Nella giornata che lo Stato italiano dedica alla celebrazione delle forze armate, non potevano mancare gli antimilitaristi, che nelle ultime settimane hanno dato vita a tante occasioni di informazione e lotta. Dalla Giornata dei disertori, alla serata “Ancora prigionieri della guerra”, al film “E Jhonny prese il fucile”, passando per la giornata antimilitarista ai giardini (ir)reali. In giugno il corteo contro l’Alenia a Caselle torinese era stato il coronamento di una lunga serie di iniziative.
Di seguito il post comparso con indymedia svizzera sulle azioni del 4 novembre.
Di seguito il post comparso su indymedia svizzera sulle azioni di questo 4 novembre.
Il monumento ai bersaglieri di corso Galileo Ferraris è stato impacchettato con un grosso telo di plastica e vi è stata affissa la targa “(s)coprire le vergogne del militarismo”.
Lungo Po “Luigi Cadorna” è diventato lungo Po “Disertori di tutte le guerre”: una nuova targa ha sostituito quella che ricorda il massacratore della Prima guerra mondiale.
Le nostre città sono piene di monumenti, targhe, lapidi che ricordano assassini, gente che si è guadagnata una statua per aver ucciso, bombardato, sgozzato, violentato. Questi sono gli esempi che i nostri figli studiano a scuola, che incontrano in ogni piazza, in ogni strada, questi sono i pilastri sui quali è edificata la nostra “civiltà”.
Non vogliamo che i nostri figli vedano per le strade delle nostre città le effigi di chi si guadagna medaglie ed onori ammazzando altri bambini, bambini nati con la guerra e morti di guerra. Per loro nessuno erige lapidi, né monumenti.
In questi anni, destra e sinistra, governo ed opposizione, hanno cercato di arruolarci, di unirci con la paura, coprendo le nostre vite con un sudario tricolore. Ma noi non ci siamo stati: abbiamo disertato la loro guerra e stracciato le loro bandiere.
Le basi della guerra sono a due passi dalle nostre case: fabbriche di armi, caserme, aeroporti militari, poligoni di tiro. Lottiamo per chiuderle, perché 53 milioni di euro che ogni giorno vengono spesi per garantire le avventure militari dell’Italia, tra l’Afganistan, i CIE, il cantiere di Chiomonte, servano per ospedali, scuole, trasporto pubblico.
Fare a meno degli eserciti è possibile, ma nessuno Stato è disposto a rinunciare al monopolio della violenza: farla finita con i mercenari in divisa tricolore, significa farla finita con lo Stato, con tutti gli Stati, le frontiere, le bandiere.
Il monumento ai bersaglieri è una delle tante vergogne militariste che costellano questa città. Opporsi alla guerra, agli eserciti è anche scegliere di rifiutarne la retorica, i simboli di odio e violenza, la ragion di Stato che si fa pietra e bronzo.
Nel centesimo anniversario dell’inizio della prima guerra mondiale, si moltiplicano le celebrazioni di quel massacro. I militari, lo hanno deciso i ministri della difesa e della pubblica istruzione, vanno a scuola a fare propaganda e per arruolare nuovi mercenari per l’esercito italiano.
Luigi Cadorna è l’emblema di quella guerra, l’uomo delle decimazioni, delle fucilazioni di massa, il responsabile della morte e mutilazione di centinaia di migliaia di soldati.
Tanti di loro si ribellarono, girando le armi contro gli ufficiali, disertarono, rifiutarono di continuare la guerra. A loro – con una targa che sostituisce quella del macellaio Cadorna – dedichiamo questa giornata. Per un esercizio di memoria che è stato a lungo negato, ma poco a poco riemerge.
Noi abbiamo scelto di essere uomini e donne di parte. La parte degli oppressi, degli sfruttati, dei senzapatria. La parte di chi crede che non c’è pace senza giustizia, la parte di chi crede che non vi sono guerre giuste, né poteri buoni.
Anche a Trieste gli antimilitaristi hanno fatto un’azione di arredo urbano in contemporanea con la sfilata di bersaglieri “per il ritorno di Trieste all’Italia”.