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Ammazziamoli a casa loro

Il conte Gentiloni ha chiuso l’anno e il mandato con l’invio d’un contingente della Folgore in Africa.
Ai parà in Niger seguiranno specialisti del Genio, addestratori, esperti delle forze speciali.
Sulla carta una missione contro il terrorismo nel cuore del Sahel. Nei fatti porre le basi per la costruzione di campi di prigionia per migranti a sud della Libia.
“Aiutiamoli a casa loro”, lo slogan più gettonato degli ultimi anni è destinato a finire in soffitta. In febbraio il ministro Minniti ha stretto un accordo con al Sarraj, capo del debole governo della Tripolitania, per i respingimenti in mare.
In estate il governo ha obbligato buona parte delle ONG che soccorrevano la gente dei gommoni, ad andarsene dal Mediterraneo, accusandole di collaborare con gli scafisti.
In agosto ha pagato le milizie di Zawiya e Sabratha, che gestiscono il traffico dei migranti, affinché bloccassero le partenze. Tutti sanno che la Libia è un inferno per la gente in viaggio: sequestri, ricatti, torture, strupri per ottenere un riscatto dalla famiglie. Dai campi libici molti non escono vivi.
Gli esecutori di questi crimini sono a Tripoli o a Sabratha, i mandanti siedono nel parlamento italiano.
Quest’anno è previsto un maggiore impegno in Libia e l’inaugurazione di un nuovo fronte in Tunisia, dove passa il gasdotto che porta il gas algerino in Sicilia.
La missione in Niger è l’ultimo tassello di una strategia di spostamento a Sud ed esternalizzazione della repressione dell’immigrazione.
L’ipocrisia del governo maschera gli obiettivi, ma il nuovo target dei militari tricolori è chiaro: “Ammazziamoli a casa loro.”
Forse non tutti sanno che i soldi spesi per far morire la gente in viaggio, sono stati sottratti a pensioni e sanità. Così anche da noi i poveri muoiono prima. Usurati dal lavoro, senza soldi per la sanità privata, senza futuro per figli e nipoti.

Quanto ci costerà la campagna d’Africa dell’esercito italiano sino a settembre?
Libia: 400 soldati e 34.982.433 euro. Niger: 470 parà e 30 milioni di euro. Spazio aereo della NATO: 250 militari e 12 milioni e 586mila euro. Tunisia: 60 persone e quattro milioni e 900mila euro. Repubblica Centrafricana: 324.260 euro. Marocco: due soldati e 302.839 euro. Poi ci sono i costi per gli altri fronti di guerra: Afganistan (101 milioni), Iraq (162 milioni), Libano (102 milioni), Mare sicuro (63 milioni) e Sophia (31 milioni), Lettonia (15 milioni)…

Le guerre dell’Italia per decenni sono state coperte da giustificazioni umanitarie: oggi il mantra è la “lotta al terrorismo”, nel cui nome si giustificano le città distrutte, i corpi dilaniati, i bambini spauriti, i migranti che muoiono in viaggio. Occupazione militare, bombardamenti, torture e repressione non fermano la Jihad ma la alimentano.
Guerra esterna e guerra interna sono due facce delle stessa medaglia.
Le sostiene la stessa propaganda: le questioni sociali, coniugate in termini di ordine pubblico, sono il perno su cui fa leva la narrazione militarista.
In dicembre si è concluso alla Scuola di Fanteria dell’Esercito un corso per “istruttori controllo dalla folla”, dove ai militari è stato insegnato come fronteggiare e reprimere le insurrezioni popolari. Hanno imparato come gestire le rivolte nei paesi occupati. Siamo sicuri che verranno impiegati anche in Italia nei luoghi del conflitto sociale.
Già oggi gli stessi soldati delle guerre in Bosnia, Iraq, Afganistan, gli stessi delle torture e degli stupri in Somalia, sono nei CIE, nelle strade delle nostre città, sono in Val Susa, sono nel Mediterraneo e sulle frontiere fatte di nulla, che imprigionano e uccidono, uomini, donne e bambini.
Da anni le forze armate fanno propaganda per il reclutamento nelle scuole. Ora, grazie all’accordo con il MIUR, gli studenti potranno fare il loro periodo di alternanza scuola lavoro anche nella caserme, nei musei e nelle basi militari. Un’opportunità di lavoro in un settore che non conosce mai crisi.
E non conosce crisi l’industria bellica, che in Piemonte ha numerose, mortali, eccellenze.
Gli uomini, donne, bambini che premono alle frontiere chiuse dell’Europa nascondono una verità cruda ma banale. Le guerre sono combattute con armi costruite a due passi dalle nostre case.

É il momento di decidere da che parte stare. Un giorno non potremo fingere di non aver visto, di non aver saputo. Chi tace, chi volta lo sguardo è complice. Nessuno lo farà al nostro posto. Tocca a ciascuno di noi.

Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.

Sabato 13 gennaio
ore 10,30 / 14
Punto info antimilitarista al Balon
con vin brulè, cibo e the caldo
benefit assemblea antimilitarista

Assemblea Antimilitarista
antimilitarista.to@gmail.com

Posted in antimilitarismo, immigrazione, Inform/Azioni, internazionale, razzismo.

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