Lo scorso 9 settembre, dopo l’incendio scoppiato durante un’ennesima esercitazione militare nel poligono di Capo Frasca, il presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru ha dichiarato «Penso che Capo Frasca si possa chiudere». Sul tema delle servitù in materia di servitù militari. «Sono sovradimensionate, un gravame che appare sempre più ingiustificato, anche sul piano operativo», ha detto Pigliaru. Il presidente ha ipotizzato una riduzione di quasi 7mila ettari delle servitù nell’isola, pari al 21% dell’intero onere che al momento pesa sulla Sardegna e proporzionale alla contrazione del personale impiegato.
Il fronte istituzione dell’opposizione a basi e poligoni di guerra in Sardegna punta sulla conferenza Stato/Regioni per raccogliere i consensi dei sovranisti, molto numerosi nell’isola. . Persino L’Unione Sarda dell’imprenditore immobiliarista Sergio Zuncheddu si è impegnato in uma forte campagna mediatica contro le servitù militari.
La stessa manifestazione di sabato 13 a Capo Frasca è stata indetta da formazioni dell’arcipelago stalino/indipendentista ed inizialmente ha raccolto ben pochi consensi. Poi la manifestazione è cresciuta, raccogliendo adesioni molto più ampie e rimettendo in pista una prospettiva antimilitarista.
Oltre a Capo Frasca ci sono altre tre basi: il poligono del Salto di Quirra, quello di Teulada, e la base aerea di Decimomannu.
A Quirra, una sorta di “zona franca”, lecito e illecito si sono attorcigliati in un nodo, stretto soprattutto dal silenzio militare. Giganteschi cumuli di munizioni, brillati con esplosioni tossiche. Nanoparticelle nocive di missili e bombe, sprigionate nell’aria all’uranio che non hanno risparmiato la natura circostante, né, tantomeno, la salute della popolazione civile, colpita da una straordinaria incidenza di patologie e forme tumorali. Popolazione lotta con le istituzioni: quelle sarde non meno di quelle italiane.
Nei quattro poligoni sardi vengono fatte esercitazioni militari sin dagli anni ’40. Qui la seconda guerra mondiale non è mai finita.
La lunga teoria di morti per tumori e leucemie, bambini e agnelli nati malformati, fondali e terreni pieni di ordigni inesplosi segna l’esistenza di luoghi dove si testano armi, si simulano condizioni di guerra, a discapito della vita e della salute di uomini donne e bambini che vivono nei paesi più vicini. Incalcolabili i costi di bonifiche forse impossibili. Negli Stati Uniti i luoghi scelti per questi giochi di guerra vengono definite “aree sacrificate per l’interesse nazionale”. Luoghi a perdere.
Non c’é mediazione possibile sulle servitù militari, sulle basi e sulle industrie armiere.
Vanno chiuse. Senza se e senza ma.
La manifestazione di sabato 13 a Capo Frasca potrebbe essere una buona occasione per rimettere in pista l’opposizione alla militarizzazione dei territori e delle nostre vite.
Anarres ne ha parlato con Guido Coraddu, anarchico e antimilitarista e sardo.
Aggiornamento al 14 settembre
Migliaia di persone hanno partecipato alla manifestazione al poligono di capo Frasca, circondando la base e facendo una sonora battitura. In un paio di punti gli antimilitaristi hanno tentato di tagliare le reti. La polizia schiarata in antisommossa all’interno del recinto è dovuta indietreggiare per sottrarsi al lancio di sassi e fumogeni. Abbattute le reti in diversi punti buona parte dei manifestanti è riuscita ad entrare nella base.
Una manifestazione che, alla vigilia pareva giocarsi all’interno del circuito istituzionale, ha invece aperto una prospettiva di azione diretta popolare.