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13 settembre – Torino. Solidali con la popolazione del Rojava

DSCN0026Martedì 13 settembre
punto info solidale con la lotte delle popolazioni del Rojava
ore 17 – via Po 16

Di seguito il volantino che verrà distribuito

Per una libertà senza confini

Il 19 luglio del 2012 le regioni del Rojava, il Kurdistan siriano, proclamarono l’autonomia, sancendo formalmente un processo rivoluzionario di segno chiaramente libertario.
Una rivoluzione democratica radicale, che è divenuta l’unico baluardo contro lo Stato Islamico, le formazioni quaediste, il regime del Baas, il partito della dinastia Assad.

La resistenza all’assedio di Kobane e la liberazione della città tra il settembre del 2014 e il gennaio del 2015 ha acceso i riflettori su quest’angolo di Siria.
La Turchia dell’islamista Erdogan, ha sostenuto – sia pure non ufficialmente – l’ISIS in Siria ed ha poi scatenato una vera guerra civile in ampie zone del Bakur, il Kurdistan turco.
Città bombardate, rase al suolo, centinaia di morti, profughi, senza casa.
Il fallito colpo di stato animato dai seguaci del ex alleato islamista Fethullah Gulen lo scorso luglio ha dato mano libera al governo turco contro ogni forma di opposizione sociale. Sono decine di migliaia le persone imprigionate, licenziate, torturate; sono decine le sedi politiche e i giornali chiusi.
A fine agosto il governo turco, dopo aver ripreso le relazioni con la Russia e il governo siriano, ha deciso di intervenire direttamente in Siria. I suoi tank e aerei si sono scagliati contro le milizie di autodifesa popolare del Rojava.

L’esperienza del Rojava è oggi sotto attacco mortale dell’esercito turco. Il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu, dopo un incontro con il suo omologo saudita, ha annunciato la soluzione finale per l’autogoverno del Rojava.
L’Unione Europea ha già, di fatto, dato il via libera al massacro dei curdi stanziando, il giorno stesso della dichiarazione di guerra, 348 milioni di euro a favore della Turchia che si aggiungono ai 6 miliardi già decisi per i “profughi”.
La tregua annunciata dai ministri degli esteri russo e statunitense potrebbe avere come prezzo l’annullamento o il sostanziale ridimensionamento dell’esperienza curda, con le truppe del sultano di Istanbul stanziate nel nord ed il resto del paese diviso tra zone sotto il controllo di Assad e zone lasciate a formazioni islamiste vicine ai sauditi.

La posta in gioco in quest’area del pianeta è molto alta. Lo sanno bene gli uomini e le donne in armi che difendono la propria autonomia dalle truppe dell’ISIS, da quelle turche, di Al Nusra e dell’esercito siriano.

Presto il silenzio, che certa stampa rompe solo per fare folclore sulle donne in armi, potrebbe calare sulla storia di gente che si organizza dal basso in comuni e comitati per decidere da sé come amministrarsi.

Negli ultimi anni, in varie zone del pianeta, si sono sviluppati movimenti di lotta che sia nelle modalità organizzative, sia negli obiettivi hanno modi libertari. Partecipazione diretta, costruzione di reti solidali su base locale, mutazione culturale profonda che investe le relazioni di dominio nel corpo sociale ne sono il segno distintivo, oltre alla durezza dello scontro con le istituzioni statali e religiose che controllano i vari territori.
La caratteristica importante di questi movimenti è il radicarsi in aree del pianeta dove negli ultimi quindici anni si sono sviluppati movimenti di stampo religioso reattivi all’occidentalizzazione forzata.
Si va dalla Kabilia, la regione berbera dell’Algeria, al Messico all’India, sino al Rojava.
Qui, dal 2012, profittando del “vuoto” lasciato dal governo di Damasco per la guerra civile che sta ancora insanguinando il paese, uomini e donne stanno sperimentando il confederalismo democratico. Ispirato alle teorie del municipalismo libertario dell’anarchico statunitense Murray Bookchin, l’autogoverno in Rojava rappresenta un tentativo laico, femminista e libertario di praticare un’alternativa ai regimi autoritari che si contendono la Siria.

In Rojava si stanno sperimentando modalità di partecipazione diretta di segno marcatamente libertario.
Non solo. Per la prima volta tra la gente di un popolo senza stato, diviso da frontiere coloniali, c’è chi dichiara esplicitamente di non volere un nuovo Stato, di rifiutare ogni frontiera, di lottare perché la gente si autogoverni su base territoriale, senza più frontiere. Se non ci sono frontiere non possono esserci nemmeno stati. Un’attitudine rivoluzionaria che inquieta tutti i governi in ogni dove.
Per la prima volta l’illusione che lotta di classe e indipendentismo siano ingredienti di una stessa minestra rivoluzionaria, capaci di catalizzare una trasformazione sociale profonda, tipica della sinistra autoritaria, si scioglie come neve al sole, aprendo la possibilità di un percorso libertario.
L’integralismo religioso e le satrapie mediorientali non sono un destino.
La solidarietà con il Rojava ci riguarda tutti, perché la storia che hanno cominciato a costruire apre uno spazio di libertà e uguaglianza importante per tutti. In ogni dove.

Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46 – riunioni – aperte agli interessati – ogni giovedì alle 21