Ieri mattina tre esponenti della digos si sono presentati a casa di Francesca, un’attivista di Non Una di Meno di Torino, per una perquisizione domiciliare. Cercavano abiti e cellulare. Il provvedimento è stato firmato dal PM Antonio Rinaudo in seguito alla denuncia per diffamazione presentata da Massimo Raccuia.
Chi è Massimo Raccuia? I muri di Torino e i cartelli portati in piazza dalle femministe parlano chiaro. “Massimo Raccuia” è uno stupratore.
Facciamo un passo indietro. Torniamo al 15 febbraio di quest’anno.
Quel giorno al Tribunale di Torino, un collegio di tre giudici donne, presieduto da Diamante Minucci ha assolto con formula piena Massimo Raccuia, ex commissario della CRI, accusato di violenze e stupro. Nelle motivazioni della sentenza si evince che Laura, la donna che ha accusato il suo collega e superiore alla Croce Rossa, non avrebbe avuto una reazione adeguata alle circostanze. Laura si sarebbe limitata a dire “Basta!” “Basta!”. Non aveva urlato, non si era fatta pestare a sangue. Per il collegio giudicante se non urli, se non c’è il sangue, se ti limiti a dire no, a dire “basta” non c’è violenza, non c’è sopraffazione, non c’è umiliazione.
Non solo.
Le giudici hanno trasmesso gli atti alla Procura per avviare un procedimento per calunnia contro Laura. Quella sentenza è l’ennesima che trasforma la donna stuprata in imputata; ancora una volta i riflettori vengono puntati su chi subisce violenza, mettendone in dubbio la credibilità e scandagliandone la vita privata in ogni particolare..
Per Diamante Minucci e le altre due giudici del collegio, dire “Basta” non è sufficiente. Bisogna gridare, correre a farsi fare un test di gravidanza, farsi lacerare la carne e suon di botte.
Per Minucci e le altre due giudici del collegio il discrimine è il martirio. Se lo stupratore non lascia il segno, se la donna non grida aiuto, allora è chiaro che ci stava.
Raccuia è un dirigente, Laura una precaria, già vittima delle violenze durante l”infanzia. Una storia che somiglia a tante altre: in Italia una donna su tre ha subito molestie o stupri. I violenti giocano sulla paura, sul ricatto del lavoro, dei figli, sulla giusta reticenza delle donne a rivolgersi ai tribunali, dove le loro vite sono frugate ed indagate, dove la loro libertà è sempre sul banco degli accusati.
Stupratori e giudici ci vorrebbero spaventate e piegate, ma la nostra forza è nella solidarietà, nel mutuo appoggio.
Raccontare per le strade la storia di Laura serve a far si che la paura cambi di campo.
Il 1 aprile un corteo ha attraversato il centro cittadino per raccontare la storia di Laura e per esprimere la solidarietà e l’indignazione delle donne della rete “Non Una di Meno” di Torino.
Il 12 aprile alle 12 davanti ai palazzi di giustizia di decine di città ci sono stati presidi contro la violenza dei tribunali in sostegno a Laura.
Molto numeroso e rumoroso quello svoltosi a Torino, dove la Questura aveva provato a bloccare l’iniziativa, minacciando divieti e sanzioni.
In tante ci siamo ritrovate davanti al tribunale con cartelli, striscioni e slogan. Poi il presidio si è trasformato in un breve corteo che si è guadagnato il mercato, dove tanti si sono fermati ad ascoltare i brevi comizi.
Francesca è stata perquisita per la partecipazione a quel presidio.
Non Una di Meno di Torino ha emesso un immediato comunicato di solidarietà, che potete leggere qui
Ascolta la diretta dell’info di Radio Blackout con Francesca