La corsa al potere di Matteo Renzi ha il sapore della cavalcata tumultuosa, del nuovo che irrompe, della giovinezza che rottama una politica anziana, lenta, immutabile.
Il Fonzie della scena politica nostrana – così lo descrivono i media anglosassoni sedotti dai suoi giubbottini di pelle – ha dalla sua il potere dell’immagine, la capacità seduttiva del nuovismo, della velocità, dell’auto in corsa.
Roba da primo Novecento, che, con abile restilyng, torna nel secondo decennio di questo secolo.
Il nuovo leader del PD ha vinto la sua partita all’interno del proprio partito grazie ad una promessa semplice semplice: avere la faccia giusta per seppellire Berlusconi.
Il giovanotto, letti i sondaggi, ha rinunciato a giocarsi subito le elezioni e, mandato a casa ormai ingombrante Enrico Letta, si prepara a governare sino al 2018. Civati ed Alfano permettendo, of course.
Al di là del pacchetto ben confezionato abbiamo provato a capirne di più dell’uomo che ha bloccato un provvedimento di amnistia già bello che pronto.
Ne abbiamo parlato con Claudio Strambi, un compagno dell’USI di Firenze, con il quale abbiamo percorso gli itinerari di Renzi nel capoluogo fiorentino.
Ne è emersa l’immagine di una gestione giustizialista e repressiva delle questioni sociali, tra sgomberi e violenze. L’amicizia con l’imprenditore di sinistra Oscar Farinetti, quello della multinazionale “EaTaly”, l’uomo che fa lavorare solo precari ad 800 euro al mese per 365 giorni l’anno, la dice lunga sulle politiche sociali di Renzi.
Dulcis in fundo il Job Act, per ora poco più di una suggestione, in cui accanto a provvedimenti di semplificazione, la prospettiva è quella di una relazione di lavoro eternamente precaria. Il modello alla tedesca in salsa toscana. Decisamente piccante.
Ascolta la chiacchierata con Claudio