“I rom puzzano”. Questo uno degli striscioni aperti davanti al Comune dai comitati spontanei di cittadini che ieri hanno dato vita ad una manifestazione per chiedere lo sgombero dei campi con il pretesto dei fumi prodotti dai raccoglitori di rame che bruciano la plastica degli involucri per estrarne il prezioso metallo.
Rom e sinti sono l’ultimo anello della catena nel lucroso business del riciclo del rame: la loro povertà e gli scarsi ricavi sono all’origine di una tecnica di recupero nociva, usata come pretesto dai razzisti scesi in piazza ieri.
Gli stessi comitati, animati da esponenti di estrema destra ma non solo, hanno manifestato a Mirafiori in dicembre contro i rom profughi dalla guerra in Bosnia, che spostandosi di continuo per la zona del parco colonnetti, non sono mai riusciti ad ottenere nemmeno dei gabinetti.
Di fronte al comune i razzisti erano una quarantina: dieci di loro sono entrati in delegazione in comune, dove, la stessa sera, era all’ordine del giorno la discussione sullo “sgombero assistito” di Lungo Stura Lazio e il punto sul piano “la città possibile”, che sta garantendo un buon reddito a diverse cooperative e associazioni, con in testa la Valdocco, che si stanno spartendo quattro dei cinque milioni di euro, stanziati a suo tempo dall’allora ministro degli Interni, il leghista Roberto Maroni, per “l’emergenza rom”. Per una piccola parte delle famiglie rom di Lungo Stura Lazio “la città possibile” è solo un rifugio temporaneo. Gli altri, quelli che non hanno voluto/potuto siglare il “patto di emersione” sono invece destinate ad essere sgomberate in primavera.
Il “patto di emersione” è il segno di un razzismo istituzionale sottile ma non diverso da chi manifesta sostenendo che “i rom puzzano”.
Chi firma il patto deve impegnarsi a rispettare regole da collegio per bambini di altri tempi. Il social housing si colloca a metà tra la caserma e l’asilo. Quando i soldi tra un paio d’anni finiranno, per queste persone si riaprirà la strada. Torneranno “nomadi”, non per scelta o “vocazione” etnica, ma perché sospinti sempre più lontano da politiche di apartheid che moltiplicano lo stigma nei loro confronti, alimentando il razzismo.
Lunedì, con un presidio a cavallo tra via Garibaldi e piazza Palazzo di città c’erano anche una quarantina di antirazzisti armati di striscioni “I rom, torinesi come noi” e “No alla guerra tra poveri. Case per tutti!”. La polizia, presente in forze con truppe antisommossa e uomini della polizia politica, la Digos, si è schiarata di fronte agli antirazzisti per ostacolare ogni contatto. Questo non ha impedito il moltiplicarsi di slogan e interventi. Diversi passanti si sono fermati per chiedere informazioni, manifestando anche condivisione e solidarietà. Un boccata di aria fresca che allontana il lezzo della canea razzista.
Per approfondimenti ascolta la diretta di Anarres con Cecilia e quella dell’info di Blackout con Ionut, entrambi di Gatto Rosso Gatto Nero.