Per sette giorni la Romania è stata attraversata da imponenti manifestazioni popolari. Ogni giorno una folla crescente, con i colori della bandiera nazionale, ha dato vita ad una protesta, che, per ampiezza, è stata paragonata con le lotte che provocarono la caduta del dittatore Nicolae Ceausescu.
I manifestanti hanno chiesto,ed ottenuto il ritiro di un decreto, che sebbene ufficialmente varato per contrastare il sovraffollamento carcerario, è stato considerato un regalo ai politici ed imprenditori accusati di corruzione. Tra loro anche politici molto vicini all’attuale coalizione di governo.
Nonostante il governo del socialdemocratico Sorin Grindeanu abbia ceduto, le proteste non sono cessate. Lunedì sera decine di migliaia di persone sono scese in piazza a Bucarest e in molte altre città per chiedere le dimissioni del governo e nuove elezioni anticipate. I manifestanti, appoggiati sin dalle prime ore dal presidente della repubblica, il conservatore di destra Klaus Iohannis, non si accontentano.
Il decreto revocato per la protesta popolare depenalizzava l’abuso d’ufficio e altri reati di corruzione. Anche lunedì c’è stata una manifestazione parallela di sostenitori del governo, radunatisi sotto il palazzo presidenziale.
In Romania la questione della corruzione è molto sentita: è tra i temi di tutte le campagne elettorali.
L’attuale compagine governativa, un’alleanza tra socialdemocratici e liberali, ha ottenuto una netta maggioranza alle elezioni politiche tenutesi lo scorso dicembre, tuttavia la gran parte dei rumeni non si sente rappresentata né dal governo né dall’opposizione. Alle elezioni di dicembre ha partecipato soltanto il 40% degli aventi diritto. La maggioranza ha disertato le urne, segno di una diffusa disaffezione alle dinamiche istituzionali.
In questo movimento sono confluite anche istanze ecologiche radicali, come il movimento che lotta contro le miniere d’oro a Rosa Montana. Queste istanze ambientaliste si mescolano a potenti tensioni di carattere nazionalista e protezionista.
Negli ultimi anni, anche grazie ai massicci investimenti di numerosi imprenditori italiani, il paese ha avuto una forte crescita, che tuttavia non ha prodotto maggiore benessere, tanto che l’emigrazione è ancora molto forte.
Forte anche la tensione verso le multinazionali insediatesi nel paese, per godere del basso costo del lavoro, considerate come corpi estranei in chiave nazionalista.
Ascolta la diretta dell’info di radio Blackout con Ionut, un compagno rumeno.
Qui puoi leggere in inglese l’analisi degli anarco-comunisti di Ravna
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