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Tobia al decimo giorno di sciopero della fame

Lunedì 12 marzo 2012. Tobia Imperato è in sciopero della fame da ormai 10 giorni. Arrestato il 26 gennaio per aver partecipato alla resistenza allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena, dopo un paio di settimane di carcere, prima a Torino, poi, per punizione, a Cuneo, si trova ai domiciliari. Il giudice gli ha imposto di non comunicare con l’esterno in nessun modo: niente telefonate, niente visite, niente lettere, niente mail. Non gli hanno concesso di uscire per andare a lavorare e, solo dopo ripetute richieste, ha potuto vedere sua madre, sua sorella e la nipotina di cinque anni.
Imposizioni odiose che rendono i suoi domiciliari quasi peggiori del carcere, dove poteva scrivere e ricevere visite.
Se decidesse di disobbedire, magari scrivendo una lettera, sarebbe considerato evaso e per lui si riaprirebbero le porte dalla prigione.
Chi lo costringe a scegliere tra il silenzio e il carcere sarà obbligato a sentire la risacca profonda della sua protesta.
Solo dopo una settimana dall’inizio dello sciopero gli hanno concesso di vedere un medico. Tobia ha perso 9 chili, è un po’ affaticato, ma deciso a non mollare.
Alcuni amici e compagni hanno promosso un’azione di sostegno alla sua lotta di libertà.
Diamo voce a Tobia!
L’invito a scrivergli per sostenerlo e offrirgli la nostra voce come megafono è stato accolto da molti.
Sono arrivate tantissime lettere, alle quali, siamo certi che appena potrà risponderà.
I fili della lotta e della resistenza No Tav si allacciano con la vicenda di Tobia e con quella di tanti altri compagni e compagne, che sono stati arrestati, denunciati, cacciati con il foglio vi via.
La campagna “diamo voce a Tobia” continua.
Scrivete ad anarres@inventati.org e fate girare le vostre lettere.

Sulle sue condizioni di salute ascoltate il suo medico nell’intervista rilasciata ieri a radio Blackout

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Economia di carta e politica di guerra. Incontro con Salvo Vaccaro

La finanziarizzazione dell’economia sta modificando la natura stessa del capitalismo e dello Stato.
Se il ciclo degli scambi comincia e finisce con i soldi, le vite di sette miliardi di esseri umani diventano irrilevanti in un gioco il cui governo è altrove rispetto agli stessi Stati nazionali.
Agli Stati viene progressivamente sottratto il potere di controllo dei processi economici, ma mantengono e rafforzano quello militare.

– Quale spazio per un esodo conflittuale dalla roulette russa che stritola vite umane con la rapidità di una transazione finanziaria on line?

– Tra teocrazia finanziaria e governance mondiale: quali prospettive ci sono per i movimenti di opposizione sociale?

– La politica si riduce alle pratiche disciplinari degli Stati o restano spazi per percorsi di autogoverno territoriale e sperimentazione sociale, che ri-diano forza concreta alle idee di libertà, uguaglianza, solidarietà?

– Movimenti come i No Tav alludono ad una possibilità: coniugare felicemente l’attenzione etica globale con la riterritorializzazione del conflitto e la spinta all’autogoverno.

Ne parliamo con Salvo Vaccaro
Venerdì 16 marzo ore 21
in corso Palermo 46

Salvo Vaccaro insegna Filosofia politica all’Università  di Palermo, è attivo da oltre 30 anni nel movimento anarchico e libertario di lingua italiana. I suoi ultimi libri sono “Pensare altrimenti. Anarchismo e filosofia radicale nel XX secolo” (eleuthera, Milano 2011) e “L’onda araba. I documenti delle rivolte” (Mimesis, Milano, 2012).

Ascolta l’intervista di Salvo Vaccaro a radio Blackout

per info:
Federazione Anarchica Torinese – FAI
corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21
fai_to@inrete.it – 338 6594361

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La valle è mia

Guarda lo speciale di “servizio pubblico” dedicato allo sgombero della Baita Clarea, alla caduta di Luca sul traliccio, alla settimana di rivolta e resistenza che ne è seguita.

 

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No Tav. Una ribellione contagiosa

Dieci giorni indimenticabili. Dieci giorni che hanno dato una spinta all’opposizione sociale nel nostro paese. In questi dieci giorni la scintilla partita dalla Val Susa ha infiammato le piazze della penisola, un contagio immediato, capillare, incontenibile, che sta mettendo in difficoltà l’esecutivo guidato da Mario Monti.
Il governo, forte dell’appoggio bipartisan di buona parte dell’arco parlamentare, nei suoi primi cento giorni ha goduto di una sorta di benedizione nazionale. Destra e sinistra hanno provato a vendere l’illusione che i tecnici prestati alla politica potessero curarne i mali. Nei fatti sono stati bravi nel mostrare un’asettica capacità di fare, e in fretta, quello che Fondo Monetario, Banca Centrale Europea pretendono dai paesi dell’Unione schiacciati dalla crisi: eliminazione di ogni forma di tutela, disciplinamento forzato dei lavoratori, svendita dei beni comuni.
La precarietà del lavoro, già sancita dalle leggi Treu e Biagi, nei piani di Monti deve divenire l’unico orizzonte possibile e desiderabile da tutti.
La retorica contro la noia del posto fisso, della vita tutta quanta nella stessa città, dei legami con i propri cari come catena da spezzare sta accompagnando il percorso verso la demolizione del poco che resta. L’attacco alla tutela contro i licenziamenti politici, alla cassa integrazione, il lavoro interinale che esce dall’eccezione per divenire la norma sono alcuni dei tasselli del puzzle di Monti.
Nonostante la Grecia rivelasse, come uno specchio orientato nel prossimo futuro, l’inevitabile esito delle politiche del governo, le lotte sono state deboli, parcellizzate, incapaci di catalizzare il consenso popolare.
L’imponente manifestazione del 25 febbraio in Val Susa è stato il primo segnale – forte e chiaro – di un’inversione di tendenza. Nonostante una campagna mediatica martellante, nonostante le dichiarazioni del capo della polizia Manganelli, che descriveva il movimento No Tav come nido di terroristi pronti a uccidere, decine di migliaia di persone si sono riconosciute in un movimento capace di rappresentare chi vuole case, ospedali, scuole, treni per i pendolari e non è più disponibile a pagare la crisi dei padroni.
Non è più solo una questione di ambiente: oggi più che in passato è diventata la sfida di chi si batte per l’interesse generale contro l’arroganza di chi vuole imporre con la forza un’opera inutile, dannosa, costosissima.
La partita sulla linea ad alta velocità tra Torino e Lyon è arrivata ad un punto cruciale. È in ballo un intero sistema, un sistema elaborato e oliato per anni, per garantire agli amici degli amici di destra e sinistra, un bottino sicuro e legale.
Le linee ad alta velocità costruite nel nostro paese sono state l’ossatura del dopo tangentopoli: un sistema raffinato e semplice per dribblare tutti gli ostacoli legali. Siti di interesse strategico, leggi obiettivo, general contractor sono stati alcuni degli strumenti adottati per cementare un sistema sicuro di drenaggio di denaro pubblico a fini privatissimi. Un sistema che funziona perché va bene a tutti, per tutti c’è una fetta di torta.
Un sistema che nessuno può permettersi di far saltare. Un sistema che il movimento contro la Torino Lyon ha reso trasparente, mostrandone i meccanismi, aprendo crepe, costruendo una resistenza popolare alla quale guardano in tanti.
La strategia del governo è chiarissima: celare le ragioni della lotta No Tav, declinando nella categoria dell’ordine pubblico un movimento che non riescono a piegare né con le buone né con le cattive.

