La psichiatria è stata usata di frequente per reprimere le insorgenze dentro ai CIE, alle prigioni, o in altri luoghi di privazione della libertà.
In genere gli immigrati insofferenti alla reclusione sono sedati con strumenti farmacologici, anche se altri strumenti tipici del trattamento psichiatrico come la contenzione, sono stati utilizzati per facilitare la deportazione di chi con tutte le proprie forze vi si opponeva.
In queste ultime settimane ci sono state diverse segnalazioni di immigrati o richiedenti asilo sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio.
Nel repartino dell’ospedale di Sant’Argenio di Polla un infermiere ha segnalato il moltiplicarsi anomalo di immigrati passati direttamente dal centro di accoglienza alla gabbia psichiatrica.
L’ultimo caso risale a gennaio e riguarda un richiedente asilo ospitato all’interno del centro Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) di Roscigno, in provincia di Salerno. Il ragazzo, un ventinovenne della Sierra Leone, è stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio e trattenuto in ospedale per 9 giorni.
Il ragazzo aveva protestato spaccando un televisore alla notizia che la sua domanda di asilo era stata respinta e per lui si apriva la via della clandestinità e una possibile espulsione. Un momento di ragionevole rabbia è stato trattato come segnale di squilibrio mentale. Un modo molto comodo per eliminare qualunque tensione, trasformando in malattia la protesta.
Un ulteriore segnale della natura squisitamente disciplinare dei trattamenti psichiatrici, usati per tenere sotto controllo chi non si riesce a trattare con i “normali” mezzi della repressione poliziesca e giudiziaria.
Vale la pena ricordare che il repartino dell’ospedale San Luca di Sant’Argenio era salito all’attenzione delle cronache lo scorso maggio, dopo la morte in TSO di Sebastiano Malzone, forse vittima di un sovradosaggio farmacologico.
In quel reparto lavorano due dei medici condannati in primo grado per la morte, dopo 87 ore di contenzione senza acqua né cibo, dell’anarchico Francesco Mastrogiovanni, rinchiuso nell’ospedale di Vallo della Lucania nell’agosto del 2009. Dopo quella vicenda il repartino di Vallo è stato chiuso e i due psichiatri ora lavorano a Sant’Argenio.
Coincidenze? Difficile crederlo.
Il 22 febbraio davanti al centro Sprar di Isca Superiore a Catanzaro dove risiedono, diciotto migranti di diverse nazionalità si sono incatenati per protestare contro il TSO inflitto ad un loro amico.
“Non è vero che sta male sono gli operatori dello Sprar che non capiscono” hanno dichiarato alla stampa.
La continuità tra forme di reclusione/soggiorno amministrativo e le pratiche psichiatriche contro persone considerate socialmente pericolose, ma non perseguibili penalmente, ci descrive una forma di asservimento e ricatto più sottilmente pervasiva ed insidiosa di quella giudiziaria.
Ascolta la diretta dell’info di Blackout con Raffaella del collettivo antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni”.