Lunedì 23 gennaio
punto info sulle politiche di esclusione e sfruttamento di immigrati e profughi
ore 17
via Po 16
Le scelte del governo nell’ultimo anno sono state un mix di criminalità e cialtroneria.
È stato un anno di “emergenze” costruite per poter meglio modellare un dispositivo securitario, che punta sul disciplinamento del lavoro migrante, come grimaldello per eliminare ogni tutela per tutti i lavoratori, immigrati o “indigeni”.
Dal primo febbraio, in base al pacchetto sicurezza voluto da Maroni nel 2009, tutti coloro che fanno richiesta del permesso dovranno versare allo Stato una “tassa di soggiorno”.
Lo Stato ne userà metà per espellere i “senza carte”. Un meccanismo razzista che è degno suggello della politica del ministro leghista, che ha lavorato per aumentare gli ostacoli in quella corsa con handicap che è la vita degli immigrati poveri nel nostro paese.
L’altra metà di questa estorsione legale andrà al Viminale per finanziare l’apparato repressivo e per finanziare gli sportelli unici. Nel caso qualcuno non l’avesse ancora capito gli immigrati per lo Stato italiano sono in primo luogo una questione di ordine pubblico. E tali devono rimanere, altrimenti chi lucra sulla vita dei lavoratori non potrebbe profittare di chi, per legge, è uno schiavo. Uno schiavo che paga le tasse, non ha diritti e deve pagare per mantenere ben oliata la macchina delle espulsioni.
La “direttiva rimpatri” dell’Unione Europea è stata interpretata nel senso più restrittivo possibile: smontata in gran parte la procedura del “rimpatrio volontario”, che impedirebbe l’automatica reclusione nei CIE, il governo si è invece subito adeguato a quanto prescrive la normativa sulla durata massima della reclusione nei Centri, ormai estesa a un anno e mezzo.
Il 21 gennaio Monti è andato in Libia per discutere, di soldi, ENI, petrolio ed immigrati. In ballo è la ripresa della cooperazione nel respingimento in mare di profughi e migranti. Con il governo Gheddafi – prima che l’Italia entrasse guerra – le cose andavano a gonfie vele per i razzisti: respingimenti di massa, detenzione nelle galere libiche, netta riduzione degli sbarchi in Sicilia. Tripoli faceva il lavoro sporco, Roma pagava. Chi fuggiva da guerre e persecuzioni trovava galere, torture, stupri e ricatti. Il ministro della difesa Di Paola ha sottoscritto una lettera di intenti con il collega libico Osama al-Juwali per addestrare 300 poliziotti libici in Italia e per il controllo elettronico delle frontiere. La prossima volta andrà in Libia il ministro dell’interno Cancellieri per fissare il nuovo accordo sui flussi migratori. Tutto cambia perché tutto resti uguale.
La Lega Nord scalpita per cacciare via le 22.000 persone sbarcate nel nostro paese per fuggire la guerra in Libia cercando un’opportunità di vita in Europa.
Profughi e richiedenti asilo sono stati affidati alla Protezione Civile, per gestire quella che Berlusconi ha chiamato “emergenza Nord Africa”. La protezione civile anche in questa occasione si è esibita nel solito show. La gente che nel nostro paese ha subito alluvioni, terremoti, frane sa bene che il peggio è venuto dopo. Militarizzazione del territorio, clientelismo, mostruose spese per l’apparato, nulla per chi si trova senza casa e senza lavoro.
I profughi provenienti dalla Libia sono stati dimenticati in migliaia di piccoli centri di accoglienza sparsi per il nostro paese. La protezione civile fa affari, “l’emergenza” diventa una triste normalità.
Tanto “normale” che tanti non se ne accorgono nemmeno, nonostante in ballo ci siano le vite di migliaia di persone.
“Normali” sono diventati anche i CIE, vere galere che lo Stato italiano riserva a quelli che non servono più. Sono posti dove finisci per quello che sei, non per quello che fai. Come nei lager nazisti. Nei CIE rinchiudono chi ha perso il lavoro e, quindi, anche le carte, oppure chi un lavoro a posto con i libretti non l’ha mai avuto e quindi nemmeno le carte in regola.
Chi gestisce un CIE, come la Croce Rossa a Torino, è complice di una macchina fatta per rinchiudere ed eliminare braccia in eccesso, per disciplinare con la sua stessa esistenza le vite di tutti gli altri.
Nella Germania nazista si chiamavano kapò, nell’Italia democratica sono “operatori umanitari”. Per gli operatori umanitari della Croce Rossa la gestione del CIE è un lucroso affare.
Viviamo tempi di guerra. La guerra contro i poveri e gli immigrati, la guerra contro chiunque si opponga alla barbarie.
Ci vogliono nemici dei lavoratori immigrati, per farci dimenticare che il nemico, quello vero, sfrutta e comanda le nostre vite, siede nei consigli di amministrazione delle aziende, sui banchi del governo.
Il filo spinato e le mura dei CIE sono il simbolo concreto della frontiera d’odio che attraversa la nostra società. Una delle tante frontiere da abbattere.
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