In risposta alla manifestazione del 25 febbraio il governo ha deciso di allargare il cantiere/fortino della Maddalena. Millecinquecento uomini in armi – la forza dello Stato nel suo volto più vero, quello della repressione violenta – sono stati dispiegati nel catino della Clarea.

Luca Abbà, un compagno da sempre in prima linea nella lotta, si arrampica su un traliccio dell’alta tensione per rallentare i lavori. Con criminale determinazione gli uomini dello Stato lo inseguono obbligandolo a salire pericolosamente vicino ai fili. Viene folgorato e cade. Resterà per tre quarti d’ora a terra in attesa di soccorsi, mentre le ruspe continuano il loro lavoro.
Manganelli aveva dichiarato che gli anarchici cercavano il morto, per un pelo gli uomini di Manganelli non hanno ucciso Luca, anarchico e No Tav.
La risposta in Val Susa e in tutta Italia è stata forte, immediata, corale.
Per un’intera settimana ci sono state manifestazioni, blocchi di strade ed autostrade, cortei spontanei. La bandiera con il treno crociato è divenuta la bandiera di un paese che resiste, alza la testa, vuole cambiare radicalmente la rotta. I partiti dell’esile opposizione istituzionale di sinistra, che si illudevano di cavalcare la protesta, trasformandola in voti e poltrone, sono rimasti ai margini di una lotta agita in prima persona da gente che non vuole più affidare ad altri il proprio futuro.
Gente disponibile a rischiare la vita e la libertà, gente che ha ben compreso che solo l’azione diretta, senza deleghe e senza tutele, può inceppare il meccanismo.
Il governo ha risposto con violenza e arroganza. Le truppe di Cancellieri hanno spaccato braccia e gambe, hanno gasato e caricato, si sono scatenate nel rastrellare la gente nelle case e nei bar.
Dopo una settimana di blocchi in Val Susa e ovunque in Italia, il governo ha deciso di andare avanti. Costi quel che costi. La litania è quella consueta: il collegamento con l’Europa, la piccola Italia schiacciata dietro le Alpi, il treno che in quattro ore ti conduce a Parigi, il Tav che porta lavoro, i manifestanti sempre violenti. Il primo ministro rivendica la propria autonomia dai governi precedenti, ma si limita a fare quello che gli altri non erano riusciti a realizzare fino in fondo: gli interessi dei padroni e dei banchieri.
L’idea di sviluppo di Monti si basa sulla distruzione delle risorse e sulla devastazione dei territori: l’unica cosa che conta è far girare le merci, far girare i soldi, fare grandi opere utili solo alla lobby che sostiene e finanzia un’intera classe politica.
Dalla Val Susa viene un segnale forte e chiaro: noi non ci stiamo. Non ci stiamo più: il mondo che vogliamo per i nostri figli è fatto di solidarietà, di cooperazione, di uguaglianza.
Il governo ha paura, ha paura dell’infezione valsusina, ha paura che l’anomalia No Tav divenga una mutazione genetica durevole e diffusa. Per questo occorre disciplinare, costi quel che costi, chi oggi parla con la voce di tutti coloro che, nel nostro paese, si battono contro un’idea di sviluppo che mira al profitto di pochi contro la vita e la libertà di tutti.
Un movimento radicato e insieme radicale, capace di autogovernarsi, resistere, mantenendo salda negli anni la propria sfida.
Monti e Cancellieri puntano il dito sugli anarchici, preparano nuove misure repressive. Si torna a parlare di fermo di polizia, di arresti in differita, dell’inasprimento delle pene per reati come l’insulto a pubblico ufficiale, i blocchi di strade e ferrovie, sino ad un nuovo tipo di associazione illegale che consenta di imprigionare gli anarchici.
Quello che Monti e il suo governo non capiscono è che gli anarchici sono parte riconosciuta del movimento No Tav da lunghi anni, che i tentativi di dividere e spaccare non hanno mai funzionato, perché chi lotta e si confronta in modo diretto, giorno dopo giorno, anno dopo anno, ha costruito saldi rapporti di fiducia e mutuo appoggio.
Quello che Monti non comprende – o forse lo comprende sin troppo bene – è che gli anarchici sono una minoranza, ma le idee di libertà, partecipazione, uguaglianza, sperimentazione sociale, la pratica dell’azione diretta, della cooperazione, dell’autogestione si stanno diffondendo tra i tanti che hanno compreso che questo non è il migliore dei mondi possibili.

La commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana esprime la propria solidarietà a Luca e ai suoi cari, auspicando che possa presto tornare alla lotta.
Esprime la propria solidarietà ed il proprio appoggio ai compagni e alle compagne arrestate per la resistenza No Tav, che, anche in carcere, continuano a lottare per la libertà e sono puniti con l’isolamento.
Si stringe a Tobia, rinchiuso tra le mura di casa con il divieto di scrivere lettere e fare telefonate, Tobia che non accetta che gli tappino la bocca ed è in sciopero della fame.

