14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.
14 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per l’azione di quella notte. L’accusa è quella di “attentato con finalità di terrorismo”. La vendetta di Stato mette in scena una cerimonia in grande stile, scegliendo il primo anniversario di quella notte di lotta perché sia chiaro chi è il più forte.
Non solo. I quattro compagni arrestati il 9 dicembre, dopo 40 giorni nel reparto di alta sorveglianza del carcere delle Vallette vengono trasferiti in altre carceri.
Mattia e Nicolò al carcere ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara in quello di Rebibbia a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto dure, più di quello che il regime cui sono sottoposti prevede. Chiara a Torino è rimasta per 40 giorni in isolamento, a Rebibbia può fare la socialità con le altre, ma è sempre in cella da sola. Mattia e Nicolò sono in rinchiusi con altri ma non possono comunicare tra di loro ed hanno dimezzate sia le due ore di socialità sia le due ore di aria.
La condizione più dura la deve vivere Claudio, in isolamento assoluto da quando è stato trasferito a Ferrara.
La sua situazione è trapelata il 10 dicembre dopo la visita di sua mamma e di suo fratello.
A tutti, dopo un mese e mezzo di visite da parte di amici e compagni, è stato concesso di vedere solo i parenti stretti.
E’ chiara la volontà di annientare questi compagni, di cercare di spezzarne la resistenza.
Altrettando chiaro, ed emerge anche dalle carte esibite dalla Procura, che questa esibizione di violenza a malapena mascherata da norme e dispositivi, mira a fiaccare la lotta dei No Tav. Mira a mettere in ginocchio un intero movimento.
Nella stessa direzione vanno i mega risarcimenti a Ltf, il general contractor dell’opera,
Anarres ha intervistato Eugenio Losco, uno degli avvocati del collegio difensivo dei quattro No Tav, quando si è saputa la decisione di saltare l’udienza preliminare aprendo subito il dibattimento.
Ascolta l’intervista
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