Egidio aveva 82 anni. É morto lo scorso 6 settembre. É stato trasportato in terapia intensiva quando ormai era allo stremo. Lo scorso 18 dicembre è stato rinchiuso in carcere nonostante l’età e il tumore ai polmoni.
In carcere le sue condizioni sono peggiorate in fretta. In infermeria c’era una sola bombola ad ossigeno: i pazienti dovevano dividersela.
Non sapremo mai se Egidio fosse al corrente di commettere un reato. Aiutare una persona ad entrare in Italia, per lui, emigrato in Argentina a 17 anni e operaio in giro per il mondo per decenni, doveva essere una cosa normale.
Egidio aveva alle spalle una vita di duro lavoro in giro per i deserti a saldare tubi per la Snam e per la Saipem. Rimasto senza casa viveva in una roulotte nel giardino di una casa occupata a Parma, legando benissimo con gli altri abitanti e con il vicinato, al quale offriva i prodotti dell’orto e del giardino che curava come fossero figli.
Aveva appena ottenuto una casa popolare quando è stato arrestato e condotto in carcere per una condanna divenuta definitiva senza che lui neppure sapesse del procedimento a suo carico. L’avvocato di ufficio non aveva fatto ricorso né aveva cercato di rintracciarlo. La parcella gliela pagava lo stato e tanto gli bastava.
Il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è considerato un reato grave, ostativo a misure alternative al carcere. Hanno rinchiuso e privato della pensione, un uomo colpevole di solidarietà.
Per lo stato che lo ha condannato una nullità, che si poteva sacrificare senza battere ciglio.
Purtroppo l’accoglimento della richiesta di domiciliari, ottenuta grazie ad un avvocat* di movimento è arrivata tardi.
La sua storia non resterà nell’oblio, che avvolge le vite degli anziani poveri, perché Egidio aveva compagni che lo hanno sostenuto e ne hanno narrato la storia.
L’info di Blackout ne ha parlato con Katia, attivista di Diritti in casa, attiva da molti anni nel movimento delle occupazioni a Parma.
Ascolta la sua testimonianza: