Matteo Salvini ha provato a fare un comizio in un mercato del centro di Livorno, ma la risposta degli antifascisti e degli abitanti del quartiere lo ha impedito.
Ne abbiamo parlato con Dario della Federazione Anarchica Livornese.
Di seguito il resoconto di un compagno che c’era in uscita sul prossimo numero del settimanale Umanità Nova.
Dopo la provocatoria presenza del nazileghista Borghezio, a Livorno mercoledì 22 aprile è arrivato anche Salvini, per una tappa del suo tour elettorale in vista delle elezioni regionali.
Stando alle notizie date nei giorni precedenti dalla stampa locale, il leader leghista sarebbe dovuto arrivare alle 9 e mezza al gazebo della Lega Nord in Via Grande, vicino alla zona del mercato, per poi passeggiare tra le strade del centro, tra i negozi e i banchi degli ambulanti.
La mattina di mercoledì 22 però, tra i banchi del mercato la tensione è alta, nessuno vuole essere strumentalizzato dalla Lega e i commenti della gente sono tutti contro Salvini. Le camionette di polizia e carabinieri presidiano tutti gli accessi alle strade del mercato e gli agenti in borghese controllano in forze la zona.
Già venti minuti prima dell’orario previsto per il suo arrivo, un centinaio persone si raccolgono dove la Lega avrebbe dovuto montare il proprio gazebo.
Ci sono donne e uomini, giovani e meno giovani, operai, facchini e muratori, ambulanti del mercato, pensionati, studenti e disoccupati, facce di ogni paese, tutti livornesi. Tutti là per impedire a Salvini di venire al mercato di piazza Cavallotti per il suo solito spot razzista.
La Lega non ha montato nessun gazebo, è riuscita solo ad aprire un banchino dall’altra parte della strada, protetta su ogni lato da cordoni di agenti in assetto antisommossa.
Quando da dietro i caschi blu si alzano una bandiera leghista ed una bandiera del Granducato di toscana con i colori degli Asburgo-Lorena, parte la contestazione vera e propria, viene aperto uno striscione e tutti cantano Bella Ciao, da una finestra qualcuno sventola una bandiera rossa. La folla dei contestatori cresce, i passanti si uniscono alla manifestazione spontanea e partono i primi slogan: “Salvini, fascista! Livorno non ti vuole!”, “siamo tutti clandestini!”, “Se ci sono i disoccupati, la colpa è dei padroni e non degli immigrati!”.
Quando, in ritardo, arriva Salvini passando da una strada laterale per evitare le contestazioni, i manifestanti sono ormai più di 200. Allora la protesta si fa più intensa e molti riescono, aggirando il primo cordone di polizia in borghese, ad arrivare di fronte agli scudi dell’antisommossa, a pochi metri dal gruppetto di leghisti che si fanno selfie con il proprio capo. Gli slogan e i cori coprono completamente le parole di Salvini, che quando sale in piedi su una panchina per parlare al microfono, da bravo collezionista di felpe, indossa una maglia con su scritto “Livorno” che accende ancora di più la contestazione. A quel punto una fitta pioggia di pomodori e uova lo costringe a scendere dalla panchina e a passare la parola ad un altro leghista. È ormai chiaro che Salvini non farà nessuna passeggiata per il mercato.
Dopo pochi minuti, i leghisti concludono il breve comizio, e Salvini per rispondere alle domande dei giornalisti senza essere sovrastato dagli slogan dei dimostranti deve allontanarsi di circa un centinaio di metri, in una via della Madonna deserta e blindata. La visita dello showman padano dura poco più di mezzora, un corteo di mezzi della polizia lo scorta verso la prossima tappa del suo tour elettorale.
Lo sparuto gruppo di leghisti, protetto dai cordoni delle forze del disordine, resta per una ventina di minuti circondato dai manifestanti, che continuano a scandire slogan e bruciano una bandiera della Lega che qualche timido padano aveva probabilmente abbandonato a terra allontanandosi. Quando alla fine i sostenitori di Salvini se ne vanno via in macchina scortati dalla polizia, la folla dei contestatori si dirada e la manifestazione si scioglie.
Il fascista Salvini non è riuscito a fare un passo nel centro di Livorno e non ha neanche visto il mercato, di cui ha potuto però apprezzare “al volo” alcuni prodotti ortofrutticoli. La mattina del 22 aprile a Livorno è stato dimostrato che la propaganda della Lega può essere spezzata. La foto del giorno di Salvini non è quella di un “capitano” che dispensa strette di mano tra la gente, ma quella di un politico che mostra uno dei pomodori che la gente gli ha lanciato contro. Lo spot non è riuscito, il pubblico stavolta ha fatto irruzione sulla scena, senza preoccuparsi delle conseguenze mediatiche della contestazione.
La risposta della città, di chi a Livorno rifiuta il razzismo e il fascismo, di chi respinge la propaganda della Lega, è stata un segnale importante, che si intreccia con le contestazioni che ci sono state anche in altre città Toscane in questi giorni, con il grande corteo contro il comizio di Salvini a Roma il 28 febbraio scorso, con la contestazione a Torino di un mese fa, e con tutte le altre manifestazioni di protesta contro la propaganda della Lega. Ma la contestazione di Salvini a Livorno si salda anche con la manifestazione dei lavoratori di sabato 18 aprile, che ha portato in piazza anche la lotta contro le politiche del governo che cercano di spezzare la solidarietà tra gli sfruttati.
Salvini ha promesso che tornerà a Livorno, speriamo che da bravo politico non mantenga le promesse, ma nel caso dovesse tornare speriamo che torni in estate, in modo che possa assaggiare gli ottimi cocomeri del mercato.
uno che c’era