La salute è un buon affare. Chi ci lucra porta a casa un buon bottino. Chi può permettersi di pagare campa meglio e più a lungo. In questo settore, val sempre più la regola del “si salvi chi può”. Tra i sommersi e i salvati c’è il portafoglio. Ci sono le scelte di chi ha deciso una politica di tagli nella sanità “pubblica” a favore delle aziende private, in primis quelle cattoliche.
I dati diffusi dagli istituti demoscopici ci confermano che, specie in questi anni di crisi, il gap nell’aspettativa di vita tra nord e sud d’Italia è cresciuto.
Giulio, un lavoratore dell’USI sanità del San Raffaele ci ha raccontato della secca riduzione delle visite e degli esami specialistici, dopo gli ultimi aumenti dei ticket.
Chi non può pagare, se non è alla disperazione, rinuncia a visite di controllo e verifiche strumentali, che il medico di base ha richiesto. A farne le spese è soprattutto la prevenzione, che pure dovrebbe essere lo strumento principe per evitare l’insorgere di patologie gravi o, almeno, di limitare i danni.
Le strutture pubbliche, prive di manutenzione, cadono a pezzi. E’ il caso dell’Ospedale San Carlo di Milano, che necessita di opere urgenti di ristrutturazione, e rischia la chiusura di interi reparti. Ce ne ha parlato Gianni Santinelli, da 40 anni al San Carlo, memoria storica e protagonista delle lotte di ieri e di oggi.
Gianni e Giulio hanno partecipato ad un convegno sulla sanità, svoltosi la scorsa settimana a Milano. Il convegno, indetto dal coordinamento lavoratori e utenti della sanità, è stato occasione per fare il punto sulla situazione milanese e per meglio coordinare le lotte.
Sul piatto, sempre più forte, la spinta alla nascita di spazi di autonomia dal privato e dallo stato. Prima che sia tardi.