Venerdì 13 dicembre
Contro la (sacra) famiglia!
ore 16 piazza San Carlo
Presidio anarcofemminista
organizza Wild C.A.T.
Contro la (sacra) famiglia. Liber*
Piazza San Carlo, il salotto buono di Torino, come ogni anno è attraversata da una folla densa, intenta al passeggio che intervalla gli acquisti. Manca pochissimo a Natale. In piazza da un lato c’è l’albero luminescente, dall’altro il “Calendario dell’Avvento” di Luzzati, una sorta di presepe. Tutto pagato dal comune e dalle solite banche sponsor.
L’assessora regionale all’istruzione, Elena Chiorino, ha chiesto ai dirigenti scolastici di fare presepi e recite natalizie per “tutelare e mantenere vive l’identità culturale e le tradizioni”.
Quali tradizioni vogliono preservare e difendere Regione e il Comune?
Cosa si cela dietro alla rappresentazione della natività di Cristo in scuole, negozi, edifici pubblici?
La “sacra” famiglia come fondamento etico dell’ordine sociale e politico.
Il matrimonio è stato a lungo un legame sancito dallo Stato e dalla Chiesa che fissava la diseguaglianza e l’asservimento delle donne, sottomesse al marito alla cui tutela venivano affidate. Eterne minorenni, e per sempre inadeguate ed incapaci, passavano dalla potestà paterna a quella maritale.
Maria, vergine e madre, incubatrice asessuata della volontà di dio padre e padrone, nutrice del figlio ma priva di una propria volontà, è l’emblema della negazione di ogni autonomia femminile, la santificazione della servitù.
Le lotte che hanno segnato le tante vie della libertà femminile hanno in buona parte cancellato quella servitù, ma non sono riuscite ad intaccare il nucleo sociale ed etico su cui si fondano: la famiglia.
La famiglia è la fortezza intorno alla quale si pretende di ri-fondare un ordine politico e sociale gerarchico ed escludente.
A sinistra come a destra il dibattito non è sulla famiglia ma solo su “quale” famiglia. Chi la vorrebbe estesa alle coppie omosessuali, chi la vuole modellata sulla “sacra” famiglia.
Lo Stato, non per caso, nega diritti e tutele alle persone che scelgono di non sposarsi, di non piegarsi alla legalizzazione dei sentimenti, delle passioni, della tenerezza, di rifiutare l’imposizione di un modello rigido di relazione, costruita sulla coppia e sui loro figli. Una relazione che, in quanto tale, diviene socialmente riconoscibile.
Oggi una destra sempre più aggressiva e smaccatamente clerico-fascista prova a ri-modellare le nostre vite cercando di impedire la libera scelta di avere o non avere figli, imponendo una restaurazione culturale, che mira a colpire le donne e tutti i soggetti non piegati alla norma eteropatriarcale.
La propaganda leghista e fascista sostiene un mondo di mamme e di papà, di italianissime famiglie armate di presepi che rappresentano un mondo pastorale con statuette di plastica, montagne di carta e laghi di stagnola. La vita vera è fatta di gente che non arriva a fine mese, di persone private dei documenti e gettate in strada, di uomini donne e bambini sgomberati e denunciati.
La (sacra) famiglia di preti e governanti mira a costringere le donne ad adeguarsi ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.
Ma non hanno fatto i conti con le tante donne, che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro da preti e fascisti. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.
Percorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.
La nuova presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, ha dichiarato di rappresentare tutte le donne. Un’esponente del cattolicesimo più oltranzista, antiabortista e nemica di ogni identità non conforme, non ci rappresenta, perché non ci interessa il potere in “rosa”, perché la nostra libertà si costituisce nella negazione di ogni gerarchia.
La libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.
Se la normalizzazione delle nostre identità erranti è il prezzo per accedere ad alcuni diritti che si ottengono solo con il matrimonio, un legame sancito e regolato da Stato e Chiesa, allora questo prezzo non siamo dispost* a pagarlo.
Vogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.
Il percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.
Una scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.
Wild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torino
Riunioni ogni giovedì alle 18 presso la FAT in corso Palermo 46