Questa mattina tra Torino e la Val Susa è scattata una nuova operazione repressiva nei confronti di 23 No Tav. Due sono stati tradotti in carcere, a nove sono stati imposti gli arresti domiciliari, agli altri l’obbligo di firma.
Nel mirino della magistratura è finita la manifestazione No Tav dello scorso 28 giugno, quando un corteo partito da Exilles provò per due volte a spezzare i blocchi di accesso a via dell’Avanà. La prima volta scendendo verso i cancelli prima del ponte sulla Dora sulla statale 24, senza riuscire e buttare giù i jersey, ma guadagnando lacrimogeni a pioggia. Un secondo tentativo di forzare i blocchi, piazzati prima del ponte della Dora in fondo a via Roma ebbe miglior successo: i jersey vennero abbattuti, ma i carabinieri caricarono e nuovamente vi fu un impiego ancor più massiccio di lacrimogeni.
La campagna elettorale è finita. La neosindaca “No Tav” ha già dichiarato di “non poter far nulla per fermare l’opera”. Appendino, la cui elezione è stata salutata con malcelato entusiasmo in vasti settori di movimento, per il momento non ha neppure annunciato il ritiro dall’osservatorio sul Tav, oggi guidato da Foietta. Forse la sindaca pentastellata lo farà in un secondo tempo. Forse.
Si torna alla normalità.
Di seguito uno stralcio dal resoconto che uscì su Umanità Nova e su Anarres
“Il 28 giugno l’alta Val Susa era vestita con i colori dell’estate. Un lungo serpentone è sceso lungo la statale 24 e, senza esitare ha imboccato la provinciale vietata dirigendosi verso i jersey. Le famiglie con bambini, gli anziani, chi non se la sentiva si è fermato al bivio per la Ramat, ma i più sono scesi, chi in prima fila, chi un poco più in là. Quando i primi manifestanti si sono avvicinati, è partito un fitto lancio di lacrimogeni che hanno reso l’aria irrespirabile per un lungo tratto di strada.
Poi il corteo si è ricompattato ed ha guadagnato il centro di Chiomonte, dove ci siamo rifocillati prima di imboccare via Roma, la strada che dal paese scende verso la Dora. Anche via Roma era vietata, anche qui, dopo il ponte, c’erano i jersey. Una lunga battitura, poi i jersey sono venuti giù tra fuochi d’artificio e slogan: la polizia ha sparato grandi quantità di gas nel bosco per investire i manifestanti anche durante la ritirata. Nel frattempo un gruppetto di No Tav ha guadato la Dora ed ha beffato la polizia violando l’area recintata infilandosi tra le vigne.
Il camion con l’amplificazione è stato fermato e due occupanti trattenuti in questura e denunciati, altri due No Tav sarebbero stati denunciati per resistenza aggravata.
I quotidiani del lunedì si sono scatenati, creando ad arte scenari improbabili di Black Bloc che si sarebbero staccati dal corteo, di divisioni tra buoni e cattivi ed altre logore favole. Chi ha coperto il volto voleva solo difendersi da occhi e telecamere della polizia, non dal nostro sguardo solidale, perché la scelta di violare i divieti e abbattere gli ostacoli era stata fatta da tutti noi in assemblea.
Non abbiamo inceppato la macchina dell’occupazione militare che stringe in una morsa un cantiere lontano chilometri. La nostra è stata un’azione simbolica. Un gesto di orgoglio, la dimostrazione pratica, che non ci siamo arresi né spaventati.
Un vero No Tav Pride.”
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