Il 7 e l’8 marzo a Milano ci sarà un incontro di analisi, dibattito, proposta di un’alternativa libertaria al modello “Expo”.
Si comincia sabato con un pomeriggio su “lavoro e precarietà” ai tempi dell’expo, si continua domanica con “riprendiamoci la terra: nutrire il pianeta o nutrire diseguaglianza e povertà”.
Qui potete leggere il programma completo.
Anarres ne ha parlato con Massimo Varengo della Federazione Anarchica Milanese, che promuove la due giorni No Expo di questo fine settimana a Milano. Ne è scaturita una discussione che ha coinvolto molti ascoltatori che hanno partecipato con numerosi sms, specie sul lavoro gratuito.
Di seguito un pezzo di Massimo uscito questa settimana su Umanità Nova
Expo 2015, l’evento che si terrà a Milano a partire dal 1° Maggio (un’altra data saccheggiata), incombe da tempo sulle nostre vite. Con un crescendo, che pare senza limiti, l’evento prende forma, ai nostri occhi, sotto forma di convegni, sponsorizzazioni, manifesti, manifestazioni di strada, manchette pubblicitarie, spot televisivi, articoli di stampa, e chi più ne ha, più ne metta. Il bombardamento mediatico è tale da fare apparire l’appuntamento di Milano come irrinunciabile, imperdibile, quasi che i destini dell’alimentazione umana – argomento di per sé, più che nobile, essenziale – dipendessero da una serie di baracconi fieristici messi su in quattro e quattr’otto.
Occorre allora metterci il naso, capire meglio cosa rappresenta realmente questa esposizione per coglierne il senso e la portata. Forse non tutti sanno che Expo è una manifestazione promossa da un ente privato,il BIE, un organismo internazionale non governativo che cura dal 1928 l’organizzazione delle cosiddette Esposizioni Universali in varie città del mondo, con cadenza quinquennale . Queste esposizioni devono avere per contratto temi di portata globale, una durata di sei mesi, nessun limite di spazio e la spesa per i padiglioni a carico dei paesi partecipanti. E’ ovvio che la gran parte di tutti gli altri costi sono a carico della spesa pubblica del paese ospitante che deve garantire il buon successo dell’operazione. Come contropartita si presenta l’esposizione come volano per il rilancio dell’economia, del turismo e conseguentemente dell’occupazione.
La storia delle Esposizioni Universali inizia nei tempi immediatamente successivi alla rivoluzione industriale e all’affermazione della borghesia manifatturiera come classe dominante. La necessità di costruire momenti pubblici e ridondanti per mostrare al mondo la potenza dello sviluppo delle industrie, dei trasporti e dei commerci favorisce l’istituzione di queste grandi fiere, che , non a caso, prendono vita, prima in forma ridotta, nella Parigi napoleonica e poi a Londra, cuore pulsante dell’industria moderna. Da allora molte cose sono cambiate; la necessità di mostrare al mondo, in un unico grande contenitore, gli sviluppi della tecnica e della scienza, ha lasciato il campo a ben più redditizie fiere di settore, per lo più rivolte strettamente agli operatori del campo; inoltre la nascita e lo sviluppo delle reti telematiche ed informatiche, con la massa di informazioni che, in tempo reale e quotidianamente, vengono messe a disposizione, rendono di fatto vana la riproposizione di una Esposizione Universale se non nella forma di un gigantesco luna park, dove passare una giornata tra cibarie varie, intrattenimenti per l’infanzia, seduzioni turistiche e quant’altro.
Ma lo spettacolo deve andare avanti. La gallina dalle uova d’oro deve continuare la sua produzione. Al limite bisogna ridefinirne i contorni ed i contenuti, magari abbandonando la dimensione prettamente industrialistica e tecnologica che ha caratterizzato i primi eventi ed arrivare a definire nuovi campi di interesse, quali ad esempio il rapporto tra la vita umana e l’ambiente che la sostiene, in un’epoca contrassegnata proprio dalle devastazioni che l’epoca precedente ha provocato.
In Corea si è tenuta recentemente un’esposizione dal titolo ‘Costa e oceani che vivono’, a Milano sarà ‘il cibo’ il tema del mega evento, titolo ‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’. Ma come è stato nel passato, si confermerà un’altra volta che, al di là dei temi trattati, sarà l’egemonia dei ceti dominanti, delle multinazionali, a essere santificata e celebrata come unica in grado di garantire il benessere dell’umanità. Così come verrà confermato quanto il carattere di mega evento dato all’iniziativa, si esprime in netta continuità con la politica delle grandi opere che sta infestando, da tempo, il paese Italia. Ed ecco la devastazione del territorio ove si svolgerà Expo 2015: un enorme estensione di terreno agricolo trasformato in edificabile, la costruzione di infrastrutture quali strade, autostrade, sia di collegamento con l’area che in tutta l’area lombarda, la costruzione apposita di una stazione per TAV in prossimità della fiera stessa, la canalizzazione, sia pur parziale, delle acque. Ed insieme a questi frutti avvelenati, tutto il contorno di traffici politico-affaristici dei quali le cronache ci hanno informato sia pure parzialmente.
Ma non è solo l’aspetto meramente materiale che ci può interessare: c’è ben altro. Il mega evento, la grande opera, soprattutto quando deve realizzarsi in tempi certi, è portatrice di una continua modificazione e stravolgimento delle regole del gioco, tali da comportare modelli di comportamento a se stanti. Appalti affidati senza gara, condizioni di lavoro precarie, supersfruttamento, ‘oliatura’ dei meccanismi burocratici, deleghe in bianco, super poteri alla protezione civile, ecc.: quando l’eccezionalità diventa una condizione permanente cresce fortemente il rischio che si pongano le basi per nuove forme autoritarie e gerarchiche. Per non parlare poi della prevedibile militarizzazione del sito e del territorio circostante, con la scusa dell’antagonismo sociale e del terrorismo internazionale, per imporre un modus operandi che vuole limitare libertà di movimento e di espressione, in linea con l’evoluzione oligarchica della democrazia parlamentare, alle prese con una conflittualità crescente a partire dai territori, sempre più in sofferenza in seguito al continuo saccheggio delle risorse e dei beni collettivi.
In effetti l’Expo milanese rappresenta un’opportunità, così come politici, imprenditori, sindacalisti e gazzettieri di turno ci stanno ripetendo da tempo. Ma è un’opportunità per ridisegnare i poteri, di arricchimento e di speculazione, di cementificazione e di privatizzazione; non è un’opportunità per i cittadini. Ricordiamoci che l’evento è stato voluto dal centro destra (duo Moratti-Formigoni) e sostenuto dal centro sinistra (Romano Prodi allora al governo) e oggi, in plancia di comando, c’è il centrosinistra di Pisapia con il leghista Bobo Maroni. Tutti insieme appassionatamente per cogliere l’opportunità. E per farlo hanno costituito una società ad hoc, denominata Expo Spa, società per azioni a prevalenza pubblica (con prevalenza di Ministero dell’Economia, Regione e Comune), che dovrà garantire il successo dell’iniziativa, progettando e finanziando tutte le opere necessarie.
Quindi denaro pubblico a favore di un evento privato. E’ stato calcolato che solo nel periodo 2008-2010 Expo Spa è costata, solo tra costi di gestione e personale, circa 40 milioni di euro. E il grosso doveva ancora arrivare…