Alessandria 27 maggio. Un migliaio di attivisti hanno attraversato il centro cittadino contro le cave di Sezzadio e di Alessandria e contro i lavori per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità tra Alessandria e Tortona. Una linea costruita attraverso una zona ricca di amianto, con grave rischio per chi lavora e per chi vive lungo i tragitto e nei posti di conferimento dello smarino.
Folta la delegazione di cittadini e comitati della Valle Bormida, da anni in prima fila contro le nuove discariche. Discariche che la lobby del terzo valico vuole aperte in fretta perché quelle esistenti, pur lavorando a pieno regime, stanno scoppiando.
Le cave già aperte funzionano a pieno regime: nella cava “ Clara e buona” di Alessandria vengono scaricati da cento a duecento camion che viaggiano quotidianamente senza protezione.
Il Cociv e la Regione hanno fretta di approvare l’aggiornamento del Piano cave del Terzo valico per gli 11 milioni di metri cubi di roccia e terra scavate nell’Appennino.
Il piano prevede due cave in piccolo paese dell’acquese, Sezzadio. Oltre alla discarica di rifiuti industriali della Riccoboni già autorizzata dalla Provincia sulla falda acquifera, il consorzio vuole portare da 355 mila a 666 mila metri cubi di smarino nella cava di cascina Opera Pia 2.
Anche la cava di Voltaggio è arrivata al limite. 900 mila metri cubi di smarino finiranno nella cave di pianura intasando la provinciale 160 della Val Lemme con i camion, e di lì la Valle Scrivia tra Arquata e Vignole Borbera, dove sono attivi due cantieri del Terzo valico. Il Cociv intende trasportare il materiale di scavo a Cerano e Romentino nel novarese, ad Alessandria, Frugarolo, Bosco Marengo, Pozzolo, Novi.
Secondo l’Arpa il metodo utilizzato per valutare la presenza di amianto ha un margine d’errore del 98%.
La scelta della data, a dieci giorni dalle elezioni, non era delle più felici. Nel mirino di molti manifestanti era la sindaca a candidata alla rielezione al Comune di Alessandria Rita Rossa. Rossa, come presidente delle provincia ha presto accantonato ogni riserva su amianto e salute di fronte ad un piatto di 11 milioni di compensazioni.
Post disobbedienti e alcuni comitati hanno dato al corteo il sapore agre del referendum su Rossa. Per la lista pentastallata e per quella di sinistra è stata un’occasione di propaganda gratuita, che il movimento contro Tav-terzo valico e discariche avrebbe potuto e dovuto dribblare.
D’altra parte l’esperienza disastrosa della lista No Tav di Arquata, che lo scorso anno trascinò nella sua sconfitta anche i comitati di lotta, avrebbe dovuto suggerire una certa prudenza, anche a chi si fa sedurre dalle sirene istutuzionali.
Importante la presenza di uno spezzone rosso e nero, che ha portato in piazza le ragioni dell’autogestione e dell’azione diretta.
Il corteo, ampio e popolare, è stato un’occasione importante per il movimento di lotta. C’erano 30 trattori, moltissimi agricoltori. Dopo lo spezzone anarchico che era poco distante dalla testa del corteo, c’erano il sindacato di base e le associazioni ambientaliste, oltre ai comitati contro il terzo valico piemontesi e liguri e una delegazione di No Tav da Torino e Val Susa.
I comitati popolari hanno ribadito la volontà mettersi di mezzo, contro chi mette a repentaglio acqua, vita e salute, per realizzare una piattaforma logistica per la ditta Gavio. Un matrimonio di interesse tra la gomma e il ferro, tra il porto di Genova e i piazzali della logistica tortonese. Un’opera inutile e dannosa per chi vive nel basso Piemonte. Molti, lo hanno dimostrato il 27 maggio, non sono disposti a chinare la testa.