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Stoccolma. Alle radici della rivolta

HUSBY 20130520 Oroligheter i Husby då ett 100-tal ungdomar kastade sten mot polis och satte eld på sju bilar under natten mot tisdag, 20 maj 2013. Foto: Alexander MahmoudCorrispondenza da Stoccolma. I sobborghi nordovest e sud ovest della capitale svedese sono stati teatro di scontri dal 20 al 25 maggio 2013.
In sintesi le cifre della rivolta.
Oltre 50 le auto bruciate a Stoccolma, alcune decine sono andate in fumo ad Orebro.
2 commissariati di polizia sono stati attaccati e vandalizzati uno a Jakobsberg (Stoccolma), il secondo a Orebro (ciità a circa 100 km dalla capitale svedese).
2 scuole bruciate a Stoccolma e Orebro.
30 le persone arrestate per la rivolta a Stoccolma.
L’età media degli arrestati si aggira sui 20 anni.

Anarres ne ha parlato con un compagno, che a vissuto a lungo in Svezia, ed oggi vi è tornato per lavoro.
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Lo scenario. Nella zona Nord Ovest di Stoccolma ci sono i quartieri di Husby, Jakobsberg, Rinkby, Tensta, a Sud Est quelli di Jakobsberg e Norsborg. In questi quartieri c’è un’alta presenza di immigrati dove la percentuale di disoccupati è decisamente maggiore di quella della popolazione di origini svedesi (il 16,5% tra gli immigrati, il 5,7% tra gli svedesi).
La Svezia è il paese simbolo della socialdemocrazia, negli anni della guerra fredda una sorta di terza via tra socialismo e capitalismo. Dal 1990 è cominciata un’ondata liberista che ha lentamente corroso dall’interno l’ organizzazione sociale dei decenni precedenti.
Tuttavia la facciata del modello sociale svedese resta, i quartieri periferici non hanno le caratteristiche di degrado urbano tipici del sud europeo, i servizi sociali funzionano anche se con qualche affanno.
Il diritto allo studio garantito e il sussidio di disoccupazione anche se ridotto resta all’ 80% dell’ ultimo salario percepito per il primo anno ed il 70% nei 450 giorni successivi. Come diritto costituzionale tutti i cittadini svedesi al disopra dei 20 anni hanno un salario sociale di 9200 corone al mese (circa 1200 euro). Vengono dati circa 100 euro al mese per figlio, circa un anno retribuito per assistere il bambino con problemi di salute e un assegno aggiuntivo in base alla fascia di reddito per l’ affitto della casa.
Il sistema di tutela resta in piedi, sebbene negli ultimi tre anni il governo di destra abbia introdotto alcune limitazioni come la ricerca coatta del lavoro dopo il secondo anno di disoccupazione.
Husby, il quartiere da cui è partita la rivolta di fine maggio, non è simile alle banlieau parigine: i servizi di trasporto pubblico ci sono e funzionano bene.
Perché allora negli ultimi anni sono scoppiate rivolte?Le periferie delle grandi città svedesi sono state costruite nell’ambito del progetto Million Programme (un milione di nuove case per i lavoratori) voluto negli anni Sessanta e Settanta dal governo socialdemocratico di allora. Queste grosse unità abitative di cemento armato che ricordano un po’ quelle della ex DDR (Germania dell’est) nei primi anni hanno accolto lavoratori svedesi e finlandesi. Persino qualche ministro e capo di governo aveva la sua residenza in questi quartieri. Negli anni Ottanta e Novanta c’è stato un cambiamento della composizione sociale con l’arrivo di turchi, libanesi, iraniani, latino americani e somali necessari a sostenere il regime di produzione fordista dell’apparato industriale (fabbriche chimiche, metallurgiche, automobilistiche, elettroniche).
