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Turchia. Nascono le assemblee popolari

Clashes at protests in IstanbulDue settimane fa, dopo il violento sgombero di Gezi Park e Piazza Taksim ad Istanbul, i media italiani hanno calato il sipario sulla situazione in Turchia.
Il movimento di lotta ha saputo rinnovarsi ed estendersi, senza perdere la sua forza e mantenendo una forte partecipazione popolare.
Dopo giorni di autogestione, di solidarietà, di resistenza e condivisione nelle strade di Istanbul e di molte altre città della Turchia, lo sgombero della “Comune di Gezi Park” da parte della polizia non ha certo fermato le proteste.
Il fatto più interessante è stata la nascita di assemblee aperte in molte città turche. In questo momento ci sono circa 82 assemblee attive in 11 città. Il loro numero è in crescita e costituiscono un importante strumento di autorganizzazione e di autogestione del movimento. Un movimento che ha imparato ad incontrarsi e conoscersi nelle lunghe giornate di resistenza e autogoverno della piazza tra Gezi, Taksim e tanti altri luoghi in Turchia.
In queste settimane il governo ha provato a stroncare il movimento. Oltre alla brutale repressione di piazza e alla sistematica disinformazione dei media ufficiali c’è stata una crescita un aumento degli attacchi fascisti delle squadracce del premier Erdoğan contro le assemblee ed una vera e propria caccia alle streghe che ha portato nelle principali città all’arresto di decine di militanti rivoluzionari.
In queste due settimane, in forme diverse, la rivolta è andata avanti.

Anarres ne ha parlato con Dario, un compagno che è stato diverse volte in Turchia e conosce bene il paese.
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Assemblee, proteste simboliche – uomini in piedi -, cortei duramente repressi, scontri notturni nella capitale Ankara. Martedì 25 giugno migliaia di persone sono tornate in piazza ad Istanbul contro la scarcerazione del poliziotto che ad Ankara aveva ucciso, sparandogli, il lavoratore Ethem Sarısülük. Ma non solo.
Con lo slogan “Sono Ethem Sarısülük, non avevo armi né bombe lacrimogene, la polizia mi ha ucciso sparandomi alla testa, oggi la polizia ha rilasciato il mio assassino” si sono tenute, nonostante la repressione della polizia, 15 manifestazioni in 10 città. Manifestazioni simili, contro gli arresti e contro la violenza della polizia si sono tenute anche sabato 29 giugno ad Istanbul ed in altre città. Una folla di migliaia di persone è tornata a riempire Piazza Taksim, oltre 10 persone sono state arrestate da agenti in borghese al termine della protesta. Ad Ankara invece nella stessa giornata un primo assembramento di qualche centinaio di persone nella zona universitaria è stato subito attaccato dalla polizia con lacrimogeni ed idranti con acqua urticante, nel tentativo di impedire una manifestazione per Ethem Sarısülük.

Nel movimento di lotta in Turchia gli anarchici sono impegnati sin dai primi giorni. Nonostante in Turchia si sia sviluppato solo negli ultimi decenni un movimento anarchico, la presenza dei compagni è radicata ad Istanbul, Ankara ed Izmir, come in altre città minori. Oltre ad aver partecipato alla resistenza nelle strade e ad aver difeso i manifestanti negli scontri, gli anarchici prendono parte attivamente al movimento assembleare portando avanti pratiche libertarie ed autogestionarie, cercando di allargare la base del movimento a tutti gli oppressi e gli sfruttati.

La situazione in Turchia è in continua evoluzione. Oltre alla repressione del governo, alla forza del movimento, alla strumentalizzazione dei partiti di opposizione, ed al ruolo storicamente ingombrante dell’esercito che ancora non è sceso in campo, c’è uno scenario internazionale ancora più complesso. La Turchia è attraversata da una rivolta contro un governo che mira a riportare il paese ai fasti dell’impero ottomano attraverso una politica estera aggressiva sull’area mediterranea e medio orientale. La Turchia deve barcamenarsi tra la guerra in Siria, le pressioni degli Stati Uniti e le crescenti tensioni nella regione.
In queste settimane molti si erano interrogati sull’assenza dei curdi e dei loro movimenti dalle proteste. Sebbene il BDP (partito curdo presente in parlamento) sia stato presente in piazza sin dai primi giorni, nonostante il leader del PKK Abdullah Öcalan abbia dichiarato il sostegno dei curdi alla lotta di Gezi Park, i movimenti curdi hanno mantenuto un profilo bassa. Probabilmente i negoziati in corso, la speranza che Erdogan mantenesse le promesse di autonomia della regione, dopo la rinuncia ai progetti di indipendenza hanno avuto il loro peso. Negli ultimi giorni però proprio dal Kurdistan è partita un’altra scintilla di rivolta.
Il 28 giugno la gendarmeria turca ha aperto il fuoco su manifestanti curdi che protestavano contro la costruzione dell’ennesima caserma a Lice uccidendo il diciottenne Medeni Yıldırım e provocando numerosi feriti di cui alcuni molto gravi. Questa ferocia ha generato una nuova ondata di proteste in Kurdistan come ad Istanbul, che si è affiancata alle proteste che continuano contro le brutalità della polizia nella repressione della rivolta di Gezi Park. Per i curdi si tratta di una provocazione da parte del governo per bloccare i negoziati in corso tra il PKK e lo stato turco. Certo è che una nuova ondata di proteste in Kurdistan aumenterà le difficoltà del governo turco e potrebbe giocare un ruolo importante anche sullo sviluppo del movimento di lotta nato a Gezi Park.
(liberamente tratto da una corrispondenza con Dario)

Posted in Inform/Azioni, internazionale, repressione/solidarietà.

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