Venerdì 18 ottobre punto info ore 17 in via Po 16
In questo paese ci sono case vuote e gente in strada, c’è chi lavora troppo per molto poco e chi non lavora affatto. Truppe tricolori uccidono e occupano l’Afganistan mentre qui chiudono gli ospedali.
I soldi per la guerra e le grandi opere inutili ci sono sempre, mancano invece per le mense dei nostri bambini, la salute, la scuola, i trasporti locali.
Il governo sta preparando una nuova manovra di lacrime e sangue. Le nostre lacrime, il nostro sangue.
La crisi morde sempre più forte, specie nelle periferie, dove solo le pratiche di autogestione, riappropriazione e solidarietà pongono un argine alla guerra contro i poveri che i governi di centro sinistra e quelli di centro destra hanno promosso negli ultimi vent’anni.
L’esecutivo guidato da Enrico Letta è stato l’ultima tappa di un lungo processo di ridefinizione dei partiti istituzionali intorno a blocchi di interessi, che, alla bisogna, possono trovare spazio per una convergenza.
L’affermarsi di una democrazia autoritaria è il necessario corollario a politiche di demolizione di ogni forma di tutela sociale, all’origine della situazione odierna delle classi oppresse. Se i meccanismi violenti della governance mondiale impongono di radere al suolo ogni copertura economica e normativa per chi lavora, la parola passa al manganello, alla polizia, alla magistratura. Se la guerra è l’orizzonte normale per le truppe dei mercenari tricolori presenti in armi in Afganistan come in Val Susa, la repressione verso chi si ribella non può che incrudirsi.
Le esperienze più interessanti di questi anni sono quelle che hanno saputo coniugare autogestione e conflitto, individuando nell’esodo conflittuale un modo per costruire lottando e lottare costruendo. In una tensione che non si allenta, ogni TAZ, ogni zona liberata, è una base per incursioni all’esterno. Parimenti ogni momento di conflitto riesce ad oltrepassare la mera dimensione resistenziale quando si innesta in pratiche di riappropriazione diretta di spazi politici e sociali.
La crisi della politica di Palazzo ci offre una possibilità inedita di sperimentazione sociale su vasta scala di un autogoverno territoriale che si emancipi dai percorsi istituzionali.
Ogni giovedì dalle 21, in corso Palermo 46, riunione – aperta agli interessati – della Federazione Anarchica Torinese
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Il gioco dell’economia. Chi vince e chi perde al di là della retorica sulla crisi
Il termine crisi è stato tanto usato da apparire logoro. Un mero rumore di sottofondo che accompagna qualsiasi discorso politico. Un rumore che si manifesta ogni volta che il governo attua tagli ai servizi e alle assunzioni, aiuti alle aziende, aumenti delle imposte.
È il rumore che ha accompagnato tutti i discorsi sulla flessibilità pretesa ed imposta ai lavoratori, la riduzione delle tutele, il taglio delle pensioni, la precarietà permanente, la disoccupazione cronica, la retorica dei giovani e la retorica dei vecchi, tutte orientate a ingannare gli uni e gli altri, facendoli sentire in colpa tutti.
Peccato che negli anni della “crisi”, tra il 2008 ed oggi i super ricchi, i Paperoni, sono cresciuti.
L’economia è un gioco a somma zero: se qualcuno perde, qualcun altro guadagna. In questi anni vissuti male, con la fatica di arrivare a fine mese, giocata sul risparmio su tutto, compreso l’essenziale, qualcuno, già ricco, lo è diventato di più.
Capirne di più, per smontare il discorso della crisi, è sempre più importante.
Ne parliamo venerdì 25 ottobre alle ore 21 in corso Palermo 46.
Interverrà Francesco Carlizza.
Federazione Anarchica Torinese
fai_to@inrete.it