Oggi Stoccolma continua a crescere ma questi quartieri, dove l’80% della popolazione è immigrata di prima o seconda generazione, andrebbero restaurati.
Emblematico è il processo di “gentrification-deportation” dell’area di Kista adiacente al quartiere di Husby epicentro di una rivolta che ha coinvolto anche le altre periferie.
Kista nasce nel 2008 per diventare la Sylicon Valley di Stoccolma (Kista Science Park). Vengono costruite sia unità abitative ultra moderne che insediamenti finanziari ed industriali di multinazionali. L’allargamento di Kista porta alla sua fusione con Husby dove il comune vende alle multinazionali che radono al suolo o restaurano vecchi blocchi per poi metterli o rimetterli sul mercato a prezzi non compatibili con il reddito dei residenti storici del quartiere, cui nessuno chiede un parere.
In questi giorni ad Alby gli abitanti del quartiere hanno organizzato un referendum contro la vendita da parte del comune di 1300 appartamenti: non vogliono più accettare decisioni prese da altri sulla loro pelle.
Nel quartiere di Hammarkullen il comune ha deciso di vendere la biblioteca, la piscina e il centro ricreativo. Anche qui è partita una dura lotta degli abitanti. Per i più giovani la lotta è contro l’esclusione dalle decisioni che li riguardano. Il confronto con la società e diventato più duro: i figli degli immigrati sono additati come responsabili della marginalità in cui vivono. Per molti è tuttavia ben chiaro che la loro condizione dipende dal modello economico e di società non certo dalla loro volontà.
I figli degli immigrati nati e cresciuti qui sono svedesi culturalmente legalmente ed intellettualmente hanno gli strumenti per decodificare quello che succede intorno a loro.
Contrariamente agli altri paesi nordici (Danimarca, Norvegia, Finlandia, Islanda) la Svezia ha un numero molto alto di svedesi figli di immigrati che hanno studiato all’Università ed ora lavorano come giornalisti, scrittori, musicisti e ricoprono cariche pubbliche importanti. Le periferie hanno i loro intellettuali. Sono attraversati dalla cultura della periferia, hanno esperienza del razzismo strutturale, della discriminazione. Sanno bene cosa significhi crescere in uno dei quartieri per immigrati.
Dopo l’ ingresso in parlamento del partito Sverige Demokraterna (Democratici svedesi), che ha messo ai primi posti nell’ agenda politica la questione dell’esclusione sociale dei figli degli immigrati, sono aumentati i dibattiti pubblici su razza, colori, culture, dove non sempre il punto di vista razzista ha avuto la meglio. Spesso le tesi anti razziste, di critica post coloniale si sono imposte grazie alla generazione di opinion makers che proviene dai sobborghi. Uno come Jonas Hassan Kehimeri è riuscito a far conosce la propria critica della società svedese dalle colonne del NY Times.

