Sul corpo delle donne si giocano continue partite di “civiltà”. L’omicidio di Pamela Mastropietro, la sua vita trasformata in spettacolo pornografico horror è l’incipit. Le persone indagate per il delitto sono nigeriane, nere, forse pusher. Nei giorni successivi vengono arrestati in tre. Una buona occasione di propaganda elettorale per le destre.
Il 3 febbraio Traini, un leghista con il simbolo di Terza posizione tatuato sulla tempia, si lancia in una caccia all’uomo per le vie di Macerata, insegue sparando undici persone, tutte africane. Le testate italiane titolano: “Sparatoria Macerata, Traini: Volevo vendicare Pamela” (TgCom, cfr.)”; “Macerata, Traini in carcere per strage: Penso a Pamela” (Ansa, cfr.). Il bilancio è di sei feriti, di cui due gravi.
Un fascista spara su gente inerme, colpevole di avere la pelle scura. La tentata strage di Macerata non deflagra sui media. Non è mica l’Isis che brucia ogni altra notizia. La jihad, la guerra santa unisce, trasforma i diversi in eguali, ci “livella”. I terroristi dello Stato islamico sparano nel mucchio per spaventare tutti. Traini sceglie le sue vittime, spara in un mucchio di neri. Tutti colpevoli di esistere, di vivere in Italia, di non essere morti per strada. Tutti uguali. Uomini neri, il babau delle notti di inverno per i bambini pallidi d’Europa.
Sui media c’è chi giustifica e chi applaude.
Gli argomenti di Traini sono fatti propri da Salvini e dall’intera compagnia di giro che lo affianca nella campagna elettorale. Le sei persone ferite da Traini scompaiono, in primo piano solo il viso di Pamela Mastropietro e le foto di uno degli uomini arrestati.
A poche ore dalla tentata strage fascista il centro sociale Sisma di Macerata lancia una manifestazione nazionale antifascista e antirazzista per il 10 febbraio.
Anpi ARCI, Cgil aderiscono alla manifestazione.
Anche i fascisti annunciano iniziative di piazza.
Il sindaco di Macerata vuole annullare il corteo: PD, Anpi, Arci e Cgil seguono a ruota. Ma. Non tutte le ciambelle riescono con il buco. La determinazione degli antifascisti non istituzionali, la rivolta di tante sezioni Arci e Anpi ribalta la situazione.
Il corteo raccoglie oltre 20.000 persone.
Una risposta forte e chiara alle destre e ai fascisti e al governo.
In contemporanea cortei antifascisti attraversano tante città italiane. Un segnale importante, perché coglie l’urgenza dei tempi.
Tempi terribili. L’anestesia dei sentimenti, la loro declinazione secondo le logiche della paura e del ripiegamento identitario, generano normalissimi mostri.
Traini ha messo in scena una rappresentazione studiata lucidamente a tavolino: prima gli spari, il terrore, poi il tricolore in spalla, il braccio teso, il monumento ai caduti. Il ciarpame nazionalista ed identitario per una guerra che non è la “follia” di uno, ma il fascismo che torna. Ben oltre i gruppi che se ne dicono eredi ed appoggiano chi spara ai migranti. Il fascismo è già qui. Da lunghi anni. Decenni di guerre (post)coloniali, respingimenti in mare, leggi razziste, deportazioni, prigioni per migranti, esternalizzazione della violenza, militari in strada, confini blindati, criminalizzazione della solidarietà hanno lasciato il segno. Troppi guardano e tacciono.
Finite le ideologie, le politiche razziste le fanno i governi di centro destra e quelli di centro sinistra. Tanti, troppi, plaudono. Chi non si accontenta delle stragi per procura, dei morti nel deserto, dei torturati nei lager libici, vuole una più radicale pulizia etnica. Traini non è solo. E lo sa. Di fronte al terrorismo fascista si sono sprecati i distinguo, i “ma” i “però”.
I fascisti forniscono la cornice giusta per incanalare la paura, il desiderio di rivalsa verso immigrati e profughi. Ma il nostro oggi non è quello di un secolo fa.
I confini, le linee di demarcazione tra sommersi e salvati, ricalcano quelli coloniali, le patrie, i confini invalicabili, ma non mettono al sicuro nessuno. Chi ha le carte in regola, il passaporto europeo, la cittadinanza italiana, può andare dove vuole, ma non ha alcun porto sicuro dove approdare.
Per i padroni conta il colore dei soldi, non quello della pelle. I poveri, di qualsiasi colore, sono umanità in eccesso.
Per gli scarti non c’è posto.
Il fascismo storico fu una controrivoluzione preventiva attuata per bloccare le insorgenze sociali che avevano fatto tremare i padroni nel biennio rosso. Il fascismo disciplinò con la violenza operai e contadini del BelPaese. L’impero, ottenuto massacrando i civili con l’iprite e le bombe, creò un’illusione di grandezza per i proletari italiani, spinti verso le colonie.
Oggi la conquista dell’Africa la fanno eserciti di professionisti, seguiti da imprese con manodopera intercambiabile, che quando serve si spostano ovunque trovino condizioni migliori. L’industria è sempre più leggera, mobile, senza legami veri con un territorio. Persino la proprietà degli stabilimenti e delle macchine è diventata un peso: meglio il franchising, gli affitti veloci, niente magazzino. Così quando serve si chiude tutto in un batter d’occhio. Non ci sono più certezze, sia pure minime, per nessuno.
Le piccole patrie, il tricolore, il monumento ai caduti danno un ombrello identitario ad un’umanità spaventata e rancorosa. Ma ovunque piovono pietre.
Serve oggi una rivoluzione preventiva che fermi il fascismo, che inceppi la macchina che trita la vite della gente in viaggio.
Non è facile e neppure probabile, tuttavia è impossibile non avvertirne l’urgenza.
Ascolta la cronaca della manifestazione di Macerata per l’info di Blackout di Francesco e l’analisi di Stefano, dell’osservatorio antifascista friulano.