Sarà sempre più dura. Per chi sfrutta ed opprime, per chi pesta e umilia. Tra blocchi e barricate cresce la voglia di resistere, di cambiare di senso al presente, di consegnare un altro futuro a chi verrà dopo di noi.

La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
cdc@federazioneanarchica.org

tel. 3333275690

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Turi sul traliccio, Tobia in sciopero della fame, No Tav sull’autostrada

Domenica 4 marzo. Il ritrovo è a Giaglione tra il campo sportivo e il prato dove sta sorgendo il presidio No Tav. Una bella giornata, con tanta gente, tanti bambini.
Prima la polenta poi si va verso la Clarea. Questa volta il blocco di polizia è al bivio con il sentiero alto. Qui alcuni simbolicamente tagliano un po’ di filo spinato.
Turi, il pacifista già protagonista quest’estate di un’azione di protesta di 50 ore appollaiato su un albero, riesce ad intrufolarsi oltre le reti e sale sul traliccio sul quale era stato folgorato Luca.

Questa volta la polizia fa le cose ammodo: fa togliere corrente, chiama i vigili del fuoco e si guarda bene dall’intervenire.
Turi parla e suona il flauto. Nonostante la pioggia resta su tutta la notte e la mattinata successiva. Poi decide di scendere.

Lunedì 5 marzo. Tobia,
uno degli arrestati per la resistenza No Tav allo sgombero della Maddalena, è ormai al terzo giorno di sciopero della fame. In carcere aveva già perso cinque dei suoi 89 chili, in tre giorni di digiuno ne ha persi altri quattro. Il giudice gli impone il divieto di comunicare all’esterno in qualsiasi modo: non può scrivere lettere o mail, non può telefonare.
Un’imposizione odiosa che rende i suoi domiciliari quasi peggiori della prigione, dove poteva scrivere e ricevere visite.
Chi lo costringe a scegliere tra il silenzio e il carcere sarà obbligato a sentire la risacca profonda della sua protesta.
Ha fatto richiesta di poter essere visitato da un medico ma sinora il giudice non ha risposto.
Alcuni amici e compagni hanno pensato di proporre a tutti un’azione di sostegno alla sua lotta di libertà.
Diamo voce a Tobia!
Tutti sono invitati a scrivergli, inviando ovunque copia della lettera.
Potete scrivere ad anarres@inventati.org. Tutte le lettere gli saranno inoltrate

Bussoleno ore 18,30. Il vento della Val Susa ghiaccia tutti ma non raffredda la voglia di lottare. Dopo una breve assemblea per fare il punto si decide di fare una capatina in autostrada: si torna allo svincolo di Vernetto, sgomberato con la violenza mercoledì scorso e chiuso dalla polizia senza alcun motivo apparente. O, forse, un motivo c’è: punire, chiudendo l’uscita autostradale – in questo tratto gratuita – la gente di Bussoleno e di Chianocco. Qui i No Tav sono tanti, quelli in prima fila nella lotta come quelli che hanno aperto le porte delle case e dei cortili a chi fuggiva dalle cariche.
Si blocca l’autostrada per un’oretta. Poi si va. Ma domani è un altro giorno di lotta.

Martedì 6 marzo appuntamento alle 18 in piazza del mercato a Bussoleno

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No Tav. Autostrada gratis: liberato il casello

Sabato 3 marzo. L’appuntamento è nella piazza del mercato di Bussoleno, che, poco a poco, si riempie. Una breve assemblea e poi via. Un corteo di auto raggiunge il casello di Avigliana Ovest della A32: i manifestanti si riversano sull’autostrada. Questa volta niente blocchi. I passaggi vengono aperti, due striscioni sono srotolati di fronte agli automobilisti un po’ stupiti: “No Tav con l’alta valle. Oggi si passa gratis” e “Oggi paga Monti”.
Auto e bus esitano ma poi passano veloci, qualcuno saluta e ringrazia. Un regalo ai visitatori della Val Susa, l’ennesima beffa all’apparato poliziesco che ha militarizzato il territorio.
Questa volta ci pensa la polizia a chiudere la A32, prima in entrata e poi in uscita. A questo punto, con calma, i No Tav lasciano l’autostrada.
In contemporanea un corteo gira per Bussoleno, raggiunge lo svincolo di ingresso alla A 32 in località Vernetto, chiuso da ormai una settimana. Qui lo scorso mercoledì la polizia aveva picchiato, gasato e caricato i No Tav che, da tre giorni, presidiavano l’autostrada. Dopo lo sgombero le rampe d’accesso all’autostrada sono state chiuse con jersey. Oggi pomeriggio i No Tav hanno liberato l’accesso alle rampe.
Una giornata contro la crisi e il governo che ce la sta facendo pagare.
Oggi sulla A32 ha pagato Monti.

Appuntamento per domani a Giaglione alle ore 12 per polentata. Alle 14 si parte per un giro in Clarea.

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Il governo ha paura e minaccia. La resistenza No Tav non si arresta

Sabato 3 marzo. Ieri, dopo una settimana di blocchi No Tav in Valsusa e ovunque in Italia, Monti ha convocato d’urgenza una riunione sul Tav. Il governo ha deciso di andare avanti. Costi quel che costi. La litania è quella consueta: il collegamento con l’Europa, la piccola Italia schiacciata dietro le Alpi, il treno che in quattro ore ti porta a Parigi, i tecnici che hanno lavorato ad una mediazione, il Tav che porta lavoro, i manifestanti sempre violenti. Nessuna fantasia, nessun guizzo di ingegno nelle parole di un Primo ministro che rivendica la propria autonomia dai governi precedenti, ma si limita a fare quello che gli altri non erano riusciti a fare fino in fondo: gli interessi dei padroni, dei banchieri, del Fondo Monetario e della Bce.
I No Tav – con la infinita pazienza che deriva da tanti anni di lotta alle menzogne – ricordano una verità banale, banale. La Torino Lyon c’è già a funziona molto meno di quanto potrebbe, a Lione e Parigi ci si va, un paio di volte nella vita, a fare una vacanza. Invece a lavorare o a studiare ci andiamo tutti i giorni. I tagli alle ferrovie destinate al trasporto dei lavoratori e degli studenti hanno trasformato i treni dei pendolari in trasporti bestiame sempre in ritardo, sempre più affollati, scomodi, con i gabinetti rotti e i sedili sfasciati. In quanto al lavoro, basterebbe un’occhiata veloce ai dati sul dissesto idrogeologico per capire che l’unica grande opera che serve è la tutela del territorio; basta pensare ai nostri ospedali e alle nostre scuole per capire che lì ci sarebbe il lavoro se ci fosse la volontà politica di stare dalla parte della gente e non da quella di chi si fa ricco sfruttando il lavoro altrui.
L’idea di sviluppo di quelli come Monti si basa sulla distruzione delle risorse e sulla devastazione dei territori: l’unica cosa che conta è far girare le merci, far girare i soldi, fare grandi opere utili solo alla lobby che sostiene di finanzia un’intera classe politica.
Dalla Val Susa viene un segnale forte e chiaro: noi non ci stiamo. Non ci stiamo più: il mondo che vogliamo per i nostri figli è fatto di solidarietà, di cooperazione, di uguaglianza.
Il governo ha paura
, ha paura dell’infezione valsusina, ha paura che l’anomalia No Tav divenga una mutazione genetica durevole e diffusa. Per questo occorre disciplinare, costi quel che costi, il chi oggi parla la voce di tutti coloro che, nel nostro paese, si battono contro un’idea di sviluppo che mira al profitto di pochi contro la vita e la libertà di tutti.

Ore 21 Polivalente di Bussoleno. È la folla delle grandi occasioni: la grande sala – stipata all’inverosimile – non basta a contenere la folla di No Tav.
Su Sky Tg24 un c’è un sunto dell’assemblea.

L’assemblea è lunga, partecipata, appassionata. I racconti delle violenze della polizia – le gambe rotte e le teste sfasciate, i lacrimogeni nelle case e quelli che aprono le porte per salvarti dalla furia degli uomini dello Stato – si intrecciano con le idee, le proposte, i progetti.
Sullo sgombero dell’autostrada e le cariche di mercoledì scorso vale la pena guardare questo video su youtube.
Arrivano buone notizie sulla salute di Luca: lentamente migliora. Ieri lo hanno operato per ridurre le conseguenze della folgorazione sui muscoli e la spalla destra.
Federico, il No Tav arrestato mercoledì sera durante le cariche, è ai domiciliari con la possibilità di uscire per lavorare.
A Tobia invece la magistratura ha negato sia l’uscita per andare al lavoro, sia di poter comunicare con l’esterno. Tobia ha deciso che la misura è colma ed è entrato in sciopero della fame.
L’indicazione uscita dall’assemblea è chiara. Non mollare, andare avanti, incuranti delle minacce di Monti, consapevoli che la forza delle nostre ragioni è va ben oltre alle ragioni della forza. Entro fine mese – probabilmente il 23 marzo – si farà lo sciopero generale. Ogni giorno ci saranno iniziative per mettere i bastoni tra le ruote alle truppe di occupazione.

Questi i prossimi appuntamenti:
sabato 3 marzo – appuntamento di lotta a Bussoleno – ore16 in piazza del mercato
domenica 4 marzo – giro in Clarea con polentata – cui sono invitati tutti quanti. Si mangia alle 12, si parte alle 14
ogni giorno alle 18 – incontro di lotta in piazza del mercato a Bussoleno

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No Tav. Ancora sull’autostrada

Giovedì 1 marzo. L’appuntamento è in piazza del mercato a Bussoleno. Lungo la A32 scorazzano lunghe colonne carabinieri e poliziotti, blindati e defender. Lo svincolo di Chianocco, in località Vernetto, è ancora chiuso e presidiato da ingenti forze.
A Bussoleno – in un angolo della piazza – ci raduniamo per un’assemblea molto partecipata. La decisione è veloce veloce, si torna a bloccare.
Nonostante la gente abbia ancora addosso i segni delle manganellate la voglia di riscossa immediata è forte.
Un corteo imbocca la statale in direzione Torino, poi si ferma. A migliaia attraversano il pratone alle spalle della A32. Le recinzioni non sono un problema. Presto i No Tav invadono la prima corsia e, dopo poco, anche la seconda è occupata. All’ingresso della galleria di Prapontin una barricata improvvisata prende fuoco.
La polizia c’è ma non si muove. Una carica nel mezzo del paese potrebbe essere un boccone troppo grosso anche per loro
In contemporanea altri No Tav salgono verso l’alta valle: l’autostrada è chiusa da una barricata anche allo svincolo di Venaus.
Da tutta Italia arrivano le notizie dei blocchi, delle manifestazioni, che inceppano strade, autostrade, ferrovie. A Torino un corteo paralizza il traffico del centro per ore e si conclude sui binari di Porta Nuova.
In tarda serata i blocchi si sciolgono. Nonostante un apparato repressivo impressionante, siamo riusciti a fargliela in barba, bloccando l’autostrada in ben due punti per diverse ore.
La scelta del’occupazione dell’autostrada, delle iniziative che improvvisano il luogo e il tempo, per la prima volta da diversi mesi, sta davvero mettendo in difficoltà un governo convinto che i No Tav si sarebbero lasciati serrare nel catino militarizzato della Maddalena.
Giorno dopo giorno il movimento cresce.
Questa mattina è arrivata la buona notizia che Luca è fuori pericolo di vita: i medici hanno sciolto la prognosi.

L’appuntamento per oggi è alle 21 al Polivalente di Bussoleno.
Un’assemblea popolare per fare il punto. E già di parla di sciopero generale.

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No Tav. Una lunga giornata di resistenza, tra botte, gas, insulti

Giovedì 1 marzo, ore 3,46. Si è appena conclusa una lunga giornata di resistenza. Una di quelle che resteranno impresse nella memoria.
Per oltre quattro ore i No Tav hanno resistito sull’autostrada e sulle rampe di accesso. Seduti in terra, tra slogan e canti. Il più gettonato, pressati dai poliziotti in tenuta ninja, è stato “Vamos alla playa”.
Poi la polizia porta via di peso, uno ad uno, i No Tav seduti sul’autostrada.
Guarda il video

Anche i giornalisti vengono allontanati con modi un po’ bruschi dalla polizia. Guarda il video.

Il dispiegamento di polizia era impressionante, le luci blu dei blindati rompevano la notte.
Il fronteggiamento è andato avanti per ore e ore. Intorno alle nove di sera era tutto un brulicare di bandiere e persone.
Poi hanno piazzato gli idranti, calato le visiere, indossato le maschere antigas. Hanno bagnato e picchiato e ancora picchiato. Si sono accaniti su tutti con determinata ferocia. Poi hanno sparato i gas: la notte si è fatta densa di fumo bianco, acre, velenoso. Hanno sospinto la gente giù dalla rampa, sino al bivio con la statale 25. Una marea di uomini blu.
Guarda il video

Ascolta l’intervista a Lorenzo a radio Blackout – scarica il file

ascolta l’intervista – indiretta dal pronto soccorso – ad Alberto Perino – scarica il file

Non paghi hanno sparato i lacrimogeni nella case della frazione Vernetto: in una di quelle case c’era un anziano che si stava spegnendo. Come vere truppe di occupazione hanno proceduto sin dentro il paese, dando la caccia a chi cercava rifugio. Tante case e tanti cortili si sono aperti ad ospitare la gente. Diversi No Tav sono stati rastrellati lungo il percorso, malmenati e caricati a forza su un furgone. In sei verranno poi condotti in questura a Torino.
Alcuni No Tav avevano trovato rifugio in un bar ristorante lungo la strada: una ventina di uomini dell’antisommossa spaccano a calci e manganellate la vetrata di ingresso ed irrompono urlando con il volto mascherato da passamontagna. Sbattono la gente contro il muro, la tirano fuori dal bagno, mentre una bambina scoppia a piangere.
Guarda il video dell’irruzione

ascolta l’intervista di walter a radio Blackout – scarica il file

Le auto lungo il percorso vengono danneggiate a colpi di manganello, le gomme vengono tagliate.
Intorno alle 10,30 alla rotonda che immette sull’autostrada la polizia carica ancora un ultimo gruppo che si stava radunando in zona.
Bussoleno sembra un paese in guerra. È un paese in guerra.
Intorno alle 11 i resistenti No Tav si ritrovano al Polivalente, la sala che ha ospitato tante assemblee popolari, quelle della rabbia e quelle della festa, quelle della riflessione pacata e quelle del tempo che si accelera.
Tanti zoppicano, si massaggiano un braccio, un’anca, la testa. Parecchi sono fradici dopo la doccia fredda al peperoncino sparata dagli idranti montati sui blindo della polizia.
Si intrecciano i racconti, si contano i feriti, si mettono insieme i frammenti di una serata di guerra.
Si discute sul da farsi.
Non ci sono dubbi: domani si torna a mettersi di mezzo. Le botte, la caccia all’uomo, gli insulti – vecchia ubriacona ad un’anziana compagna da sempre in primissima fila – il veleno bianco del gas non ci fermano. Anzi!
Dall’assemblea parte un appello all’Italia, perché domani – ormai da lunghe ore è già oggi – in ogni dove ci siano blocchi, azioni, iniziative.

Ascolta la registrazione dell’assemblea in diretta da radio Blackout

L’appuntamento oggi è per le 18 a Bussoleno.

La Valsusa paura non ne ha.

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Val Susa. Truppe in movimento

Mercoledì 29 febbraio. Il blocco sulla A32 prosegue da ormai due giorni e due notti.
Nella serata di martedì 28 l’assemblea del blocco ha deciso di andare avanti a oltranza.

Luca, il No Tav, feritosi gravemente durante un’azione di resistenza allo sgombero della baita Clarea, sta meglio. Non è ancora fuori pericolo ma i bollettini medici incoraggiano ad un cauto ottimismo.
Nel primo pomeriggio un folto gruppo di No Tav ha bloccato la ferrovia a Bussoleno, rallentando il passaggio del TGV, bloccato dalle ferrovie a Oulx.

Aggiornamento ore 16,20. Movimenti di truppe sulla A32 in direzione del blocco di Vernetto sulla A32. Pare che anche dall’alta valle numerosi blindati stiano scendendo verso Bussoleno.
I No Tav stanno rinforzando le barricate perché si aspettano presto un tentativo di sgombero dell’autostrada.

Aggiornamento ore 16,58. La polizia sta attaccando i No Tav sull’autostrada. Le barricate sono incendiate, la polizia lancia lacrimogeni, spinge c’è una ruspa che avanza. La polizia è a pochi metri dalle persone sull’autostrada, ma nessuno si muove.
La polizia ha circondato i No Tav sullo svincolo.
Chi può è invitato a muoversi verso Bussoleno. Chi non può faccia iniziative di solidarietà dove si trova.

Aggiornamento ore 17,24. Continuano le operazioni di sgombero, ma i No Tav resistono ancora. Circondato dalla polizia un folto gruppo fa resistenza passiva. Tanti altri si stanno radunando sotto lo svincolo. La Val Susa paura non ne ha.

 

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Tre mesi di carcere per un manifesto

Mercoledì 29 febbraio. Questa mattina al tribunale il Torino è stata emessa la sentenza nel processo che vedeva alla sbarra due anarchici della Federazione Anarchica di Torino, Maria Matteo ed Emilio Penna.
I nostri due compagni sono stati assolti dall’accusa di diffamazione a mezzo stampa nei confronti di Mario Borghezio.
Sono stati invece condannati a tre mesi di reclusione per minacce. Alcuni giornali hanno scritto che la condanna era per le scritte e il manichino con la faccia di Borghezio appeso davanti alla sede della Lega Nord di Torino alla vigilia del 25 aprile del 2009. Non è così.
Maria ed Emilio sono stati condannati per aver affisso un manifesto.
Nel manifesto era scritto: “Ieri camicie nere… oggi camice verdi / Ieri squadracce… oggi ronde / Ieri leggi razziali… oggi leggi razziste / Ieri ebrei e rom… oggi immigrati e rom / Oggi il fascismo ha il volto della Lega / Bossi, Maroni, Borghezio… / a piazzale Loreto c’è ancora tanto posto!”.
Secondo il tribunale di Torino che ha emesso la sentenza quel manifesto era una minaccia.
Questa sentenza è ben più che una minaccia alla libertà di dire, scrivere e diffondere la propria opinione.
Un ulteriore segno del restringersi progressivo persino delle esili libertà formali che definiscono la repubblica italiana.
Non ci stupisce. La democrazia reale ancora una volta rivela la trama che la regge, l’intreccio tra altisonanti dichiarazioni di principio e una realtà fatta di discriminazione, ingiustizia, repressione, negazione del proprio stesso nucleo assiologico.
I nostri due compagni sono stati condannati perché anarchici.
E di questo, sono indubbiamente colpevoli. Colpevoli e orgogliosi di esserlo. Colpevoli di aver detto che “piazzale Loreto c’è ancora tanto posto” per chi condanna a morte migliaia di uomini donne e bambini.
Di una cosa siamo sicuri. Noi tutti siamo colpevoli. Colpevoli di lottare contro un assetto sociale dove c’è chi per arrivare a fine mese, rischia ogni giorno di morire di lavoro, colpevoli di volere l’eguaglianza e la libertà per tutti. Quelli nati qui e quelli nati altrove.
Chi ama la libertà non si fa frenare dai tribunali. Anzi! Questa condanna è uno sprone alla lotta per un mondo di liberi ed eguali.

per info:
Federazione Anarchica Torinese – FAI
corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21

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Val Susa. La resistenza continua

Martedì 28 febbraio. Sono trascorse 24 ore dall’attacco ai No Tav. Mille e cinquecento uomini in armi si sono radunati in Val Susa per allargare il fortino/cantiere della Maddalena. E ci sono riusciti. Non avrebbe potuto essere altrimenti, perché la violenza dello Stato, quando si dispiega in tutta la sua arrogante sicumera può sradicare alberi, spianare terreni, ignorare le proprie stesse leggi. Non si fermano di fronte a nulla, nemmeno all’assassinio. I giornali di oggi si distinguono nella disinformazione e nella calunnia, utilizzando, censurandola, la diretta a radio Blackout di Luca dal traliccio.
Di fronte alle ragioni della forza si erge tuttavia la forza delle ragioni, le tante ragioni dell’opposizione al Tav, alle grandi opere inutili, ad un sistema legale di drenaggio di denaro pubblico a fini privati. Le ragioni di tanti uomini, donne, ragazzi, anziani che hanno deciso che la misura era colma. Da ieri l’autostrada A 32 è occupata dai manifestanti che hanno eretto barricate e allestito cucine da campo.
Le statali sono congestionate, le auto procedono a fatica, ma la gente imbottigliata esprime solidarietà ai No Tav ai blocchi.
Questa notte a Salbertrand, in alta Valle, il blocco per ostacolare il cambio dei mezzi provenienti dal Sestriere, è stato attaccato da oltre quaranta blindati della polizia. Hanno usato idranti e sparato gas sino a saturare l’aria, inseguendo i No Tav sin dentro il paese. Non hanno però fermato nessuno: le porte delle case si sono aperte per dare rifugio ai resistenti. Una tazza di the e il calore di una casa, che si apre di fronte ai partigiani della Val Susa, a quelli del paese e della bassa valle come a quelli venuti da lontano.
Ieri nelle scuole elementari le lezioni si sono interrotte più volte, perché i bambini volevano notizie di Luca, perché sono bambini cresciuti bene, respirando l’aria dei presidi, delle manifestazioni. Un movimento che lotta perché il futuro per chi viene dopo sia migliore del presente terribile in cui siamo forzati a vivere.
Anche Luca resiste al CTO. Le sue condizioni continuano lievemente a migliorare, anche se la prognosi resta riservata.
Vale la pena ascoltare la testimonianza di Barbara, che ieri mattina era in Clarea. Barbara è una compagna medico chiamata per soccorrere Luca, cui i poliziotti hanno impedito di passare. Ha rilasciato un’intervista a Radio Onda Rossa

Aggiornamento ore 12. La polizia prova a sgomberare il blocco di Vernetto sulla A32.  La gente si siede in terra mentre alcuni ragazzi suonano musiche tradizionali.
Guarda il video del Corriere.it

Aggiornamento ore 12,48. La polizia usa gli idranti e le ruspe per sgomberare il blocco. In caso di sgombero definitivo appuntamento in piazza del mercato a Bussoleno.

Aggiornamento ore 13,47. La polizia ha effettuato il cambio turno ma i manifestanti resistono ancora sulla rampadi accesso all’autostrada. Confermata l’assemblea popolare alle 18 alla rotonda di Vernetto.

Aggiornamento ore 15,18. I No Tav rioccupano entrambe le carreggiate dell’autostrada, che è nuovamente bloccata da Avigliana a Susa.

Posted in autogestione, Inform/Azioni, no tav.

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Val Susa. La polizia attacca: compagno ferito grave, dopo caduta da un traliccio

Questa mattina intorno alle 8 la polizia in assetto antisommossa è uscita dalle reti ed ha circondato la Baita Clarea, intimando ai No Tav di andarsene. Intendono prendere la Baita e occupare l’intera zona per avviare i lavori del tunnel  geognostico.
Un compagno salito su un traliccio dell’alta tensione, per rallentare l’azione della polizia viene inseguito da un carabiniere. Il compagno, Luca,  lo invita ripetutamente a desistere, perchè mette a rischio la sua incolumità. Poco prima era in diretta a Radio Blackout.
Ascolta la registrazione della diretta alla radio
scarica il file
Il carabinere ignora l’avvertimento e continua ad arrampicarsi. Luca sale più in alto, cade da una decina di metri dopo essere stato folgorato.
Dopo 45 minuti non è ancora arrivata l’ambulanza. La polizia impedisce ai compagni di avvicinarsi.
Manganelli ha detto che i No Tav vogliono il morto, questa mattina l’intervento di un carabiniere ha quasi ucciso un No Tav.
Numerosi No Tav si stanno raccogliendo a Giaglione per dirigersi alla Baita.

L’intervento criminale della polizia è l’indice della volontà di stroncare ad ogni costo una lotta popolare che sabato 25 febbraio ha portato in piazza diverse decine di migliaia di persone, che hanno detto in modo chiaro e forte di non volere il Tav, di non volere le grandi opere inutili, che arricchiscono i soliti pochi con solide amicizie al governo come all’apposizione.
Un movimento unito nella solidarietà agli arrestati del 26 gennaio, un movimento che il giorno dopo in assemblea a Villarfocchiardo ha ribadito la propria volontà di mettersi in mezzo di impedire che i lavori abbiano inizio.
La polizia per timore della resistenza popolare ha anticipato l’attacco a questa mattina.
Chi può vada a Giaglione subito.
Per chi non può l’appuntamento è alle 18 aBussoleno.
Facciamo appello perché in tutta Italia ci siano iniziative di sostegno.

Aggiornamenti alle 9,30.
L’ambulanza ha caricato Luca per portarlo al CTO di Torino. Luca è cosciente, ma grave. Lo hanno sedato e intubato.
Sulla strada delle Gorge c’è un check point che blocca chi arriva. Alla Baita i compagni sono circondati, le ruspe si sono messe al lavoro.

Aggiornamenti ore 9,58. L’elicottero è partito con Luca a bordo. Le ruspe stanno spianando i terreni intorno alla baita, tra cui l’appezzamento acquistato da Luca.

Aggiornamenti ore 10,10. L’elicottero con a bordo Luca è atterrato al CTO. Blindati della polizia si sono posizionati alla barriera della A32 ad Avigliana.
Check point sulla strada di Giaglione. Le statali sono libere.

Aggiornamenti ore 10,29.  A Chiomonte la polizia ha bloccato l’accesso a strada dell’Avanà dalla statale 24 e ha chiuso il ponte prima della centrale idroelettrica. Dal lato Giaglione tutti i sentieri sono bloccati.

Aggiornamenti ore 10,47. Luca è entrato in camera operatoria.

Aggiornamenti ore 11,15. Luca ha fratture multiple e una grave emorragia interna. E’ uscito dalla camera operatoria ma presto ci tornerà per un intervento per cercare di  fermare l’emorragia.
I Cobas della Azimut di Avigliana proclamano sciopero.
Anche la CUB e i Cobas ha dichiarato sciopero generale
Appuntamento per un’assemblea e iniziative alle 11,30 a Bussoleno località Vernetto

Aggiornamenti ore 11,30. Gli studenti del liceo Des Ambrois di Oulx stanno bloccando i treni
Pare
– ma la notizia è da verificare – che in Clarea stiano abbattendo la baita.
A Bussoleno i No Tav stanno bloccando la statale 25,
altri manifestanti stanno salendo sull’autostrada con l’intenzione di bloccare i cambi della polizia.

Aggiornamento ore 12,02. Smentita la notizia dell’abbattimento della Baita, nella quale si sono barricati i No Tav presenti al momento dell’attacco della polizia

Aggiornamenti ore 12,15. L’autostrada è bloccata a Bussoleno in località Vernetto. I manifestanti chiedono a chi sale di portare acqua e cibo. E’ importante resistere ad oltranza.

Aggiornamenti ore 12,58. A Bussoleno in località Vernetto è tutto bloccato: l’autostrada, e le statali 24 e 25. I poliziotti per i cambi devono passare dalla Val Chisone e dal Sestriere.
Ci sono barricate, gomme, masserizie. La polizia al momento non interviene.
A Torino presidio in prefettura alle 13; altro presidio davanti al Municipio alle 15, 30, e alla RAI alle 17,30. Dalle 20 per tutta la notte davanti al CTO.

Aggiornamenti 13,13. Luca non è stato operato: è stato posto in coma farmacologico e si trova nel reparto di rianimazione del CTO. Il versamento ai polmoni è stato assorbito, ha diverse costole rotte e una lesione al rene, un trauma cranico lieve. Viene monitorato costantemente per controllare che la scarica elettrica non abbia danneggiato il cuore.
Solo tra sei/otto ore si potrà avere un quadro più sicuro. Sul sito del quotidiano La Stampa l’intervista al medico che lo segue.

Aggiornamento ore 14,13. Cominciato il presidio in piazza Castello a Torino. Più tardi, intorno alle 15,30 si sposterà davanti al Municipio, dove, come ogni lunedì si riunirà il consiglio comunale.
Ore 18 assemblea sull’autostrada a Bussoleno.

Iniziative di lotta e solidarietà sono state annunciate in oltre 40 città italiane.
Eccone alcune:
Livorno: ore 18 davanti alla Prefettura / Pisa: ore 18 Logge dei Banchi / Cosenza: ore 18 Piazza 11 Settembre / Cremona: piazza roma ore 18 / Padova: piazza Antenore, Prefettura, ore 18 / Campobasso ore 19 piazza Prefettura / Milano 14,30 università statale ore 18 piazza san babila / Vicenza  ore 18 piazza castello / Brescia  ore 18 piazza della Loggia / Roma dalle 15 alla sapienza ore 18 sapienza presidio
Chivasso  in via Torino ore 18 / Reggio Emilia  ore 18 prefettura / Bologna  piazza Nettuno h 18 / Aquila  ore 18 piazza regina margherita / Salerno ore 19 stazione / Trento ore 19 piazza Duomo / Firenze 17,30 prefettura / Palermo ore 18 prefettura / La Spezia ore 18 / Napoli ore 16,30 piazza Trento e Trieste / Viareggio ore 17 alla stazione / Modena ore 18 in piazza Torre / Trieste ore 18 piazza Unità / Saronno (VA) ore 17,30 alla stazione / Settimo Torinese ore 18,30 piazza del Municipio

Aggiornamento ore 15,37. I 15 compagni che erano in Clarea sono stati rilasciati dalla polizia e hanno raggiunto Giaglione. Confermano che la Baita è ancora in piedi: è stata circondata dai jersey.
Un compagno racconta a Blackout di una giornata durissima. I poliziotti li prendevano in giro mentre uno di loro giaceva al suolo esamine. Solo 50 minuti dopo è arrivata l’ambulanza.
Hanno irriso anche un compagno in sedia a rotelle che ha dovuto essere portato a braccia. Sulla strada delle gorge ci sono tre nuovi sbarramenti.
Le truppe bivaccano in Val Clarea. I No Tav e tutti i resistenti d’Italia sono in piazza, in Val Susa l’autostrada e le due statali sono bloccate.

Aggiornamento ore 17. La A32 è chiusa “per motivi di ordine pubblico” tra il casello di Avigliana e Susa. Il blocco dei No Tav in località “Vernetto” ha paralizzato il traffico sull’autostrada, infliggendo grandi danni alla Sitaf, la società che gestisce la Torino-Frejus, complice attiva della militarizzazione della Val Susa. Solo grazie allo svincolo costruito a Chiomonte, le truppe di occupazione hanno avuto una corsia privilegiata.
La statale 25 è chiusa da un blocco a Bussoleno: i No Tav deviano le auto sulla ciclabile per Bruzolo. Sulla statale parallela, la 24, i No Tav hanno barricato solo metà della strada: le auto passano, le truppe no.

Aggiornamento ore 18,30. Al blocco di Vernetto si svolge un’assemblea partecipatissima. Arrivano notizie sulla salute di Luca: il compagno è grave ma stabile, la prognosi è ancora riservata.
L’assemblea decide per acclamazione di proseguire con i blocchi, estendendoli all’alta valle per cercare di rendere difficili i cambi. Si mangia intorno ai fuochi, si discute, si macina la rabbia per quest’ennesima violenza di Stato. I media diffondono menzogne sulla caduta di Luca dal traliccio.
ascolta l’audio dell’assemblea notav registrati da radio Blackout

Aggiornamento ore 11,30. A Salbertrand i No Tav bloccano la statale 24 e l’autostrada.

Aggiornamento ore 0,30. Alcuni blindati – poi si capirà che sono solo l’avanguardia – arrivano, danno una breve occhiata ai No Tav e fanno subito dietrofont

Aggiornamenti ore 1,30. Un’imponente colonna di blindati arriva da entrami i sensi di marcia a Salbertrand, dove c’é il blocco No Tav. Gli uomini in assetto antisommossa scendono e usano gli idranti: i compagni resistono. I poliziotti sparano i gas, obbligando i No Tav alla ritirata. Il cambio turno è stato ritardato per oltre tre ore.

Aggiornamento ore 4. Continua l’occupazione della A32: si resiste

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Respingimenti in mare. Strasburgo condanna l’Italia per tortura

La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per i respingimenti verso la Libia. La condanna riguarda il caso “Hirsi”. 24 persone per le quali non è stato rispettato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura.
I 24 facevano parte di un gruppo di 200 profughi di guerra somali ed eritrei, intercettati in mare il 6 maggio del 2009, caricati su navi italiane e portati in Libia contro la loro volontà, senza dare loro la possibilità di fare richiesta di asilo.
In Libia sono stati per mesi in prigioni dove hanno subito abusi di ogni genere. La loro vicenda non è stata seppellita nel silenzio e nell’indifferenza per un mero caso. Intercettati in Libia dal Cir – consiglio italiano rifugiati – hanno incaricato gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani di presentare ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
L’Italia dovrà pagare il risarcimento a 22 delle 24 vittime: 15.000 euro più le spese. Gli altri due sono morti in un nuovo tentativo di raggiungere l’Italia.
Ma è solo un dato simbolico, perché il prezzo vero di quelle vite non lo pagherà nessuno. Il prezzo per quelli annegati in mare, per quelli torturati, struprati e umiliati nelle prigioni libiche, per chi è morto di fame e di sete nel deserto perché non aveva denari per pagare i mercanti d’uomini. Nessuno pagherà il prezzo per i bambini che quel giorni e in tanti altri giorni anonimi e non saputi di questi anni di guerra ai poveri hanno visto chiudersi l’orizzonte della loro vita.
Una lunga strage. Una strage di Stato.
La condanna della corte di Strasburgo rappresenta tuttavia un duro colpo alla politica delle espulsioni collettive, sancita dal trattato di amicizia italo-libica voluta da Prodi, siglata da Berlusconi e perseguita di recente dal governo Monti, nel corso della visita in Libia del 21 gennaio.
Ma – lo sappiamo bene – non cambierà le politiche della Fortezza Europa.
Finché ci saranno frontiere, muri, filo spinato, finché ci saranno uomini in armi a sorvegliarne i confini, le convenzioni, i diritti umani, le corti internazionali non saranno che l’alibi umanitario, la foglia di fico di un’Europa chiusa, spaventata, arroccata intorno ai propri privilegi.
I 22 salvati di Strasburgo ci ricordano le migliaia di sommersi senza nome che il mare nostrum ha inghiottito. 1500 solo nel 2011. Da qualche parte, in un campo profughi, in un villaggio remoto c’è qualcuno che ne ha memoria. Qui da noi non sono che i numeri che scandiscono il ritmo di una guerra. La guerra ai poveri.
da senzafrontiere

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Il prezzo della vita. Come si vive e come si muore di sanità

Il recente caso dell’anziana gravemente malata abbandona in una barella ha fatto scandalo. Ma quello della sanità italiana è un vaso di Pandora sempre aperto a spandere i propri mali.

Mali tutti evitabili, perché nel nostro paese la gente sta male e muore per mancanza di investimenti nella prevenzione, perché la “medicina del territorio” è solo una bella espressione su un pezzo di carta. In questi giorni i medici dei pronto soccorso di tutti gli ospedali di Torino hanno inviato una lettera al presidente della Regione Piemonte Cota, per sollecitare interventi di fronte ad una situazione ormai insostenibile. La carenza di posti letto, i pazienti, anche gravi, parcheggiati nei corridoi non sono l’eccezione ma la regola in una Regione dove si chiudono i piccoli ospedali, dove sempre più la salute è un lusso.
Non va meglio al sud, dove la situazione è da sempre strutturalmente peggiore che nel settentrione.

Radio Blackour ne ha parlato con Ennio Carbone, medico oncologo, ricercatore all’Università di Catanzaro.

Ascolta l’intervista a Ennio
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Di seguito alcuni dati sulle conseguenze delle vistose riduzioni di spesa attuate dai governi succedutisi negli ultimi anni.
Continued…

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