La rivolta delle periferie non è un fenomeno sociale nuovo in Svezia, nel 2008 si sono verificati a Malmo e Gottenburg episodi analoghi a quelli che hanno scosso Stoccolma, ma mai la capitale era stata coinvolta prima. Queste rivolte hanno innescato la nascita di collettivi politici di cittadini che vivono nei sobborghi delle principali città svedesi: le Panterna (le Pantere) a Gottenburg e Malmo e Megafonen (Il Megafono) a Stoccolma ed Orebro.
I primi segnali della rivolta a Stoccolma di quest’ anno si sono verificati in aprile nel quartiere di Tensta adiacente a Husby, nella periferia nord ovest. A Tensta vennero bruciate le auto e l’ufficio dell’agenzia immobiliare che aveva deciso un aumento dell’affitto di alcuni blocchi abitativi che aveva in gestione per conto dei proprietari. Dopo il rogo l’ agenzia ha rivisto la sua decisione e ha deciso di non aumentare gli affitti.
L’innesco della rivolta del 20 maggio invece viene attribuita all’uccisione da parte della polizia di un uomo di 69 anni nel quartiere di Husby avvenuta il 13 maggio. L’uomo era di origini portoghesi, la polizia lo uccide nella sua abitazione dove aveva fatto irruzione in seguito ad una lite tra la vittima ed alcuni passanti verificatasi in strada.
Al di là di quest’episodio il conflitto sociale deflagra dopo l’entrata in vigore del progetto “REVA” per il controllo della frontiera interna. La polizia e l’ ufficio centrale di stato per l’immigrazione hanno avviato un controllo capillare nelle metropolitane e sui servizi di trasporto pubblico per l’identificazione e cattura degli immigrati senza documenti. Il metodo usato è semplice e brutale: si basa su un profilo razziale dove vengono fermate tutte quelle persone che non hanno sembianze scandinave (biondi, occhi chiari etc). Durante il mese di marzo c’è stato un numero consistente di azioni dirette e manifestazioni contro questo progetto. Anche in questo caso il mondo della cultura si è schierato su posizioni anti governative rafforzando nella società i valori anti razzisti. Questa nuova sensibilità ha portato al consolidamento dell’organizzazione politica nelle periferie. Le Pantere di Gotenburg e Malmo hanno adottato aggiornandolo il programma delle Pantere Nere e bianche americane ed hanno sviluppato rapporti collaborativi con le stesse, la visita di Emory Douglas (Black Panther, US) nei giorni scorsi a Stoccolma ed il suo comizio a Husby va in questa direzione.
Nel quartiere di Husby dove è iniziata la rivolta l’’associazione Megafonen da anni ha costruito un intervento contro la gentrificazione riuscendo ad impedire la vendita del centro si assistenza sanitaria del quartiere e della piscina ed occupando il centro sociale del comune (TRAFFA) anch’esso posto in vendita. Un altro elemento importante nello scatenare la rivolta è stata la brutalità della polizia verso la generazione di svedesi figli di immigrati. L’atteggiamento provocatorio, razzista, e discriminatorio della polizia svedese è una costante nei quartieri periferici. La lotta contro i soprusi della polizia è l’altro elemento importante all’origine degli scontri.
Dopo l’omicidio del portoghese e il tentativo da parte della polizia di nascondere l’accaduto (l uomo viene lasciato una giornata morto nel suo appartamento) ed i goffi tentativi da parte del primo ministro di giustificare l’accaduto, Megafonen aveva indetto una manifestazione chiedendo chiarezza senza sortire effetti né istituzionali né nei mass media.
La notte del 20 maggio vengono bruciate le prime auto a Husby, si aspetta l’arrivo dei pompieri che vengono bloccati per impedirgli di spegnere gli incendi, in modo da far arrivare la polizia che viene accolta con lanci di pietre e cominciano gli scontri. La tattica si ripete, diffondendosi a macchia d’olio nelle altre zone periferiche. Il copione è sempre lo stesso: auto che bruciano arrivo della polizia accolto con lancio di pietre da parte dei ragazzi del quartiere. La polizia risponde chiamando rinforzi e caricando tutti gli abitanti dei quartieri periferici.
Data l’epidemia di incendi a Stoccolma la polizia chiede rinforzi che convergono sulla capitale da Malmo, Gotenburg, Norkopping, Vesteros, Uppsala. Nel secondo e terzo giorno in 14 quartieri di Stoccolma ci sono auto in fiamme, il 4 giorno la rivolta si estende ad altre città della Svezia. La polizia accerchia ed assedia Husby e la dichiara zona di conflitto. Nel frattempo squadre del partito di estrema destra vengono formate per sorvegliare i quartieri e a volte sono loro a bruciare le auto per poi dare la colpa agli abitanti del posto cercando di dare agli eventi una connotazione di scontro razziale. La polizia ha incolpato Magafonen di essere l’organizzazione politica alla base della rivolta, ma Megafonen ha risposto che il suo unico ruolo è stato quello di documentare la violenza della polizia e di impedire che compiesse ulteriori violenze contro la popolazione. Inoltre in questi giorni sta coordinando un fondo di solidarietà per pagare le i danni ricevuti dai cittadini del quartiere per il rogo delle auto, mentre il comune di Stoccolma sta esigendo il pagamento delle contravvenzioni per non aver rimosso le carcasse delle auto. Nonostante che la stampa internazionale interpreti quello che è accaduto come “fallimento del multiculturalismo in Svezia”, oggi, dopo la fine della fiammata, si può dire che non è andata cosi male: gli eventi hanno dimostrato il fallimento della politica liberista degli ultimi governi, una vasta maggioranza della popolazione svedese (70% secondo una recente analisi sociologica) identifica nella disoccupazione, razzismo strutturale, inadeguata scolarizzazione le cause del malessere sociale.
(liberamente tratto da un articolo di Molly Macguire uscito giovedì sul settimanale Umanità Nova)

Posted in immigrazione, Inform/Azioni, internazionale, repressione/solidarietà.

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