Lo zoo a Torino venne chiuso 30 anni fa. Torino fu tra le prime città a mettere la parola fine ad una terribile storia di reclusione e sofferenza.
Una storia che potrebbe ricominciare tra breve. La giunta a Cinque Stelle, che governa la città da un anno, ha confermato la scelta dell’amministrazione targata PD di trasformare l’area del parco Michelotti in un nuovo zoo. Uno zoo al passo con i tempi, dove accanto ad alcuni animali “esotici” avremo una “fattoria didattica”, il mulino bianco con animali vivi a recitare su un canovaccio da favoletta disney. La realtà degli allevamenti veri è molto diversa: sono luoghi di tortura e morte, per produrre carne, uova, pelle, piume, latte, salumi.
Il progetto della società Zoo(m) consentirà al comune di fare cassa. Il business è business. I soldi non puzzano. Poco importa che poco più di un anno fa Appendino avesse fatto grandi promesse pur di ottenere una manciata di voti in più.
Noi non abbiamo votato nessuno e non abbiamo nulla da recriminare.
Ci spiace tuttavia che tante persone si siano illuse che qualcosa in città sarebbe cambiato.
Oggi sappiamo che occorreva che tutto cambiasse perché tutto restasse come prima.
Nelle periferie ci sono ovunque divieti e posti di blocco. Le retate a caccia di immigrati senza documenti, per cacciare chi non ha casa né reddito sono diventate normali.
Nuove gabbie per uomini, donne e altri animali si moltiplicano. Il ministro dell’Interno Minniti ha dichiarato guerra ai poveri. Le leggi approvate dal parlamento prescrivono il moltiplicarsi delle prigioni per migranti senza documenti. I sindaci hanno ora il potere di vietare ai poveri di vivere in certe zone della città. In difesa del “decoro”. Quando la sicurezza coincide con il decoro crescono le zone rosse e i divieti.
Lungo le rive del Po c’è un’area cintata, chiusa con un lucchetto, dove vivono senza chiedere il permesso uomini, piante e animali.
Non basta dire no allo Zoo(m). Occorre riprendersi la libertà di decidere senza deleghe né padrini politici.
Occorre mettersi di mezzo, bloccare i lavori, occupare il parco e farne un luogo di resistenza. Non è facile? Senza dubbio!
La logica della pressione istituzionale è comunque perdente. Carte bollate e ricorsi respinti dimostrano che non si può giocare una partita con le carte truccate. Ormai dovrebbe essere evidente a tutti.
Al parco Michelotti e in tutta la città possiamo trasformare le zone rosse in luoghi liberi, battendo la logica del business e la città vetrina. La smart city, al centro di un reticolo comunicativo e di un’offerta di “svago” redditizio, mette a valore l’immagine, nascondendo la violenza delle relazioni sociali, dello sfruttamento umano e animale.
Noi crediamo che la liberazione animale e quella umana vadano di pari passo. La liberazione animale scissa da un percorso di lotta antifascista, antirazzista, antisessista non ci interessa.
Due anni fa eravamo nel campo rom di via Germagnano mentre fascisti con le fiaccole e certi animalisti sfilavano per chiedere lo sgombero e la distruzione delle baracche dove vivono uomini, donne e bambini.
Eravamo al campo rom di Lungo Stura Lazio quando si è consumata l’ultima fase dello sgombero e della demolizione delle casette di tanta povera gente. Dopo la polizia sono arrivati quelli del canile armati di gabbie per deportare i cani e i gatti che abitavano lì. Siamo orgogliosi di esserci messi di mezzo anche in quell’occasione.
Al Parco Michelotti abbiamo la possibilità di trasformare la finzione partecipativa in realtà.
Dipende solo da noi. Possiamo abbattere le recinzioni e decidere insieme come vivere e attraversare questo luogo nel rispetto di quello che c’è, offrendo a tutti la possibilità di aprire uno spazio veramente pubblico. Pubblico e non statale. Autogestito da chi è interessato ad averne cura.
Federazione Anarchica Torinese
Corso Palermo 46 – le riunioni, aperte agli interessati, sono ogni giovedì alle 21
(questo volantino è stato distribuito a Torino in queste settimane)