“Nuovamente imbrattato il totem della pace alla Pellerina”. Questo il titolo di Torino oggi, un quotidiano on line. Gli fanno eco La Stampa, Cronacaqui ed altre testate.
Sul monumento firmato dallo scultore Molinari è riapparsa la scritta “Nessuna pace per chi fa guerra” cancellata dal gruppo degli ecovolontari rivaltesi, che hanno rivendicato il loro intervento di decoro urbano appendendo al basamento del totem un grosso striscione di plastica con scritto “grazie a chi decide di non sporcare”.
Un altro striscione “L’antimilitarismo non si cancella! Siete complici della guerra” è invece apparso al recapito degli ecovolontari rivaltesi.
Silvio Magliano, capogruppo dei Moderati al comune di Torino, e Lorenzo Ciravegna, del comitato Torino BCPS, uno delle tante sigle ombra della destra subalpina, si sono affrettati a invocare l’installazione di telecamere, a tuonare contro i vandali, a solidarizzare con gli ecocensori a loro avviso “minacciati” dallo striscione. Un’esponente del gruppo ha peraltro dichiarato al quotidiano La Stampa “di non ritenere necessario” sporgere denuncia e di considerare lo striscione “una risposta” alla cancellazione delle scritte.
Sin qui la cronaca.
Questa piccola vicenda ci racconta molto del sapore agro dei tempi che siamo forzati a vivere.
Il Totem della Pace è stato innalzato in diverse altre città: la vela è immaginata come simbolo di unione tra le genti del Mediterraneo. Alle spalle una fondazione di anime belle, foraggiate con soldi pubblici, capeggiata dall’architetto Capasso. Negli altri totem la vela è rossa. A Torino la vela è tricolore. Infatti è stata realizzata in occasione del 150 anni dell’unità d’Italia. Una vela patriottica: roba per scolaresche in gita e degna della memoria mutilata del nostro paese. Nel 2011, quando venne inaugurata, era in corso una feroce guerra per il controllo della Libia, cui le le forze armate tricolori erano in prima fila. Per la tragica ironia del numeri, il 2011 era anche il centesimo anniversario della guerra tra il Regno d’Italia e l’impero Ottomano per il controllo della Libia.
Il tricolore sventola sul Mediterraneo, dove i pattugliatori italiani vanno a caccia di gente in fuga dalle guerre, dalla desertificazione, dalle terre depredate e saccheggiate dai colonialisti di ieri e di oggi.
Il tricolore è stato innalzato alla Maddalena di Chiomonte dopo lo sgombero della Libera Repubblica dei No Tav, nel luglio di quello stesso anno.
Il tricolore sventolava sui campi di concentramento italiani sull’isola di Rab, nei campi di sterminio in Libia, in testa alle truppe che bruciavano con il gas la popolazione etiope, sulla carlinga degli aerei Fiat che bombardavano la popolazione nel 1937 in Spagna, tra i militari della Folgore che torturavano e stupravano in Somalia…
Il tricolore sventola sui campi di battaglia e nelle prigioni. Il tricolore è il simbolo delle frontiere chiuse e delle missioni di guerra del Belpaese.
Il Totem della Pace parla la neolingua di Orwell, quando la pace è guerra e la guerra è pace.
La stessa neolingua usata nelle operazioni militari italiane travestite di interventi umanitari e di pace: dall’Iraq all’Afganistan, dalla Somalia al Libano.
La scritta “Nessuna pace per chi fa guerra” mette a nudo l’ipocrisia di chi innalza il tricolore sui cimiteri di guerra. Ed oggi il Mediterraneo è un enorme cimitero di guerra. La guerra ai migranti e ai profughi. Una guerra non dichiarata che negli ultimi anni ha fatto almeno 19.000 morti.
Chi cancella le scritte si allinea alla logica del decoro, con la quale in questi anni sono state giustificate decine di operazioni di restyling urbano, miranti a cacciare dalla città i poveri, i senza tetto.
Se si cancellassero tutti i monumenti militaristi, la nostra città sarebbe meno decorosa ma sicuramente più libera e più giusta.
Nessuna pace per chi fa guerra!