Sabato 7 maggio si svolgerà a Torino una manifestazione antifascista in solidarietà con Andrea ferito gravemente da un gruppo di naziskin domenica scorsa.
Ore 9 piazza S. Rita
Di seguito il volantino della Federazione Anarchica Torinese.
Fascisti a Torino
Coltelli, manganelli e tricolori
Andrea, un ragazzo di 27 anni sale in metropolitana. E’ la tarda serata di sabato 31 maggio. Sei giovanissimi naziskin lo circondano, lo insultano e infine lo lasciano a terra in un lago di sangue. Ha il polmone perforato: per tutto il giorno successivo la prognosi rimane riservata. Supera il momento critico: se la caverà con una lunga degenza all’ospedale.
Solo la fortuna ha impedito che questa volta ci scappasse il morto.
I naziskin che hanno tentato di uccidere Andrea sono noti da diverso tempo per minacce, insulti, intimidazioni, aggressioni. Sono gli eredi di una cultura di morte, sopraffazione, gerarchia, sono i figli rabbiosi delle periferie dove è sempre più difficile arrivare a fine mese, sempre più difficile pensare un futuro. La chiusura identitaria, la rinascita di un nazionalismo feroce, portano ad identificare il nemico nell’immigrato povero, nell’omosessuale, nell’anarchico, nell’occupante di case. Chiunque ecceda la misura di un ordine immaginario diventa nemico. Nemico da colpire, ferire, uccidere.
A Torino, in tanti quartieri, vivere è più difficile che in passato: non è solo questione dei soldi che mancano, del fitto da pagare e delle bollette che scadono. Il lavoro non c’è: quando c’é è sempre più nero, pericoloso, precario.
C’è un disagio diffuso che non sa più farsi percorso di lotta, c’é latente la rabbia verso i tanti immigrati africani, magrebini, cinesi, rumeni, peruviani che vivono la città e l’hanno cambiata. Si fatica a riconoscere in chi è arrivato da lontano e parla un’altra lingua, il compagno di una lotta che è sempre la stessa, perché sempre uguali sono i padroni, perché sempre uguale è lo sfruttamento, sempre uguale l’oppressione.
Anche chi fino a ieri aveva conosciuto un certo benessere, si trova senza tutele, nell’incertezza del domani: lo spettro della povertà allarga le proprie ali anche lontano dalle periferie, dove campare la vita non è mai stato facile.
Da anni comitati spontanei animati da leghisti e fascisti soffiano sul fuoco, chiedono più polizia, alimentando l’illusione che, con più repressione, controlli, militari nelle strade, la vita possa migliorare.
Questo è il terreno nel quale crescono e si alimentano i fascisti di ogni colore, questo è il terreno dove, finita l’illusione grillina, è nata la rivolta “forcona”, tra garrire di tricolori e il sogno di un governo militare che garantisca la pulizia da una classe politica corrotta.
I fascisti che usano i coltelli non sono che la punta di un iceberg. Nella parte più solida del blocco di ghiaccio troviamo le tante formazioni della destra istituzionale, che in questi anni hanno contribuito ad alimentare la rinascita del nazionalismo, approvando leggi feroci contro immigrati, profughi, oppositori sociali. Sono gli stessi che hanno ridato fiato al militarismo, alla logica securitaria, alla militarizzazione delle frontiere e dei territori.
I naziskin con il coltello possono essere affrontati solo parlando l’unica lingua che sanno capire, senza tuttavia indulgere nella tentazione estetizzante di mimarne il machismo, l’esaltazione della forza, il gusto per la violenza, che deve restare una dura sgradevole necessità.
Il fascismo che cresce nei quartieri si alimenta nella paura, trova espressione nelle leggi liberticide, può tuttavia essere soffocato nella concretezza delle lotte. Le lotte per la casa, contro lo sfruttamento, la precarietà, il lavoro che uccide. Nella consapevolezza che i padroni e i governanti non guardano al colore della pelle ma a quello dei soldi.
Nella consapevolezza che l’altra faccia dei fascisti con il coltello sono i poliziotti con il manganello, i giudici che chiudono in galera, espellono, bandiscono chi lotta. La repressione colpisce chi costruisce percorsi di libertà, mutuo appoggio, uguaglianza.
Parole vuote nella retorica della democrazia, pietre pesanti di un tempo altro nella pratica dei libertari di ogni dove.