Volevano il bis, ma questa volta la canzone era decisamente bassa e stonata. Il comitato “Riprendiamoci il quartiere” aveva annunciato per sabato 28 novembre l’intenzione di tornare a percorrere le strade di Mirafiori per cacciare i rom che ci abitano. Quindici giorni fa erano circa duecento, armati di fiaccole e striscioni. Il risultato di far scappare i rom l’avevano già ottenuto: la polizia aveva spinto ad andare via i 50 profughi di guerra della Bosnia, che da 20 anni vivono in roulotte parcheggiate in via Artom. E loro, abituati a muovere per il quartiere le loro roulotte, ancora una volta si sono spostati.
Provate ad immaginare.
Provate ad immaginare se ci riuscite.
Un giorno bussa alla porta di casa vostra un gruppo di uomini armati, grandi e grossi e vestiti con abiti che li qualificano come poliziotti. Questi signori e signore avrebbero, così dicono, il compito ed il dovere di difendere i più deboli da soprusi e prepotenze.
Provate ad immaginare.
Provate ad immaginare che questi uomini armati vi informino che i fascisti vogliono cacciarvi dalla vostra casa. Provate ad immaginare che vi dicano perentoriamente di andare via.
Impossibile? Per voi forse si, per le famiglie rom di via Artom invece non è che l’ultimo atto di una lunga serie di soprusi.
Niente documenti, apolidi senza né diritti né tutele, fanno fatica a mandare a scuola i bambini. Non hanno un gabinetto e si arrangiano.
Vita grama ai margini di un parco triste. C’è un circolo Arci intitolato ad un operaio ed alpinista genovese sparato dalle BR perché aveva denunciato alla polizia alcuni operai come lui. Una storia che, ci accorgiamo, nessuno sa più: i decenni passano e le passioni di allora trascolorano nella memoria senza lasciare traccia.
Più in là, oltre la rotonda, c’è la “Casa nel Parco”, una specie di bar ristorante made in PD.
Qui, quando scende il buio i parcheggi restano vuoti e non c’è nessuno. Da due settimane non ci sono più nemmeno le roulotte degli ultimi, i rom senza documenti né identità sancita dalla marca da bollo. Nella narrazione stupidamente romantica i rom e i sinti sono considerati liberi: peccato che senza le carte siano privi del lasciapassare per una vita come tutti.
“La carta è solo carta: la carta brucerà”. Un bello slogan, che sarebbe emozionante si trasformasse in pratica di sottrazione dalle regole, dal controllo, dall’incasellamento. Tocca a noi far sì che accada.
Torniamo a sabato.
Il comitato “Riprendiamoci il quartiere”, di fatto un avatar di Forza Nuova, è capitanato da due signore che hanno fatto appello ai comitati di altri quartieri.
I numeri sono impietosi: al culmine della giornata non superano i 40. Il raduno viene spostato lontano da via Vigliani dove i mercatari sono contro tutti perché temono per gli affari del sabato pomeriggio. I fascisti resteranno isolati in un angolo di via Artom, difesi da centinaia di uomini in armi, gli stessi che avevano “invitato” alcune famiglie con bambini ad andare via.
Gli antifascisti sono alcune centinaia. Fronteggiano a lungo la polizia, poi, mentre un gruppo presidia via Artom, gli altri attraversano in corteo quest’angolo di quartiere.
Raccontano della Mirafiori antifascista del 1943, degli scioperi contro il fascismo, degli operai uccisi e di quelli deportati. Raccontano dei tempi dell’immigrazione dal sud, del mondo che cambiava, della diffidenza verso i “terroni” che si stempererà nel fuoco delle lotte di fabbrica e di quartiere. A tratti emerge, sia pure con una certa “timidezza”, il tema della crociata fascista, la voglia di pogrom di quelli di Forza Nuova.
Uno striscione ricorda a chi guarda, alla gente che si affaccia alle finestre che “i rom sono torinesi come noi”. Una verità banale, ma potente. Un grimaldello contro il razzismo.
Serve un gran lavoro per scardinare tutte le porte – reali e simboliche – che rendono possibile il perdurare dello stigma potente che marchia a fuoco uomini, donne e bambini.
Come facevano i nazisti nei campi di sterminio, dove, tra stenti, torture e camere a gas, ne morirono 500.000. Storie dell’altro secolo? No storie di questo secolo. Non in Germania ma qui, a pochi passi dalle nostre case. Una consigliera comunale di Motta Visconti ha già messo a disposizione il forno della sua locanda.
Il secondo round a Mirafiori è stato tutto per gli antifascisti. Resta l’impegno per un’offensiva politica e culturale che riesca a scalfire il muro di odio, indifferenza, disprezzo verso chi ha pochissimo e rischia di perdere tutto.