, appena iniziano a girare sui tg e su Internet le immagini degli hemp shops del Colorado che sembrano negozi di articoli sportivi con tanto di commessi figaccioni e “di tendenza”, sul carro dell’erba libera, nel grande Circo Barnum della politica, ci saltano tutti. In prima fila ci sono SEL e PRC che, per essere onesti, moderatamente antiproibizionisti lo erano anche prima, anche se così moderatamente che non se n’era accorto quasi nessuno. Poi, naturalmente, i radicali che da quarant’anni sono impegnati senza sosta nello sciacallaggio mediatico di tutte le battaglie per i diritti civili. A favore dell’erba libera si schierano anche molti esponenti del PD e persino qualcuno della Lega e di Forza Italia, cioè di due partiti che hanno partorito l’abominio giuridico della Fini-Giovanardi, l’unica legge antidroga che in Europa mette sullo stesso piano droghe leggere e droghe pesanti. A difendere la guerra alla cannabis ci rimangono solo Giovanardi e qualche altro ultrà di destra tra cui il direttore del Dipartimento Politico Antidroga Giovanni Serpelloni (che dovrebbe essere una specie di esperto, ma che ciancia di marijuana assassina col 55% di THC che non si trova nemmeno nel più spericolato coffee shop di Amsterdam) e il senatore del NCD Antonio Gentile, la cui storia di personaggio considerato vicino alla ‘ndragheta e più volte oggetto di indagini chiarisce senza se e senza ma che i più accaniti avversari di una svolta liberale sulle droghe sono i narcotrafficanti che temono per le sorti dei loro imperi economici fondati sulle leggi proibizioniste.
Tacciono soltanto Grillo, Casalegno e i loro seguaci, timorosi di scontentare le pulsioni forcaiole degli elettori che alle urne hanno fatto le fortune del PSIR, il Partito degli Sfigati Ignoranti e Rancorosi che ufficialmente si fa chiamare Movimento Cinque Stelle. Sfavillano le luci della politica, ma nel mondo reale le cose vanno diversamente. Mentre i TG fanno i servizi sullo stato di New York che ha legalizzato la cannabis terapeutica, qui in Italia il Dott. Fabrizio Cinquini è stato condannato a 6 anni e 30.000 euro di multa per aver coltivato delle piante di canapa dal Tribunale di Lucca che non ha minimamente preso in considerazione le attività di ricerca del medico pioniere nel campo della cannabis terapeutica ed ha anche respinto la richiesta dei difensori di sospensione del giudizio in attesa del pronunciamento sulla incostituzionalità della Fini-Giovanardi. Il 28 gennaio del 2013, infatti, la Terza Corte di Appello di Roma ha emesso un’ordinanza nella quale, si inviava alla Corte Costituzionale la Fini/Giovanardi per presunta incostituzionalità e veniva sospeso il processo a carico di due ragazze, fermate con pochi grammi d’erba; nei mesi successivi in tutto il paese numerosi altri tribunali, tra cui due corti di Cassazione, hanno fatto lo stesso, e quindi la Corte Costituzionale discuterà la questione l’11 febbraio prossimo.
(…) Otto anni di Fini/Giovanardi hanno prodotto decine di migliaia di arresti, millenni di galera per la somma delle condanne, sovraffollamento delle carceri, costi esorbitanti per la macchina repressiva e giudiziaria e crescita dei profitti delle narcomafie. Nessun altro paese europeo ha così tanti detenuti per reati connessi alle sostanze illegali.
Per l’8 febbraio, in vista del pronunciamento della Corte Costituzionale, le reti antiproibizioniste presenti sul territorio italiano hanno indetto una manifestazione nazionale a Roma.