Con la delibera 30 marzo 2015, n. 42-1271, la Giunta regionale piemontese ha programmato gli interventi finalizzati al superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG), concentrandosi sull’apertura di 2 REMS (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), di cui una presso la Comunità “il Barocchio” di Grugliasco, adiacente al Barocchio Squat.
Nel totale silenzio delle istituzioni, nei prossimi mesi si procederà al trasferimento degli attuali “utenti in cura” della Comunità verso un’altra struttura residenziale, come fossero “merci”, e allo sgombero della casa occupata per “bonificare” l’area in cui sorgerà il miniOPG.
Le REMS infatti non rappresentano un superamento degli OPG, come invece sostiene la legge 81/2014 che ne ha stabilito la chiusura dal 1 aprile 2015, ed infatti a Castiglione delle Stiviere a Mantova, il passaggio da OPG a REMS si è di fatto limitato al cambiamento della targa all’ingresso!
Un’altra riforma nominalistica insomma, come quella che nel 1945 ne aveva cambiato il nome da “Manicomio Criminale” a “Manicomio giudiziario”, e poi ancora nel 1975 al più rassicurante “Ospedale psichiatrico giudiziario”.
Si chiudono i sei manicomi criminali, per aprire nuove strutture in ogni regione, magari più accoglienti, gestite da personale sanitario e non più dall’amministrazione penitenziaria, ma al cui interno continuerebbero a perpetrarsi arbitrarietà, ingiustizie e reclusione prolungata ed immotivata, visto che, finito di scontare la pena, i reclusi saranno comunque costretti a seguire dei programmi terapeutico-riabilitativi individuali attivati dai DSM, ossia una presa in carico vitalizia del “malato” che prevede il trasferimento in altre strutture psichiatriche territoriali e l’inizio di un processo infinito di assistenza psichiatrica e di reinserimento sociale, promesso ma mai raggiunto, legato ad attività e percorsi coercitivi, obbligatori e repressivi.
Nelle REMS, così come era nei vecchi manicomi, la responsabilità della custodia dei reclusi, viene affiancata al concetto di “cura” e passa tutto nelle mani della psichiatria, che nasce proprio come scienza della normalizzazione e della reclusione, prima di elevarsi a “scienza medica”, come dimostra il fatto che la reclusione manicomiale è storicamente antecedente ai trattamenti e alle cure psichiatriche.
Con la nuova legge non si è inoltre superato il concetto di pericolosità sociale, alla base di queste istituzioni, che è una nostra pesante eredità fascista: la normativa sugli OPG risale infatti al codice Rocco del 1930, e risente della considerazione che allora si aveva della malattia mentale, alla sua lombrosiana associazione alla violenza e al reato: il “folle” era considerato incurabile, pericoloso, irresponsabile e quindi da isolare dalla società e da rinchiudere per sempre in un’istituzione manicomiale, in un’ottica di profilassi sociale volta a preservare il potere e la comunità da comportamenti deviati, e quindi devianti.
Si chiude una scatola, per aprirne un’altra! Come se il manicomio fosse un luogo e non un concetto, un’idea! Ed in più a Torino, si decide di farlo volendo sbarazzarsi di una realtà, come quella del Barocchio Squat, che in questi 23 anni di occupazione ha sperimentato e praticato l’unica alternativa – se tale può considerarsi! – all’internamento psichiatrico, e cioè una cultura non segregazionista e di esclusione, fondata su principi e metodi di libertà, di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane, quindi del tutto opposti a quelli repressivi e omologanti delle istituzioni psichiatriche e carcerarie.
Pertanto esprimiamo la nostra solidarietà al Barocchio Squat, sicuri che la città di Torino non resterà indifferente di fronte allo sgombero di una delle sue storiche occupazioni, e pronti a lottare a fianco di tutti coloro che vogliono imprigionarci all’interno di manicomi e carceri.
Contro lo sgombero di tutte le realtà occupate autogestite e libere
Contro l’apertura di tutte le REMS, e di ogni nuovo manicomio
Contro tutte le carceri e i progetti di finanziamento delle sezioni psichiatriche presso le strutture penitenziarie. La delibera regionale prevede infatti un finanziamento di ben 400mila euro al reparto di osservazione Psichiatrica “il Sestante” del Carcere delle Vallette. Le istituzioni carcerarie si servono così della psichiatria per stemperare il conflitto, e garantirsi così un più semplice controllo della massa dei detenuti, costretti a subire la reclusione e per di più in gravi situazioni di degrado e sovraffollamento.
Contro la psichiatria, i suoi luoghi e i suoi abusi, certi che non ci possa essere alcuna possibilità di “cura”, riabilitazione e reinserimento sociale finché non ci sarà il consenso, la volontà e la libertà degli individui. La legge 180/78 che ha chiuso i manicomi, come quella che ha oggi ha chiuso gli OPG, ha lasciato agli psichiatri la possibilità di “curare” e drogare coercitivamente le persone, di sequestrare i cittadini e imprigionarli in un repartino o in una comunità per un giudizio arbitrario sul loro pensieri e comportamenti. I fatti di cronaca di questi ultimi mesi, con ben tre morti uccisi durante una procedura di TSO (trattamento sanitario obbligatorio) ne sono l’esempio: i ricoveri non sono quasi mai volontari, poiché la possibilità di un TSO viene sempre usato come ricatto; la maggior parte dei provvedimenti è legalmente non corretto, sia per mancanza della visita dei 2 medici e la convalida del sindaco e del giudice tutelare, sia per la mancanza delle tre condizioni per cui, secondo la legge, si dovrebbe eccezionalmente optare per un ricovero coatto (la presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, il rifiuto delle cure, l’impossibilità di attivare altre misure di assistenza e cura rispetto al ricovero ospedaliero); la violenza con cui le persone vengono prelevate e costrette al ricovero, quasi sempre messa in atto dalle forze dell’ordine e non da personale sanitario. Altre vicende di cronaca ci hanno reso evidente inoltre che anche dentro queste nuove strutture “postmanicomiali” le persone vengono drogate coercitivamente senza avere informazioni sui farmaci somministrati e che provocano dipendenza e gravi effetti collaterali, non possono avvalersi dei diritti ad essi garantiti dalla legge (in materia di libera uscita in caso di ricovero volontario, di libertà nelle visite, di poter visionare la cartella clinica, etc), nonché maltrattate e contenute: caso esemplare è quello di Francesco Mastrogiovanni, in TSO nell’ospedale San Luca a Vallo della Lucania, trovato morto dopo essere stato legato mani e piedi al letto dell’ospedale, senza acqua né cibo, per oltre 80 ore, e di cui ci sarà la sentenza del processo di secondo grado nel mese di settembre.
Siamo tutti socialmente pericolosi!
Collettivo antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni”
Riunioni ogni lunedì alle 21 presso la FAI – Torino in corso Palermo 46 – mail: antipsichiatriatorino@inventati.org
telefono antipsichiatrico 345 61 94 300