Era il 6 dicembre del 2008. Nel quartiere di Exarchia ad Atene un paio di poliziotti insultano un gruppo di ragazzini. Alla loro risposta uno di loro, Korkoneas, estrae la pistola e spara due volte, uccidendo Alexis Grigoropoulos. Alexis aveva 15 anni ed era anarchico. Quel giorno con Alexis c’era Nikos Romanos, il suo migliore amico. Si erano conosciuti sui banchi di scuola, insieme erano diventati anarchici. Nikos cercò inutilmente di rianimare Alexis. In tribunale non ci va, ma al giudice inquirente dice chiaro che il suo amico è stato giustiziato a sangue freddo.
Ai suoi funerali porterà in spalla la bara di Alexis.
La morte del giovane anarchico scatenò una rivolta che scosse il paese. Le immagini dell’albero di Natale in fiamme nella centralissima piazza Sintagma, divennero l’emblema di quel dicembre.
Cinque anni più tardi Nikos Romanos e altri tre anarchici vengono arrestati con l’accusa di aver preso parte a due rapine a Velvendòs, in Macedonia.
Sono tutti pestati a sangue. I loro volti pesti e sanguinanti fanno il giro del mondo. La polizia, per nascondere la ferocia del pestaggio, trucca le foto. Nikos rifiuta di denunciare i suoi aguzzini. Le immagini lo mostrano incatenato, strattonato, col volto gonfio e tumefatto per le botte ricevute, scortato da decine di agenti di polizia che a testa alta grida “ Viva l’Anarchia bastardi! ”. Tramite il suo avvocato rilascia la seguente dichiarazione: “Le mie motivazioni sono politiche. Mi ritengo prigioniero di guerra. Non mi considero una vittima. Non sporgerò denuncia nei confronti dei poliziotti che mi hanno picchiato. Vorrei che i maltrattamenti che ho subito sensibilizzassero l’opinione pubblica.”
Viene accusato di terrorismo ma persino il PM riconosce Peponis riconosce che l’accusa non regge e dichiara “.E’ la prima volta che assisto a una rapina in cui si liberano gli ostaggi, con fiato della polizia sul collo. Malgrado avessero a loro disposizione armi in abbondanza non hanno sparato ai poliziotti che li inseguivano nè hanno usato l’ostaggio come scudo per darsi alla fuga….” Per poi concludere “Per me non esistono elementi per suffragare l’accusa di formazione e appartenenza ad organizzazione terroristica”.
In galera Nikos studia e riesce a superare i difficili esami di ammissione all’università. In primavera Nikos supera brillantemente gli esami e viene ammesso alla facoltà di Amministrazione delle Aziende Sanitarie di Atene.
Il presidente della Repubblica e il ministro della giustizia lo invitano per complimentarsi e gli offrono un premio di 500 euro. Nikos rifiuta sia l’incontro sia i soldi.
La vendetta dello Stato non si fa attendere. L’amministrazione penitenziaria cambia le regole e gli vieta di uscire dal carcere per frequentare l’università.
Nikos decide di iniziare uno sciopero della fame di protesta. Dopo tre settimane viene ricoverato in ospedale circondato da decine di poliziotti in armi. Quando le sue condizioni peggiorano il ministero impone ai medici di praticargli l’alimentazione forzata. I medici stracciano l’ordine.
In tutta la Grecia ci sono manifestazioni in solidarietà a Nikos. Martedì ad Atene diecimila persone attraversano il centro e si scontrano duramente con la polizia. Il bilancio è di numerosi feriti e 14 arresti. Edifici pubblici ed università vengono occupate sia nella Grecia continentale sia a Creta.
Il governo è in difficoltà, teme che la rivolta dilaghi come nel 2008 quando il migliore amico di Nikos venne freddato da un poliziotto.
Nikos è deciso a non mollare. Per una boccata di libertà è disposto a morire.
La storia di Alexis e di Nikos è l’emblema della criminalità dello Stato. Di tutti gli Stati.
Anarres ne ha parlato con Ghoergos del gruppo dei comunisti libertari di Atene.