Lo scorso maggio il Consiglio dei ministri degli Esteri e della Difesa dell’UE, ha approvato l’Agenda europea sulla Migrazione e Eunavfor Med, l’operazione di polizia che si propone di neutralizzare l’attività degli scafisti attivi nel Mediterraneo centro-meridionale.
In questi giorni la prima parte della missione è divenuta operativa, ma la questione, centrale per mesi nell’agenda dei principali media, oggi è uscita di scena.
Eppure Eunavfor Med è un’operazione militare. Un’operazione rischiosa in uno scenario sempre più difficile. E’ della scorsa settimana fa la decisione del governo Essebsi di proclamate lo stato di emergenza in Tunisia. Agli ormai consueti allarmi sui terroristi imbarcati sulle carrette dei profughi, fa sponda l’Isis che invita gli jihadisti ad imbarcarsi per l’Europa, per fare la guerra santa. I proclami dell’Isis non potranno che rinforzare i propositi di chi vuole rinforzare le mura della fortezza Europa, contribuendo ad alimentare la xenofobia.
Eunavfor Med mira a distruggere il modello di business messo a punto delle reti di scafisti e trafficanti di esseri umani identificando, catturando e distruggendo le imbarcazioni e le risorse da essi utilizzati. La missione si dovrebbe articolare in di tre fasi. La prima fase prevede l’identificazione e il monitoraggio dei network degli scafisti attraverso la raccolta e lo scambio di informazioni di intelligence e un’attività di pattugliamento rafforzata in acque internazionali. La seconda e la terza includono l’individuazione, la cattura e la distruzione delle risorse dei trafficanti rispettivamente in acque internazionali e libiche, senza escludere azioni sulla costa. Benché la decisione adottata il 18 maggio scorso dal Consiglio dei ministri degli esteri e della difesa abbia approvato la base legale dell’operazione che comprende tutte e tre queste fasi, Eunavfor Med non potrà essere attuata nelle fasi successive alla prima se non riceverà il mandato delle Nazioni Unite. E’ infatti necessario che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approvi una risoluzione in base al capitolo 7 dello Statuto delle Nazioni Unite, in cui si prevede l’uso della forza “per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”. La poswsibilità di un accordo resta tuttavia remota, visto il niet russo e la natura utopica di un governo di unità nazionale in Libia.
In assenza del mandato ONU, non potendo cioè agire nei porti e nelle acque libiche, lunedì 22 giugno, all’unanimità e sotto la guida dell’alto rappresentante UE Mogherini, i ministri degli esteri hanno potuto soltanto approvare la prima fase della missione.
L’operazione, che ha il suo quartier generale a Roma, comprende circa mille uomini, cinque navi da guerra, due sottomarini, tre aerei da pattugliamento marittimo, tre elicotteri, e due droni. I costi ammonterebbero a circa 14 milioni di euro. E’ prevista una collaborazione con la Nato – che porta avanti nel Mediterraneo la sua missione militare antiterrorismo Active Endeavour, lanciata nel 2001 – e diverse agenzie delle Nazioni Unite, oltre all’agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne Frontex. Le modalità del coinvolgimento dell’Unione africana e di diversi Paesi arabi devono essere ancora precisate.
Eunavfor Med si inscrive oggi all’interno del piano quinquennale della nuova Agenda europea contro le organizzazioni che facilitano l’ingresso di senza documenti nel territorio dell’Unione e lungo tutte le rotte migratorie. Per monitorare i gruppi criminali organizzati che agiscono nel Mediterraneo, si attribuisce un ruolo chiave all’operazione JOT MARE, un team d’intelligence formato da agenti dell’Europol, l’ufficio di polizia europeo, ed esperti distaccati degli Stati membri.
Questa operazione è stata presentata come l’arma principale dell’Europa contro una nuova tratta degli schiavi ed è stata messa a punto utilizzando come modello la missione Atalanta con cui, dal 2008, l’Unione Europea combatte la pirateria nel Corno d’Africa. Il paragone è tuttavia debole. Sebbene prezzo del servizio che sono costretti a pagare sia spropositato, i migranti/rifugiati non sono gli schiavi degli scafisti ma piuttosto i loro clienti. In presenza di canali legali per raggiungere un posto sicuro in cui vivere o cercare opportunità di lavoro e vita migliori, la domanda per i servizi offerti dagli scafisti verrebbe meno e con essa le reti del crimine organizzato. Sono i divieti e i blocchi degli Stati a creare il business criminale. Se ci fosse la libera circolazione non ci sarebbe chi lucra sulla clandestinità né morti in mare.
La missione Atalanta ha ottenuto il mandato delle Nazioni Unite anche perché il governo provvisorio della Somalia allora al potere diede il suo appoggio alla missione. Sembra però molto improbabile che, anche nel caso in cui si formasse in Libia un governo di unità nazionale, questo darebbe il suo consenso ad Eunavfor med. Le autorità libiche sanno che si tratta di un’operazione militare che, come si legge nei protocolli riservati dell’Unione Europea recentemente pubblicati da WikiLeaks, potrebbe richiedere un impegno bellico di terra. Diversamente dalla guerra ai pirati, inoltre, Eunavfor Med dovrà misurarsi con il non banale problema di distruggere le imbarcazioni degli scafisti evitando che questi ultimi utilizzino i migranti come scudi umani.
Nulla è stato però detto per chiarire come questo sarà possibile. L’Europa preferisce imbarcarsi in una missione militare costosa e dagli “effetti collaterali” potenzialmente devastanti piuttosto che aprire le frontiere.
D’altro canto sono decenni che le fortune politiche dei partiti politici europei si giocano sul fronte dell’immigrazione.
Di questo e di tanto altro, dalla crisi greca alle politiche del governo Renzi sull’immigrazione, l’info di Blackout ha parlato con Alessandro Dal Lago, studioso delle politiche di gestione delle migrazioni.