Martedì 11 giugno. Sin dalle prime ore dell’alba è partito l’attacco agli occupanti di piazza Takism. La polizia in un primo tempo aveva dichiarato di voler sgomberare la sola piazza, senza toccare il parco Gezi.
L’opposizione alla distruzione del parco e dei suoi seicento alberi è stata la scintilla della rivolta contro il governo che da due settimane scuote la Turchia.
La difesa degli alberi e l’opposizione alla costruzione dell’ennesima moschea e di un centro commerciale nel guscio di una caserma ottomana si è trasformata in un vasto movimento di opposizione alle politiche del governo.
Dopo ore di attacchi violentissimi alla piazza che resisteva la polizia ha cominciato a sparare lacrimogeni anche nel parco. I quattro presidi medici che vi erano stati installati sono stati obbligati a sgomberare. Numerose persone sono state ferite da candelotti sparati mirando ai corpi dei manifestanti.
I feriti sarebbero cento, di cui cinque versano in gravi condizioni.
Le notizie diffuse dai media e i comunicati dei compagni parlano di circa 120 arresti.
Tra gli arrestati anche cinquanta avvocati impegnati nella difesa dei manifestanti.
La repressione è durissima: da un comunicato diffuso dai compagni di Azione Anarchica Rivoluzionaria – Devrimci Anarşist Faaliyet – apprendiamo che la polizia ha sparato “lacrimogeni dentro la metropolitana, per impedire ad altri compagni di raggiungere la piazza”. Sono in corso perquisizioni nelle sedi dei partiti e delle organizzazioni di opposizione. Durante l’irruzione in quella del partito socialista la “polizia ha ammanettato e brutalmente picchiato i resistenti mentre li arrestava”.
Torture e stupri verso chi cade nelle mani della polizia sono molto frequenti in Turchia. Lo denunciano attivisti dei diritti umani e prigionieri usciti dalle caserme e dalle carceri.
Il capo del governo Erdogan, dopo alcuni giorni di calma tesa, ha deciso di sferrare l’attacco alla piazza simbolo di una rivolta che sta divampando nei maggiori centri del paese.
Sin da ieri Erdogan, in diversi discorsi incendiari davanti ai militanti del suo partito, l’Akp, ha di nuovo denunciato complotti, accusato “lobby finanziarie” di speculare destabilizzando il paese, descrivendo come «vandali» e «terroristi» le centinaia di migliaia di giovani che lo contestano.
In Turchia le libertà formali sono sancite da tutte le costituzioni di epoca repubblicana sin dal 1924, tuttavia possono essere sospese in nome della lotta al “terrorismo”. L’utilizzo della categoria “terrorismo” è molto esteso ed investe ogni forma di dissenso. Oltre ottanta giornalisti sono in galera per aver dato voce all’opposizione al governo islamico.
Ieri Edogan aveva dichiarato che la pazienza del governo «ha dei limiti» e che presto «parlerà il solo linguaggio che capiscono».
Alle parole sono seguiti i fatti.
Oggi Erdogan ha detto di voler riprendere con la forza il controllo di una situazione che gli sta(va) sfuggendo di mano.
Secondo un sondaggio diffuso nei giorni scorsi se si votasse oggi Erdogan sarebbe ben lontano dal plebiscito con il quale è stato rieletto nel 2011.
Il quadro turco è molto complesso, poiché assomma la protesta contro il restringimento le libertà civili, specie quelle femminili, e la resistenza alle politiche di gentrification che stanno modificando profondamente le città turche, dove la rapida crescita degli ultimi anni ha alimentato una vasta bolla immobiliare.
Per la prima volta il sapiente miscuglio di tradizione e sviluppo tipico dell’era Erdogan viene spezzato, portando in piazza sia la vecchia guardia kemalista, sia componenti islamiche dissidenti, che socialisti ed anarchici. La partita è aperta.
Aggiornamento delle 18. Migliaia di persone stanno convergendo su piazza Taksim. Anche ad Ankara il centro cittadino si sta riempiendo di manifestanti.
Mercoledì 12 giugno. Dopo il violento sgombero di ieri, in serata piazza Taksim si è riempita di decine di migliaia di manifestanti che si sono scontrati con la polizia per tutta la notte. Centinaia di agenti anti-sommossa con mezzi blindati, cannoni ad acqua e gas lacrimogeni, hanno combattuto per otto ore contro le decine di migliaia di manifestanti tornati sulla piazza simbolo della rivolta di queste settimane.
Duri scontri nella notte anche ad Ankara.
Ascolta la diretta realizzata da radio Blackout con Stefano, un compagno che analizza le dinamiche della rivolta contro il governo di Erdogan.
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